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Quando vedi un emù in cielo (When You See the Emu in the Sky: My Journey of Self-Discovery in the Outback, nella traduzione di Maddalena Togliani), scritto da Elizabeth Fuller e pubblicato in traduzione da Corbaccio, 2001, è un libro molto bello, pieno di spunti di riflessione, ma anche fonte di ispirazione.
Sono davvero contento di aver letto questo libro, anche se a distanza di oltre vent'anni dalla data del suo acquisto. Lo collocai subito tra i libri di viaggio: allora mi parve appropriato perché vi si parlava di un viaggio in Australia e in particolare nell'Outback, cioè una di quelle zone semidesertiche dove continuano a vivere gli aborigeni. E lo misi proprio accanto ai libri di Bruce Chatwin e al suo insuperabile "Le vie dei Canti", la cui lettura tanto mi aveva colpito negli anni Novanta.
Adesso, dopo averlo letto, assaporandolo sino all'ultima pagina, non credo che l'originale collocazione potrebbe essere quella giusta: forse, oggi, opterei per una disposizione che sia vicino ai memoir oppure accanto a testi che parlano di formazione spirituale e di religiosità "selvaggia".
E' il racconto di un viaggio di formazione: una donna (l'autrice) segnata da alcuni lutti, si spinge - assume al figlio Chris - nel cuore dell’Outback australiano, alla ricerca di qualcosa per poi scoprire che deve innanzitutto trovare se stessa. O meglio, a questo viaggio, "viene" spinta da premonizioni e presagi, da segni e manifestazioni oniriche (ed anche da inspiegabili "presenze" e reperti), nella casa in cui si trova temporaneamente ad abitare assieme al figlio, una casa che - come apprenderà - è stata costruita su di un sito che ha delle proprietà sacrali per il gruppo di aborigeni che ha vissuto in quella zona, prima che fosse occupata dai bianchi.
Apprenderà ciò da Max Eulo, un aborigeno che viene a conoscere e che porta proprio in questa casa perché le dia una mano ad interpretare questi "segni" e a capire (secondo il consiglio di Max) se siani legati ad una presenza "buona" oppure no.
E, quindi, incoraggiata dallo stesso Max (e avendo Max come guida) intraprenderà un viaggio nell'Outback. Qui, malgrado le sue remore (dettate dalla razionalità) imparerà a "guardare" e a "guardarsi dentro": compirà questo percorso aiutata dalle meravigliose persone che incontra a Enngonia (nel New South Wales), Max Eulo, i suoi parenti, i suoi amici, le loro storie, le loro visioni, la loro semplicità che è nello stesso tempo profondità di pensiero sul mondo e filosofia di vita.
L’outback australiano, le vie dei canti, il cuore profondo degli aborigeni tutto in questo memoir è mescolato assieme, ben amalgamato senza retorica.
Sono veramente contento di averlo letto, anche perché credo che l'Australia sia uno di quei posti in cui in questa vita non riuscirò mai ad andare.
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(Sinossi) Il dolore per la morte del primo marito e la malattia del suo più caro amico, colpito dall'Aids, buttano l'autrice nella più nera disperazione e la spingono a fuggire in Australia, in compagnia del figlio dodicenne.
L'Australia rappresenta l'avventura ma alcuni eventi, misteriosi e inspiegabili, trasformano il viaggio in qualcosa a cui non era preparata. Diventa un'avventura dell'anima dove i cartelli stradali sono grandi cacatua bianchi, spiriti di sciamani morti appaiono nella notte e un aborigeno di nome Max Eulo diventa un amico e una guida attraverso una cultura vecchia di millenni.
L’autrice. Elizabeth Fuller, saggista, è autrice anche di testi teatrali. Vive attualmente a Weston, nel Connecticut, con il secondo marito e il figlio.
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