Di questo sogno, ci sono molti altri dettagli relativamente a ciò che accade prima della corsa a perdifiato, ma non ci mi sono soffermato, perché - per me - era quello che racconto di seguito il momento cruciale e culminante della narrazione onirica.
Tuttavia, voglio aggiungere - a mo' di preambolo - ciò che avevo scritto la sera prima ancora da sveglio, in quanto sento che questa piccola nota diaristica ne rappresenta un necessario antefatto, anche se il collegamento rimane criptico (ma non per me, almeno del tutto).
Il cielo era incerto stamane
Un po’ di pioggerella,
niente di che
Temperatura sostanzialmente mite
Poi, le nubi si sono diradate
lasciando spazio al sereno
ma con scarsa visibilità nella distanza
Sui monti circostanti
banchi di nubi
si sono attardati
alquanto pigri
Malgrado il rischiararsi del cielo
e la ricomparsa del sereno
la giornata è stata grigia
lasciando uno strascico fastidioso,
come la bava d’una lumaca
sulla pelle
Ho fatto una merenda al volo
divisa con Gabriel
e poi, a sera,
mi sono cucinato
un piatto di pasta vastasa
per risollevare gli umori
Quindi, ora che ho la pancia piena
e riscaldata dal piccante condimento
(ma libagioni solo con kefir d’acqua)
non mi resta che arronchiarmi
E mi sono arronchiato,
aspettando un’alba
dai cieli infuocati,
risonante del ruggito del Leone
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Corro a perdifiato giù
lungo un canalone ghiaioso
che scende dritto come una freccia
da un piccolo paese di montagna
verso valle,
ripidissimo
Corro a perdifiato,
senza paura alcuna
Le gambe girano leggere
Non ho paura di mettere il piede in fallo
di cadere
di ruzzolare
di farmi male
Sono così veloce
che mi sembra di volare
Durante la discesa supero una pecora
che pur avendo quattro gambe a disposizione
é più lenta di me
Provo delle sensazioni inebrianti
perché - lo ripeto -
ho cancellato del tutto
dal mio cuore la paura
E finalmente
in un ultimo rush
il canalone finisce
e con lui la discesa
Sono adesso
In un greto ciottoloso
pianeggiante
dove scorre un fiume ribollente
Al di là della corrente c’è un argine erto
Non ci sono punti di guado sicuro
Bisogna effettuare il passaggio
saltando con perizia
da un masso all’altro
Qui, davanti alla corrente, indugio
Qui, sì, ho paura
Temo di bagnarmi i piedi
oppure di cadere e farmi male
e, poi, oltre la corrente,
c’è solo quell’argine spoglio
Intanto che indugio
guardandomi intorno
alla ricerca di vie alternative
cominciano ad arrivare
in gruppi sempre più numerosi
altri podisti vocianti, fracassoni,
I quali - senza neppure interrompere la corsa -
balzano nel fiume e lo superano
inerpicandosi su per l’argine
Li osservo e penso:
Forse è l’unione
che da loro la forza!
Stranamente (o no?)
ho con me
l’attrezzatura fotografica
e comincio a scattare foto
Così non mi pongo più
il problema dell’attraversamento
Mi guardo attorno
Mi giro e getto uno sguardo lungo
alle mie spalle
e, in alto,
vedo il paese da cui ero partito
Sembra così incredibilmente lontano!
Eppure è tutto nitidissimo,
quasi scolpito nei più minuti dettagli
Vedo persino una bandiera
garrire nel vento
Dio, quanto è lontano!,
mormoro tra me e me
pensando anche alla fatica bestiale
di dover fare di corsa
tutta la strada all’incontrario
e poi inerpicarsi, senza sostare,
sono alla cima della montagna
alle spalle del paesello,
su su sino al cielo
Penso alla strada che ho fatto
Penso da dove vengo
Penso a quanta fatica ci vorrebbe
per ripercorrere a ritroso
tutta la strada percorsa
sino a qui
Che fatica! E perché poi?
Perché tornare indietro?
Perché andare avanti, OLTRE!?
Intanto ci sono dei corridori
che si radunano
e che si scattano reciprocamente delle foto
tutti si sorridono,
ridono nell’obiettivo
appaiono euforici ed esaltati
Ed io scatto foto a loro
che si scattano le foto
Uno dice:
Ma come facciamo
a rendere subito visibili
nei social questi scatti?
Qui non c’è connessione!
Un mio antico paziente,
seduto su d’un grosso masso
sulla riva della corrente impetuosa,
come il vecchio pescatore
della canzone di De André
(con un solco lungo il viso
come una specie di sorriso)
dice allora, un po’ brontolando,
ma parlando con tutti e con nessuno,
E che fretta c’é?
Potrai farlo
quando tornerai a casa,
se ci tornerai!
Non si sa cosa ci sia dietro l’argine
Non c’è nessuna visione dell’aldilà
È tutto grigio ed indistinto,
avvolto nella caligine
Non si sa dove siano finiti
tutti i podisti vocianti e rumorosi
che già hanno guadato
e che senza guardarsi indietro
sì sono inerpicati
su per quell’argine
passando al di là di esso
Forse al di là c’è
la fine del mondo conosciuto
Finisterre!
L’unica certezza è la strada fatta,
ma anche le mie foto sono una certezza,
documenti della memoria,
Immagini della memoria
Ed é così che io indugio
alla fine della mia corsa euforica,
assaporando l’incertezza del passo successivo
e la reminiscenza
senza sapere quando guaderò
come gli altri
Vivo il momento
in un tempo sospeso,
così strano dopo la corsa euforica,
a perdifiato
(dissolvenza)
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