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Ho fatto lunghissimo sogno che pareva non dovesse finire mai
Andavamo a casa del dottor Corrao, il mio psicoanalista di un tempo
Io dovevo fare la mia seduta ma, arrivando, trovavo una situazione totalmente diversa dall’usuale
C’era tanta gente per lo più persone che ritenevo di non conoscere e di non avere mai visto prima
L’atmosfera era festosa
Francesco Corrao si mostrava come un padrone di casa gioviale, un anfitrione quasi, e vedevo che cercava di mettere tutti a suo agio
Vicino a lui c’era una piccola lince, chiaramente addomesticata, che si comportava come un gatto e richiamava molte attenzioni su di sé, da parte del dottor Corrao e anche da tutti gli altri presenti
Avrei voluto sedermi sul lettino, quello che usavo allora, ma non ce n’era traccia
Al suo posto c’era una piccola dormeuse scomponibile in due parti
Io avrei voluto comunque accomodarmi e lui diceva: “Siediti pure!”
Ma c’era seduto qualcun altro sulla dormeuse e, quindi, io titubavo
Francesco Corrao, eludendo la mia perplessità, mi diceva: “Vieni! Andiamo! Dobbiamo sbrigare qualcosa!”
Mi conduceva in un piccolo studiolo dove erano già seduti ad un tavolo tre psicoanalisti anziani, tre donne, e anche lui si accomodava al tavolo.
Io, invece, rimanevo in piedi davanti a loro, come se fossi sotto esame o forse soltanto per deferenza
Il dottor Corrao mi ingiungeva in maniera garbata di raccontare ciò che avevo visto e sentito di una precedente situazione in cui era coinvolta mia cugina Patrizia, nella sua veste di psicoanalista, a cui io avevo partecipato come co-terapeuta ed io cercavo di sviscerarne il ricordo, recuperando quanti più dettagli - sensazioni, intuizioni e associazioni - fosse possibile
C’era, in particolare, una frase che era stata detta in quella seduta che rimandava ad altri significati e che era particolarmente evocativa d'un potenziale problema che sino a quel momento era rimasto occultato
Io cercavo appunto di riferire quel particolare momento di quella seduta, focalizzando le frasi dette sia nel loro contenuto manifesto sia in quello più occulto e tale da dover essere sottoposto ad una ermeneutica, tuttavia mi confondevo, non riuscivo ad essere chiaro nella mia esposizione
Quello che era chiaro nella mia mente, nel momento in cui cercavo di tradurlo in parole pronunciate ad alta voce, si faceva confuso ed evanescente
Loro tuttavia mi ascoltavano con grande attenzione (e dunque anche con molto apparente interesse) e prendevano appunti, benché io avessi l’impressione che stavo blaterando di cose senza senso
Pareva che stessi liberando della verità nascoste e loro porgevano alle mie farneticazioni un orecchio attento
Ero lusingato di questo, ma - al tempo stesso - anche preoccupato: oscillavo nel pensare che fossimo così riuniti per una seduta di supervisione ad un caso oppure perché essi, psicoanalisti esperti ed anziani, stessero conducendo delle indagini su una situazione di potenziale malpractice
La mia argomentazione - quella che invano cercavo di sviluppare in maniera chiara - era abbastanza fondata sull’intuizione che, nel corso di quella seduta a cui mi riferivo, la paziente avesse portato l’attenzione - con il suo materiale onirico - ad una situazione in cui in una relazione a due si introduceva o occultamente un terzo personaggio, con un coinvolgimento scabroso
Sia come sia, ad un certo punto, il consesso di psicoanalisti anziani mi congedava e io ritornavo alla grande sala di ricevimento di cui non potevo fare a meno di apprezzare gli arredi, le suppellettili e i quadri (ed era sempre onnipresente la lince-gatto, con i suoi voluttuosi stiramenti e le sue fusa) e, a ruota, tornava anche il dottor Corrao
Ancora una volta venivo invitato ad accomodarmi sulla "dormusa", ma - stavolta - c’erano già sedute altre persone con cui cominciavo a conversare come se fossero conoscenze di vecchia data
Parlavamo e celiavamo
Anche Corrao, di ritorno, si univa a questi scherzi e lazzi
Cominciavamo a fare un gioco su chi é chi
Per esempio, Francesco Corrao, indicando un gruppetto di tre, diceva agli astanti, “Vediamo chi è capace di riconoscere tra questi tre chi è mio figlio”
Io lo sapevo ma tacevo, perché non volevo rovinare il gioco agli altri
Quindi, lasciavo che il dottor Corrao parlasse e - come si fa in questi giochi sociali - seminasse degli indizi utili all’identificazione
Raccontava anche delle cose che riguardavano il suo rapporto con il Centro di Salute Mentale (CSM) e con il fatto che periodicamente operatori del CSM telefonavano per ottenere una certificazione e che non c’era mai alcun problema, perché lì riconoscevano immediatamente la sua voce
Poi, il Corrao proponeva un altro gioco nello stesso filone e diceva indicandomi “Vediamo chi è il dottore Corrao di noi due”
Io pensavo che non ci fosse alcuna possibilità di sbagliare
Eppure stavo al gioco e cercavo di imitare Francesco Corrao, parlando e dicendo delle frasi e cercando di modulare la mia voce come quella sua
E qui il sogno finiva
È stato un sogno strano e meraviglioso che mi ha lasciato sensazioni speciali
Mi sentivo in pace, anche se c’era l’imbarazzo incombente di dovermi sottoporre (o meglio di dover partecipare) ad una seduta psicoanalitica alla presenza di tante persone diverse molte delle quali non conoscevo e di cui ignoravo l’identità (Erano colleghi? Erano studenti? Erano apprendisti?).
Sentivo che la mia identità sarebbe stata come violata, se altri avessero ascoltato; e cosa avrei detto, sapendo che tutti avrebbero ascoltato le mie confessioni, le mie confidenze, i miei turbamenti?
Malgrado ciò ero anche tranquillo e godevo la situazione, momento per momento
Sapevo che se avessi dovuto affrontare una seduta di psicoanalisi lo avrei fatto comunque, magari chiudendo gli occhi, astraendomi, oppure entrando in una dimensione onirica per annullare l’effetto intrusivo di tanti spettatori
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