La mia prima scuola elementare fu la Giuseppe Pitré che frequentai per due anni.
La scuola oggi è ancora immutata e sulla facciata che si affaccia su via Damiani Almeyda, sul maestoso portale d'ingresso principale reca ancora la dicitura in lettere capitali - e non più attuale - di "Scuola comunlae G. Pitré".
Qui frequentai la prima e la seconda classe.
Venni iscritto qui perchè la scuola era a pochi passi dall'Alberigo Gentili dove la mamma insegnava e ciò la facilitava nel lasciarmi e nel prendermi.
Sembrava andare tutto bene, senonché all'inizio del terzo anno venne annunciato che la scula a causa di problemi strutturali avrebbe iniziato i dopi turni. Succedeva così che, a causa di una contrazione degli orari di lezione, io dovessi attendere a lungo che la mamma venisse a prendermi, in compagnia di altri allievi più grandicelli.
E durante l'attesa - secondo quanto mi raccontava la mamma - apprendevo cattive abitudine, giochini non proprio ortodossi e non confacenti con la mia età e soprattutto un linguaggio scurrile.
La mamma - e con lei mio padre - ritennero che questo andazzo non andava bene e che comprometteva il mio sviluppo educativo.
E fu così che, in quattro e quattrotto, provvidero ad iscrivermi al "Gonzaga", prima ancora che fosse finito il primo trimestre di quell'anno scolastico.
E così avviai la mia frequentazione del Gonzaga, con la Maestra Lo Giudice, cui subentrò in Quarta il maestro Vella.
Il mio inserimento all'inizio non fu semplice, dal momento che arrivavo in una classe di nuovi compagni ad anno iniziato.
Ma comunque ce la feci e fu così che cominciò un nuovo periodo, all'insegna dell'ordine, della disciplina e della preghiera obbligatoria nel più puro spirito pedagogico gesuitico, ma anche con lo sport e le ricreazioni all'aria aperta, cosa impensabile nella scuola precedente che era un severo edificio in stile fascista, senza nessuno spazio aperto disponibile.
Di quei due anni trascorsi alla scuola Giuseppe Pitrè, però, non ricordo nulla.
Tuttavia, ogni volta che mi ritrovo a passare per questa strada di Palermo, non posso che pensare - con un vago senso di familiarità - che questo edificio è stato la mia prima scuola: e oscuri ricordi di giochi in cui dalla tromba delle scale osservavo i più grandi lanciare piccoli razzetti esplosivi verso il basso mi si affacciano alla mente come ombre indistinte.
E sento risuonare le risate di mia madre, quando rievocava quanto monello e irriverente fossi diventato in quei tre mesi allo sbando parziale.