Hollywood Detective (titolo originale “Frames”) di Loren D. Estleman è il nuovo volume "extra gialli" che Gargoyle ha proposto nel 2011, nel quadro di un ampliamento editoriale ad altri ambiti della letteratura.
E' un romanzo che inaugura una nuova serie di Estleman che ha come protagonista Valentino, un singolare "detective" hollywoodyano e che si colloca nella ricca produzione del prolifico ed eclettico scrittore di cui, con Gargoyle, si è già avuto modo di apprezzare alcune prove in altri ambiti (Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Holmes e Sherlock Holmes contro Dracula).
Questa, in sintesi, la trama. Valentino, archivista cinematografico dell’Università della California, nonché cacciatore di pellicole introvabili (è in questo senso che, anche nel biglietto da visita si qualifica come "detective"), in occasione di un sopralluogo in una vecchia sala abbandonata degli anni Venti (il fittizio "Oracle") ed intenzionato ad acquistarla per restaurarla e riportarla agli antichi fasti, s’imbatte per caso, all'interno d’uno sgabuzzino la cui unica porta d'accesso era stata murata, in alcune bobine in celluloide che, ad un primo esame da parte dell’esperto (Broadhead) risultano essere le uniche copie integrali sopravvissute dei tagli apportati dalla MGM al leggendario film di Erich von Stroheim , “Rapacità”, del 1924, della durata di oltre 8 ore1.
Il concomitante ritrovamento d’uno scheletro all’interno dello stesso ripostiglio complica ulteriormente il mistero, suggerendo che in passato sia accaduto un fatto di sangue al quale in qualche modo si collega la pellicola ritrovata.
Per questo motivo, dopo un periodo minimo di dilazione, le pellicole (delicatissime e a rischio di deterioramento se non maneggiate con le cautele che solo gli esperti di laboratorio possono mettere in atto con l'ausilio di sofisticate attrezzature) vengono sequestrate dalla polizia come prova di un possibile reato.
Valentino, aiutato e sostenuto dal professor Broadhead (esperto in cinematografia degli anni ruggenti di Hollywood, appasionato cinefilo e docente universitario), dall’anziana e pettegola segretaria di dipartimento e da Fanta, una studentessa appassionata nonché anche seguace di Broadhead, avrà 72 ore, concesse dalla detective del LAPD, incaricata di portare avanti tutte le necessarie indagini. In tutto ciò, Valentino trova il supporto di Harriet, l'affascinante medico legale sopraggiunto sul posto per tutti rilievi scientifici sullo scheletro rinvenuto.
Comincia così una corsa contro il tempo per cercare di salvare le pellicole originali, riproducendole su nuovi supporti là dove sia possibile farlo e per cercare di capire cosa sia veramente accaduto, rispondendo al quesito più che legittimo sul perché le pellicole siano state murate tanti anni prima assieme ad un cadavere. Valentino, supportato dalle competenze di Broadhead, si ritrova così a scavare nella storia dell'Oracle, sui suoi passaggi di proprietà sino ad entrare in contatto con qualcuno che forse potrebbe raccontare come siano andate veramente le cose: soltanto che si tratta di qualcuno che, gravemente menomato, è ricoverato in preda al deterioramento causato dall'Alzheimer in una casa di riposo riservata alla gente del cinema. In tutto questo, Valentino si trova ad essere alle prese - con un marcato sconfinamento nell'onirico - con il fantasma di Eric von Troheim in persona che è crucciato sia per il rischio della fine tragica dell'ultima copia integrale esistente del suo capolavoro, sia per il degrado della sala cinematografica dove quell'unica copia sopravvissuta di Rapacità era potuta rimanere al sicuro per tanti anni.
Inutile dire che, alla fine, il mistero sarà svelato, tutte le tessere andranno al loro posto, sino ad un happy end per tutti i comprimari della vicenda che vedranno anche il compimento delle rispettive storie sentimentali. E, alla fine, anche il fantasma del grande regista avrà pace.
La prosa del romanzo di Estleman è briosa e divertente: i colloqui sono degni della migliore tradizione cinematografica, come anche il montaggio incalzante dei singoli capitoli che tuttavia hanno il pregio di non cedere alla facile suggestione dei copioni cinematografici applicati alla letteratura che prediligono frequenti cambi di scena e di soggetto che viene osservato da un autore che tutto sa: qui il protagonista indiscusso della vicenda è sempre Valentino e il lettore si va spostando di continuo assieme a lui nella successione delle scene, con buona salvaguardia della validità letteraria del plot, intriso con levità di elementi mistery, sapientemente miscelati con una sottile e divertente ironia, tutta giocata sulla forte caratterizzazione dei personaggi.
Il romanzo è, nello stesso tempo, un grosso omaggio alla cinematografia degli anni Venti alla transizione dal muto al sonoro, ma con un'estensione dell'omaggio cinefilo sino agli anni Sessanta, quando le gigantesche, scenografiche e spettacolari sale cinematografiche create per grandi platee andarono in declino.
Il romanzo è costruito, quindi, mostrando un'approfondita conoscenza della storia della cinematografica di quegli anni, delle tecniche che venivano utilizzate allora, ma anche delle moderne tecnologia di salvaguardia, di restauro e di riproduzione delle vecchie pellicole in cellulosa.
Da questo punto di vista, anche in termini di citazioni filmografiche e bibliografiche, il romanzo di Estleman si può considerare un'autentica e preziosa "enciclopedia" del sapere e della storia cinematografica (come è evidente dalla lettura dei "Titoli di Coda".
Indubbiamente da leggere (e con grande divertimento e spasso). Ma, nello stesso tempo, l’autore lasciando intravedere i fasti del grande cinema hollywoodiano e, creando un tramite con questo passato attraverso la pellicola perduta (e fortunosamente ritrovata) e – autentico deus ex machina – il fantasma dello stesso regista, ci dà esattamente la misura di quanto Hollywood sia stata (e rimanga in parte tuttora) una grande “fabbrica dei sogni”.
In questo senso, il romanzo di Estleman, pur nell'ambito di un genere diverso, si allinea con il recente film di Scorsese, Hugo Cabret che è anch'esso un omaggio alla cinematografia degli inizi (Meliés).
Alcuni sintetici giudizi dalla quarta di copertina.
"Estleman: lo Stravinsky del giallo… un misto di spontaneità e genio!" (The Boston Globe).
"Tanto di cappello"! (Sue Grafton).
... "Comprate il pop-corn! Gli amanti del mystery e dei vecchi film saranno entusiasti di 'Hollywood Detective', uno straordinario doppio spettacolo di delitti hollywoodiani vintage e gag contemporanee"! (Deborah Donnelly).
"Hollywood Detective è puro divertimento"! (Lawrence Kasdan).
"Dopo essere apparso in dieci racconti pubblicati nella rivista Ellery Queen’s Mystery Magazine, Valentino debutta alla grande in questo romanzo"! (Publishers Weekly).
Nota bio-bibliografica. Loren D. Estleman ha pubblicato il suo primo romanzo nel lontano 1976 e, senza mai fermarsi, è arrivato ad ora a più di 60 libri e centinaia tra racconti ed articoli.
Negli Stati Uniti è considerato un’autorità in due generi letterari, il western e la detective story. Nel corso della sua carriera ha ottenuto 17 vittorie e decine di candidature nei più importanti premi letterari dedicati ai generi.
È anche un autorevole critico letterario e recensore per il New York Times e il Whashington Post. Laureatosi nel 1974 in Letteratura Inglese e Giornalismo è maggiormente conosciuto per i libri sull’investigatore privato Amos Walker e per una serie di libri sulla storia del crimine di Detroit.
La grande e profonda passione per il cinema e la sua storia ha prodotto la nascita di Valentino e delle storie di cui è protagonista questo archivista detective.
Oltre ai 10 racconti pubblicati nella rivista Ellery Queen’s Mystery Magazine, Valentino ha debuttato nel romanzo “Frames” (2008), di cui “Hollywood Detective” sarà la prima traduzione nella nostra lingua, e l’inedito “Alone”(2009).
[Nota 1] La pellicola è un adattamento del regista Erich von Stroheim e di Joseph Farnham del romanzo McTeague di Frank Norris, mentre la menzione di June Mathis come sceneggiatrice fu una questione meramente contrattuale della Metro-Goldwyn-Mayer, visto che la sceneggiatrice era all'epoca impegnata in altre produzioni.
Greed è un dei "film maledetti" della storia del cinema e la storia delle riprese di questo film fa parte delle leggende di Hollywood.
Sotto l'egida della Goldwyn di Sam Goldwyn, il regista Erich von Stroheim cercò di creare una versione cinematografica del racconto letterario fedele in ogni minimo particolare. Per rispecchiare l'autentico spirito della storia, il regista insisté per effettuare le riprese il più possibile nei luoghi originari: a San Francisco, in Sierra Nevada e persine nel deserto della Valle della Morte, dove le riprese furono estremamente difficili per le condizioni atmosferiche al limite della sopportazione, sia per gli attori che per la troupe. In tutto il film fu girato in nove mesi, con la cifra straordinaria di 470.000 dollari spesi, una somma davvero faraonica per l'epoca.
La versione originale della pellicola aveva una durata titanica di circa sette ore (42 bobine). La Metro-Goldwyn-Mayer di Irving Thalberg, che acquistò la Goldwyn durante la produzione del film, costrinse il regista ad adattare la pellicola a una durata, secondo lei, più accettabili per un largo pubblico, e il regista consegnò allora una versione tagliata con molto sforzo, di circa la metà (24 bobine), per una durata di circa quattro ore. In seguito il film passò nelle mani dell'aiuto regista Rex Ingram, allievo e ammiratore di Stroheim, e del montatore Grant Whytock, che arrivarono a una versione di 18 bobine (3 ore), dove salvava il salvabile.
Il film venne però ancora requisito dalla MGM e tagliato ulteriormente da montatori professionisti, nonostante le vivide proteste del regista, che lo ridussero a sole 10 bobine, per 108 minuti. Si tratta della versione normalmente in circolazione anche oggi, dove sono stati tagliati interi personaggi e episodi a man bassa. Le parti tagliate dalla pellicola vennero in larga parte distrutte, trasformandola in uno dei più celebri film perduti di Hollywood.
Il film fu un vero insuccesso al botteghino e venne aspramente bocciato dalla critica, tuttavia negli ultimi anni esso è stato enormemente rivalutato e giudicato uno dei film chiave della storia del cinema.
Un tributo a Erich von Stroheim