Qualche giorno fa, mettendo in ordine alcune cose nella casa di Capo Zafferano, dentro il cassetto di un tavolinetto del soggiorno, ho trovato una ciotola di palastica piena di frammenti di vetro colorati.
E mi sono ricordato, con una certa commozione, ovviamente.
Quando Franci era piccolino e andavamo alla spiaggietta di Capo Zafferano (dal lato di Sant'Elia) tra i sassi e i ciottoli, si trovano in grandi quantità eterogei reperti,alcuni dei quali indubbiamente interessanti. Tra questi, un intero assortimento di pezzetti di vetro - ciò che rimaneva di bottiglie di bibite diverse - che, nel corso del tempo, erano stati levigati e smussati dal mare sino ad assumere essi stessi l'aspetto di piccoli ciottoli, dal verde chiaro, al verde scuro, al marrone, per non parlare di quelli traslucidi e semitrasparenti, tutti con un effetto di "sabbiaturra".
Bagnati erano bellissimi, perchè erano luccicanti.
E, mescolati ai ciottoli bianchi, rotondi o ovali, conferivano loro un tocco di grande bellezza cromatica.
Franci ne era letteralmente affascinato: li ricercava minuziosamente, li raccoglieva e li portava a casa.
Li chiamava i "suoi gioielli".
E, nel corso del tempo, ne aveva raccolto una bella quantità.
Asciutti perdevano una parte del loro fascino perchè la loro brillantezza svaniva e diventavano opachi.
Ma rimaneva egualmente belli e a lui piaceva molto giocarci.
Poi, quando per un po' di tempo di tempo, abbiamo smesso di andare a Capo Zafferano, quel piccolo tesoro è rimasto là, proprio dove lui li riponeva al termine del gioco.
Dimenticato, come reperto di un tempo che fu.
E adesso quel piccolo tesoro è venuto alla luce.
Li ho portati a Palermo, nella loro ciotola, perchè penso di consegnarli a Francesco.
Penso che gli piacerà vedere concretamente un piccolo "pezzo" della sua infanzia che non è andato disperso in periodiche epurazioni della sua stanza per far posto a nuove cose.
E adesso, soprattutto, è abbastanza cresciuto per dare a questa piccola - in sé senza valore - il valore affettivo e di supporto della memoria che merita.
Mi ricorda - d'altra parte - del tempo in cui io, da piccolo, collezionavo i tappi delle bottiglie di birra e di altre bibite gassate, sino a accumularne una piccola fortuna: ne avevo messi assieme oltre mille e li tenevo in un robusto sacco di plastica trasparente.
Ci giocavo spesso. In che modo?
Dopo averli messi tutti sul pavimento, li usavo per comporre dei disegni, oppure li disponevo in interminabili file, oppure li suddividevo per tipi, ma anche guardavo ammirato la loro varietà cromatica e di decorazioni che spesso attorniavo il logo o il nome della bibita.
Un bel giorno mi stancai di questo gioco.
Ma - più o meno in concomitanza - ci fu anche mia madre che mi disse: "Maurizietto, ora sei cresciuto abbastanza. Quanto tempo ancora vuoi giocare con questi tappi?"
Io presi la sua frase come un invito a liberarmi del mio gioco preferito, perchè ormai ero diventato grande. E, detto fatto, presi il sacco con tutti i tappi e lo scaraventai fuori dal balcone che aggettava sul retro della casa (buttare cose le più disparate fuori dalla finestra, usarle come oggetti da lancio era un'altra delle mie attività preferite).
Il grosso sacco finì sul tetto del garage sottostante e, all'impatto, letteralmente esplose con un grandioso effetto "pirotecnico", cospargendolo tutto di tappi colorati che rimasero là ad arrugginirsi.
Ogni volta che mi affacciavo, potevo vedere questo pezzo della mia infanzia che sbiadiva e si andava corrodendo sempre di più.
Sino a quando non cambiammo casa.