(Maurizio Crispi) Certe cose, certi scorci, certi dettagli sono lì proprio per farsi fotografare.
Se hai la macchina in mano, ti viene naturale farlo.
Quasi che quel pezzo di realtà ti obbligasse a riprenderlo.
Perchè ciò accade?
Forse, perchè ha - in sé inscritta - una storia.
Una storia - o molte storie - che esistegià da prima oppure che si attiva nel momento dell'incontro tra quel pezzo di reale e il potenziale fotografo.
Infatti, se per caso non hai la macchina fotografica con te, registri quell'immagine nella tua mente e te la porti a casa.
Poi, sicuramente ne scriverai, raccontandoci su una storia.
Ognuno da quello stesso dettaglio (o anche può trattarsi di una veduta più ampia) può raccontare una diversa storia.
In ciò consiste il dinamismo dell'incontro che genera, variando i termini, racconti diversi e non sovrapponibili. E, ovviamente, le storie che le stesse immagini fotografate da operatori diversi divergono per via delle scelte di taglio scelte, per caso o per necessità, dal singolo fotografo. O per gusto personale.
Ma c'è da dire che il più delle volte il fotografo è condotto quasi da quel dettagli, volente o nolente, a decidere un certo taglio, perchè in quel modo lui (o lei) vede già una storia latente che grida per essere cantata.
L'avere la macchina fotografica in mano conferisce un potere, che è quello di poter generare storie, anche se senza l'uso delle parole, storie contenute in immagini di grande respiro oppure (ancora più intrigante, questo) in singoli dettagli, estrapolati da un contesto.