Ancora oggi può capitare di vedere passare per le vie di Palermo una Ape della Piaggio, con il pianale di carico stipato all'inverosimile di cartoni degli imballi ripiegati alla meno peggio, che addirittura formano una montagna instabile. Prima, negli anni passati, prima della modernizzazione dei trasporti su ruota, avreste visto un carretto a traino animale, magari, ma stipato nello stesso identico modo.
Si tratta di "U cartunaru", ovvero de "Il cartolaio"...
Chi é esattamente il "cartolaio"?
E' colui che, il più delle volte con l'ausilio di una "lapa", ovvero l'Ape della Piaggio (e prima era il semplice carretto trainato da cavallo o da asino), va in giro per le strade a raccogliere i cartoni degli imballi (non disdegnando nemmeno la carta, ma quella da imballo, mentre quella in forma di riviste e giornali era tradizionalmente più appannaggio del "robivecchi").
Il cartolaio esiste da sempre (e lo si ritrova dappertutto), prima ancora che si parlasse di "raccolta differenziata".
A Palermo, i raccoglitori di cartone li chiamano così: "Cartunari" (e ovviamente, l'accezione di "cartolaio" rientra nell'uso popolare del linguaggio).
Come ho imparato questa parola? Tanti anni fa mi chiamarono a fare una perizia psichiatrica su di un soggetto (per motivi che non sto a dire) di bassa cultura che, aiutato da buona parte dei suoi figli maschi, faceva appunto, secondo la definizione che lui stesso ebbe a darmi, il lavoro del "cartolaio".
Io gli dissi: "Cosa? Si spieghi meglio...". E lui mi spiegò.
Ero sempre crusioso di conoscere nel dettaglio le più strane attività lavorative e, nel corso delle anamnesi psichiatriche, mi dilungavo molto su questi aspetti (ma era anche un modo per conoscere le persone sotto il profilo specifico e per farsi idea dei modi del loro funzionamento psichici).
In realtà, avrebbe dovuto dire che faceva "u cartunaru", ma il tipo di cui racconto, trovandosi in una situazione che lo intimoriva in qualche modo e italianizzando alla meno peggio, disse per definire il suo lavoro questa parola: "cartolaio"... Insomma, gli parve male definire il suo lavoro con la parola dialettale.
Qualcuno obietterebbe: "Ma il cartolaio non è colui che lavora in una cartoleria". Non saprei proprio, anche perchè - a ben guardare - non credo che la lingua italiana possegga una parola specifica per definire questa categoria di lavoratori.
Il tizio mi diede tutte le spiegazioni del caso e, dalle sue parole, ebbi a desumere che no, non lavorava esattamente in una cartoleria...
La raccolta differenziata è il prodotto della civiltà post-moderna che è fatta di sprechi e di oggetti superflui: prima non se ne parlava, eppure si faceva lo stesso, dispiegando una grande inventiva a volte.
Prima, tutti gli scarti erano di valore, in quanto potevano essere riciclati per fare qualcosa d'altro. Nulla doveva essere buttato, tutto poteva essere riutilizzato, tutto prima o poi poteva servire.
Per esempio, sapete che al tempo delle foto in BN, esistevano i "raccoglitori dei fanghi" che si formavano al fondo dei bagni di sviluppo delle pellicole e delle stampe in BN: questi fanghi erano ricchi in sali d'argento e con un semplice procedimento catalitico da essi veniva recuperato l'argento che poteva essere poi rivenduto.Questi riciclatori ogni giorno a fine attività facevano il giro di tutti i fotografi della propria zona e raccoglievano gli scarti liquidi delle loro lavorazioni (che così non venivano buttati negli scarichi): e facevano questo senza che ci fosse nessuna norma che stesse a dire come si doveva operare.
Le norme e le regole, fatte con buone intenzioni, ci hanno fatto perdere qualcosa indubbiamente: qualcosa che a che fare con la buona volontà, con l'inventiva, con la capacità di iniziativa dell'individuo fresca e spontanea, mentre tutto ciò che è normato spesso finisce con il diventare un obbligo che viene sentito come una costrizione fastidiosa.
Foto di Maurizio Crispi: "U cartunaru con la sua lapa" (Palermo, nei pressi di Viale Lazio).