Questo scrissi il 6 novembre 2009 come nota su Facebook. Poi trascurai di lanciare il raccontino su uno dei miei due blog di quel periodo e nemmeno su quello attuale.
Lo rilancio adesso: in un fondo è una storiella carina.
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La fortuna è cieca, si dice, o anche viene detto che sia una "dea bendata".
Dunque, ecco un piccolo raccontino paradigmatico di questo assunto, a proposito di una cosuccia che mi è capitata di recente.
Ieri mattina scendendo le scale di casa mia, cosa vedo su di un gradino? Una banconota da venti euro, più volte ripiegata, assieme ad un foglietto bianco che, ad occhio e croce, sembrava uno scontrino fiscale!
Con concitazione, mi sono piegato a raccogliere il prezioso reperto, non senza provare quel lieve senso di colpa quando capitano queste inaspettate fortune.
Con disinvoltura, ho ficcato la banconota nella tasca dei pantaloni e ho proseguito per la mia strada.
Dopo un po' di tempo (ma nel corso della stessa giornata), frugando nella tasca, mi sono ricordato del ritrovamento e ho estratto la banconota e il pezzettino di carta bianca per esaminare meglio il tutto.
Lì per lì ho pensato che soldi e bigliettino fossero caduti a qualche fornitore che veniva per un consegna a domicilio.
Poi, guardando meglio, mi sono accorto di avere davanti agli occhi uno scontrino fiscale rilasciato da una bottega di ceramica, proprio la stessa dove il giorno prima io avevo fatto degli acquisti.
Che coincidenza!, ho pensato.
Esaminando lo scontrino nel dettaglio, vi scopro che l'importo è esattamente di trenta euro che era la somma che in quella circostanza avevo pagato, dando una banconota da cinquanta e prendendo il resto di venti.
Ergo, tirando le conclusioni, si trattava della mia stessa banconota che io nella fretta avevo infilato in tasca tutta stropicciata e che, evidentemente doveva esserne sgusciata fuori, mentre salivo le scale di casa.
E' ovvio che io sia rimasto un po' deluso: pensavo di avere ricevuto in dono un piccolo obolo e, invece, non avevo fatto altro che ritrovare ciò che avevo perduto.
La cosa notevole è che io non sapevo di aver perduto quei venti euro.
La cosa ancora più notevole è che dalla sera prima, quando mi era scivolata fuori dalla tasca, al mattino dopo (quindi, dopo un intervallo di poco più di 12 ore), la banconota era rimasta lì, sul gradino delle scale di casa, bella tranquilla, senza che nessuno se ne accorgesse.
Si potrebbe quasi dire che se fosse rimasta lì, acquattata, ad aspettarmi.
In conclusione, anche se il bilancio della vicenda è stato un pari, posso ritenermi assolutamente fortunato.
La sfortuna mi ha levato qualcosa e la fortuna, in modo cieco e casuale, me l'ha restituito.
In ogni caso, il giorno dopo (cioè, oggi) sempre la fortuna mi ha dato un contentino, facendomi trovare una banconota da cinque euro.
Nel raccoglierla, mi sono chiesto se per caso anche questa non fosse mia, dimenticata in qualche tasca degli indumenti che indossavo e casualmente scivolata fuori.
In ogni caso, aggiungo qui, i soldi ritrovati nelle tasche (perché vi sono stati abbandonati da molto tempo) è come se fossero trovati ex-novo.
Un'improvviso ed inaspettato dono.
Ciò che viene trovato
ritrovato) - anche se di infimo valore - è prezioso sempre e vale il detto: "Ogni cacatedda di mosca, fa sostanza..."

Fortuna caeca est è una locuzione latina che si traduce con «La fortuna è cieca».
È una espressione tratta da un passo di Cicerone che, nel Laelius de amicitia (15,54), scrive precisamente: Non enim solum ipsa Fortuna caeca est, sed eos etiam plerumque efficit caecos quos complexa est (Non solo, infatti, la fortuna è cieca essa stessa, ma per lo più rende ciechi anche coloro che abbraccia).
Il motivo è ripreso dalla commedia greca, in particolare dal Pluto di Aristofane, dove a essere cieca e a rendere ciechi è però la ricchezza. Tuttavia, il parallelismo non ne soffre in quanto la dea Fortuna dei Romani ricopre funzioni simili a quelle del dio greco Plutos.
La fortuna è cieca anche per altri autori latini quali Marziale, Ovidio, Plinio il Vecchio, e Seneca. Si dissocia dal ritenere cieca la fortuna Dionisio Catone, secondo cui è l'individuo che deve imparare ad agire con raziocinio e con le dovute cautele, e quindi a essere cieco è più l'uomo che la fortuna.
In epoca moderna, il motivo torna, tra gli altri, in Shakespeare che, nell'Enrico V fa dire a Fluellen: La fortuna è dipinta cieca, con una benda sugli occhi; e in Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro, con l'interessante variante: L'invidia ha gli occhi e la fortuna è cieca.
la Dea Bendata, Si dice che la fortuna sia una dea bendata, che "colpisce" qualsiasi uomo, senza distinzione, capace così talvolta di cambiare il corso delle cose, della vita stessa. Per Dante la fortuna rappresenta l' intelligenza celeste, la provvidenza, che dirige il disegno divinoin maniera incomprensibile alla nostra ragione. Quindi la fortuna non è ne capricciosa, né crudele, ma al di sopra dell'umana comprensione. La nostra possibilità di "intervento" è farsi trovare pronti quando il momento imprevisto arriva, così da cogliere le opportunità che la dea bendata ci offre oppure opporre ogni nostra risorsa agli elementi avversi
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Fortuna (divinità) - Wikipedia
Fortuna è una figura della religione romana, la dea del caso e del destino, festeggiata come Fors Fortuna il 24 giugno dai romani. "...nam si a me regnum Fortuna atque opeseripere quivit, at ...
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L'anno nuovo e le monetine della fortuna
Oggi è il primo dell'anno. Come sempre, passato il furore selvaggio ed insulso di botti e scoppi, subentra uno stato d'animo più tranquillo...
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