/image%2F1498857%2F20240210%2Fob_f817ad_john-travolta.jpg)
Dico brevemente la mia sull’edizione 2024 del Festival di Sanremo che non guardo più da quando avevo, forse, 15 anni.
Allora smisi , una volta esauritisi gli entusiasmi adolescenziali e passai ad altro; dopodiché non mi sono più messo davanti alla televisione nel ricorrere di questo appuntamento mediatico, osannato da molti, forse dai più, a giudicare dagli indici di ascolto.
Purtroppo, pur non mettendomi davanti al televisione, qualcosa mi arriva egualmente quando ascolto i notiziari (anche questi da me fruiti cum grano salis, perché non apprezzo il modo di diffondere le notizie da parte dei giornalisti istituzionali) e, ovviamente, sono infastidito dallo spazio che viene dato a notizie concernenti Sanremo, di per sé insulse e di scarso rilievo.
Oggi, per esempio, si parla dovunque ad libitum della danza di John Travolta davanti al teatro di Sanremo e della comparsata di Giovanni Allevi, con il suo rimando forte alle modalità della TV del Dolore.
Quella che segue è la mia sintetica riflessione al riguardo:
A Sanremo si vede in pieno tutta la gamma dello società dello spettacolo: dall’attore di lungo corso che, per soldi, si ridicolizza alla spettacolarizzazione del dolore e della sofferenza
Sanremo è lo specchio scintillante (e, in taluni casi, deformante) della nostra società (una società che, culturalmente, è in decrescita profonda ed inarrestabile e credo che nemmeno l’arrivo d’un nuovo Messia sarebbe in grado di arrestare tale tendenza)
Gesti, scelte vestimentali, acconciature eccentriche sono fasulli e fanno parte di un grande gioco che non ha alcun senso…
Date loro ciò che si aspettano e fateli stare tranquilli e soddisfatti!
Il poeta latino Giovenale, come tutti dovrebbero ricordare, in una delle sue satire scrisse:
«[...] [populus] duas tantum res anxius optat
panem et circenses»
«[...] [il popolo] due sole cose ansiosamente desidera:
pane e giochi circensi»
(Giovenale, Satira X)
Per quanto concerne la musica va fatto un altro discorso, ovviamente.
In teoria, il Festival di Sanremo mantiene la sua funzione di indicatore dello stato dell’arte della musica leggera italiana (in aderenza allo sua vocazione iniziale), ma questa atmosfera da baraccone in cui tutti si prestano a fare le loro comparsate o impersonare dei clown più o meno tragici (e senza alcuna capacità di autoironia) - ovviamente a condizione di essere adeguatamente ricompensati con cachet generosi a titolo di "rimborso spese" - danneggia la possibilità data agli spettatori di fruire della musica in sé.
Ma d'altronde sono molti quelli che prediligono il baraccone, il circo, la rumorosità dello spettacolo piuttosto che le sue armonie.
Personalmente, preferivo la ritualizzazione (e, per alcuni versi, la sacralizzazione) della performance musicale e canora ai tempi di Mike Buongiorno o anche del primo Baudo.
Ora come ora l’aspetto musicale è profondamente contaminato e guastato dagli effetti lunghi del fantagioco (si vedano gli effetti del FantaSanremo che negli ultimi anni post-Covid ha avuto un inatteso sviluppo).
Sì, è anche vero, come dicono molti che Sanremo dà lavoro a centinaia di persone (tecnici, musicisti, scenografi e tanti lavoratori di differenti qualifiche professionali), ma è anche vero che considerando i compensi ultragenerosi erogati a pochi (conduttori, personalità di spicco invitate, etc) che vi è un grande sperpero di denari che potrebbero essere utilizzati diversamente.
Questo è quello che richiede la "società dello spettacolo" e la filosofia dello show-must-go-on.
Chi non vuole o dissente, semplicemente non guardi, pur mantenendo il diritto di dire la sua.
scrivi un commento …