Scritto il 30 giugno 2012 e pubblicato sul mio profilo Facebook. Inedito su questo blog. L'ho recuperato attraverso l'algoritmo di Facebook che giornalmente propone dei "ricordi". Questo breve scritto propone ancora una volta una riflessione sulla prossemica e sulla "giusta" distanza nelle interazioni umane.
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Come si può stabilire il limite in cui la relazione tra due persone si tramuta in indifferenza?
Questa è una domanda capitale, perchè proprio su questo terreno si giocano madornali fratture ed incomprensioni, visto che esiste un margine di intolleranza diverso per quanto riguarda la prossimità (e l'intimità) in ciascuno dei partner implicati in una relazione.
Spesso, la soglia di suscettibilità di uno è bassissima, mentre quella dell'altro può essere molto più alta. Naturalmente, sono possibili tutta una serie di gradazioni intermedie che rendono estremamente varie le interazioni e le possibili soluzioni.
Si tratta di qualcosa che ha, in qualche modo, a vedere con la "Prossemica", ovvero la scienza degli "spazi personali" fondata e descritta dall'antropologo inglese Edward T. Hall secondo la quale per ciascun individuo esiste una diversa distanza "minima" per l'interazione con il nostro prossimo. Ad esempio, ci sono alcuni che per parlare ed interagire in generale hanno bisogno di stare a pochi centimetri di distanza dall'altro, mentre ci sono quelli che stabiliscono un confine ideale tra sé e il mondo molto distante dal proprio confine corporeo (e che, di conseguenza, mal tollerano che l'Altro si accosti a pochi centimetri di distanza dal suo volto per parlargli). L'interazione tra due individui siffatti diventa estremamente difficile, perchè - per prova ed errore - come nel caso dei famosi "Ricci [o Porcospini] di Schopenhauer" i due che interagiscono devono trovare la distanza di comunicazione ottimale, né troppo vicino e nemmeno troppo lontano.
I ricci, quando sentono freddo, cercano di avvicinarsi il più possibile l'uno all'altro, si cercano, si stringono, si abbracciano per accumulare calore. All’inizio stanno bene, ma a poco a poco, cominciano ad accorgersi del dolore provocato dagli aculei dell’altro sulla pelle (dolore che prende il sopravvento sul beneficio del calore) e cercano di allontanarsi. Ma appena fanno ciò, sentono di nuovo freddo e allora si riavvicinano, cercando di sopportare il dolore che si infliggono con gli aculei. Ma di nuovo si feriscono e si ristaccano. Poi sentono di nuovo freddo e si riabbracciano: ripetono più volte questi tentativi, sballottati avanti e indietro tra i due mali, finchè ad un certo punto non trovano la distanza ottimale e per non sentire troppo freddo e per non farsi troppo male con i rispettivi aculei.
La distanza ottimale per l'interazione è il frutto di una negoziazione che, per la sua natura, è duttile e sempre mutevole... nel senso che il punto in cui si colloca l'interfaccia varia in continuazione, a seconda degli individui e delle circostanze.Se c'è consapevolezza di ciò, si può andare molto avanti nell'interazione - anche nelle relazioni amorose - perchè di continuo ci si può calibrare nel modo più conveniente; se invece - anche soltanto unilateralmente - manca la consapevolezza della plasticità di questo continuo processo di aggiustamento (ma anche della sua necessità), si possono far strada delle richieste e delle critiche assolute che - per la loro perentorietà - possono rapidamente portare al deterioramento di qualsiasi futura interazione.
Anche perchè, nel momento in cui si fa strada una critica radicale su eventuali presunte mancanze, si corrompe definitivamente la spontaneità nella relazione, perchè tutto ciò che ne consegue diventa il frutto di un calcolo o viene interprato come tale.
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Covid e prossemica - Frammenti e pensieri sparsi
La pandemia sta influenzando profondamente, rimodulandole, le regole prossemiche. La " prossemica ", come molti sapranno,è la scienza (tra psicologia e sociologia, rientrante anzi per l'esattezza ...
http://www.frammentipensierisparsi.net/2020/12/covid-e-prossemica.html
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