Un tempo si costruivano i castelli di sabbia.
Oggi invece, per divertimento, si edificano sulla spiaggia i cazzi di sabbia, in stile scultura titanica.
L'altro giorno, mentre camminavo - subito dopo un nubifragio - sulla spiaggia di Siculiana Marina, ho notato due figure umane (ad un primo sguardo, presumibilmente uomini o ragazzi: da lontano non si capiva granché bene) che si affaccendavano a spostare sul bagnasciuga grandi masse di sabbia.
Lì per lì, pensai che si trattasse di un adulto e di un bambino che, assieme, giocavano a costruire un bel castello di sabbia: un'immagine per me familiare, visto che tante volte mi sono ritrovato a giocare con mio figlio (per mio figlio) a costruire imponenti castelli, mura, torri, fortificazioni, contrafforti: lui il più delle volte, ad un certo punto si distreva e mi lasciava fare, mentre io andavo avanti come una ruspa umana (perchè il bello era riuscire a costruire dei castelli di sabbia che suscitassero meraviglia per loro dimensdioni o articolazioni).
La foga del loro lavoro era la stessa, identico l'entusiasmo: lo riconoscevo perchè sentivo che era stato il mio.
Li ho osservati per qualche attimo, meravigliato della solerzia e della tenacia della loro fatica.
Una donna era distesa sulla sabbia a prendere il sole, poco distante.
Occupava una stuoia, ma due altre stuoie (con relative masserizie abbandonate in disordine qua e là (ciabatte, vesti ed effetti personali) erano ben distese accanto a lei, da un lato e dall'altro, entrambe vuote.
I suoi due maschietti erano intenti a costruire davanti a lei questo edificio di sabbia, intensamente presi dal loro sforzo ludico.
La donna, ogni tanto si sollevava dalla posizione supina e, puntellandosi con i gomiti, se ne stava ad osservare il forsennato lavoro dei due...
Ho proseguito nella mia passeggiata, facendomi il quadretto di una famigliola, in cui papà e figliolo adolescente (forse un po' cresciuto) giocavano a costruire un castello di sabbia, mentre la loro donna, mamma e moglie assieme, li osservava compiaciuta.
Al ritorno dalla mia camminata dopo un bel po' di tempo, i tre erano andati via.
La piaggia siera parzialmente svuotata (se così si può dire, perchè era già semi-vuota prima).
Sulla riva, proprio dove arrivavano le ultime propaggini di spuma della risacca e là dove avevo visto i due affaticarsi con la foga di ruspe umane, c'era un enorme rilievo di sabbia compatta, un gigantesco reperto ancora non intaccato dalla risacca e rimasto come un monumeto.
Mi sono avvicinato per guardare meglio, pensando che fosse il castello costruito dai due.
E, invece, avvicinandomi, ho visto meglio: si trattava piuttosto di una grande "scultura" raffigurante un pene gigante, contornato alla base da due palloni giganteschi, degni d'un elefante.
Detto in altri termini: trattavasi d'un cazzo di sabbia con relative palle, ma giacente orizzontalmente sulla sabbia e puntato come una freccia imperiosa verso il mare aperto.
il reperto ha cambiato la prospettiva secondo cui guardare la scenetta di prima, fornendo una nuova possibile ermeneutica: forse i due (a questo punto, senza ombra di dubbio, entrambi adulti) stavano facendo un gioco di esibizione sessuale nei confronti della donna, al centro delle loro attenzioni, con un omaggio alla sua femminilità (contesa o forse, visti i tempi in cui viviamo, condivisa): un gioco con la sabbia che, in un'ardita ipotesi, lascia pensare che amassero giocare in tre.
Oppure, considerando che gli anonimi "artisti" hanno lasciato la loro opera sulla spiaggia, si potrebbe intendere ciò che hanno fatto come semplice esibizione fallica, in stile goliardico e fescenninico, simile a quelle rappresentazioni apotropaiche che, scritte disegnate o dipinte, riempiono i muri e le superfici disegnabili delle nostre città.
E, dunque, l'opera fallica potrebbe intendersi in un certo modo come un "graffito di sabbia".
Nelle foto (di Maurizio Crispi): gigantesca scultura di sabbia sulla spiaggia di Castellana Sicula