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21 aprile 2013 7 21 /04 /aprile /2013 10:43

L'androide Philip K. Dick: una storia che entra perfettamente nel paradossale universo dickiano(Maurizio Crispi) La strana storia dell'androide Philip K. Dick, scritto da David F. Duffy (uno psicologo con delle competenze informatiche) ed edito in Italia da Fanucci Editore (2012), non è un romanzo, per quanto così possa sembrare.
E' invece una storia vera, realmente accaduta.
Ma che si possa pensare che è un romanzo, deriva dal fatto che la vicenda si pone a pieno titolo dentro l'universo paradossale (e un po' delirante) di Philip K. Dick. E quelli che conoscono il labirinto delle sue opere possono capire perché.

Attorno al 2003, David Hanson (per la parte dell'hardware della faccia e della mimica facciale), Art Graesser (che dirigeva un Laboratorio di ricerca informatica) e Peter Olney (informatico), - e molti altri ancora - misero assieme le proprie competenze per dare vita ad un androide intelligente capace di interagire con un interlocutore, rispondere a tono alle domande (rivolgendosi al suo interlocutore, grazie ad un programma di riconoscimento vocale) e capace di "sembrare" a tutti gli effetti un essere umano senziente e pensante.
Per dare risonanza al loro esperimento, che poi avrebbero presentato a delleimportanti convention internazionali che vedono riunirsi ogni anno esperti di informatica (software e hardware) e dei modi di applicazione di questa scienza allo sviluppo della Robotica, decisero di dargli le fattezze di P. K. Dick e, con il permesso delle figlie dello scrittore riversare nella memoria dell'hard disk da cui il sistema operativo avrebbe attinto dei dati funzionali per l'interazione il corpus completo delle opere dickiane, oltre ai testi di numerosi interviste dallo scrittore rilasciate in vita.
L'esperimento suscitò grande risonanza e tra gli esperti di informatica e robotica suscitò grande impressione, ma non solo: quelli che furono più colpiti di tutti, furono gli appassionati e i fan di P. K. Dick che, avendo l'opportunità di interagire con l'androide, di porgli domande e di ottenere delle risposte sensate (e soprattutto congrue) con ciò che essi sapevano di Dick, ebbero la netta ed emozionante impressione di trovarsi davanti allo scrittore in persona, redivivo.
Purtroppo, l'esperimento ebbe fine, quando, Olney trovandosi in viaggio per presentare l'androide ad una convention dei dipendenti di Google, dimenticò la testa (la parte più importante dell'intero androide) in aereo.
E la testa fu irrimediabilmente smarrita: ciò pose fine all'esperimento che poté essere realizzato grazie ad un'intersezione davvero unica di competenze, di saperi, di sponsor e di entusiasmo creativo: di quelle concomitanze che possono verificarsi solo una volta ogni tanto.
In seguito, venne realizzato un secondo androide P. K. Dick, ma il risultato non fu per nulla sovrapponibile a quello: il nuovo androide rimase in qualche modo una semplice grottesca imitazione di Philip K. Dick.

"L'androide P. K. Dick catturò per un breve tempol'immaginazione degli appassionati di fantascienza e dei fanatici della tecnologia di tutto il mondo, creò una rumorosa attenzione nei media e mise in fermento la comunità fantascientifica. Poi scomparve improvvisamente durante un volo da Dallas a San Francisco e nessuno lo rivide più" (ib., p.11).

 

Una storia vera più "dickiana" di così non avrebbe mai potuto essere costruita. Tanto che, di primo acchitto, alcuni sarebbero portati a pensare che questa vicenda sia la trama di un romanzo.
E dobbiamo ringraziare David Duffy di aver intrapreso questa inchiesta che conduce il lettore, sia nei meandri della mente di Dick e delle sue complicate e tormentate vicende di vita, ma anche nel mondo della robotica, fornendoci una carrellata sui sui più importanti eventi e su quello che, ai tempi della vicenda narrata, "was going on".

Se pensiamo ad alcune delle personali ossessioni di Dick e alle tematiche della maggior parte dei suoi romanzi, come agli interrogativi in cui sono invischiati i suoi protagonisti, se sono degli esseri veri o semplicemente dei simulacri, oppure alla fantasia che qualcuno possa essere svuotato dei suoi ricordi per avere la mente riprogrammata con quelli di un'altra vita completamente diversa, oppure ancora al dubbio continuamente altalenante tra la verosimiglianza della Realtà (una realtà assodata e oggettiva) e la sua possibile simulazione (orchestrata da un grande burattinaio per trarre in inganno gli uomini, ecco che l'idea di costruire un androide con il volto e il corpo di Philip K. Dick e dotarlo di una mente computazionale caricata con tutte le interviste da lui rilasciate e con tutti i suoi romanzi, in modo tale che il computer che governava l'androide parlante potesse selezionare qualsiasi risposta pertinente e "dickiana" da una vastissima gamma di pensieri e di riferimenti, assume delle connotazioni davvero molto particolari.
Straordinario, se si considera, anche che l'androide Dick avendo a disposizione una banca dati che poteva eventualmente andare in overload, a volte esitava o o si metteva n stand by, divenendo stralunato, oppure viceversa forniva  delle "risposte di traverso", anche queste molto dickiane.
La vicenda narrata da Duffy assume una colorazione ancora più dickiana con la sua conclusione: la testa dell'androide (e che ne era l'elemento fondamentale ai fini dell'interazione) andò smarrita durante un viaggio in aereo e non più ritrovata.    

Di nuovo, nell'epilogo, viene affermato:
"La testa scomparsa di Philip K. Dick catturò l'immaginazione della comunità fantascientifica, così come aveva fatto, quando l'androide era itatto e operativo. L'androide e la sua strana scomparsa si intrecciarono con il resto dell'eredità di Dick. In fondo, per una replica androide di lui, scomparire era molto dickiano" (ib. p. 224).

 

 "Una lettura che stimola la voglia di sapere quali possibilità ci attendono in futuro" (Australian Bookseller and Publisher)

 

 

L'androide Philip K. Dick: una storia che entra perfettamente nel paradossale universo dickiano(Dalla quarta di copertina) Alla fine del gennaio 2006, un giovane esperto di robotica perse una borsa da viaggio su un volo da qualche parte tra Dallas e Las Vegas. Dentro c’era una testa completamente funzionale della replica androide del famoso scrittore di fantascienza Philip K. Dick. La testa non venne mai più recuperata… che fine avrà fatto?
L’androide PKD non solo sembrava stranamente simile allo scrittore, ma si muoveva e parlava come lui. Accolto da un grande successo, aveva ricevuto premi prestigiosi, catturando l’attenzione dei media internazionali e tenendo la comunità scientifica sulle spine. Poi, un bel giorno, sparì. In questo libro, David Dufty porta alla luce gli incredibili eventi che circondano la creazione e la scomparsa del Philip K. Dick androide, rendendo possibili e affascinanti i mondi inventati dallo scrittore che più di ogni altro ha influenzato il nostro presente.

David F. Dufty è laureato in Psicologia presso l'Università di Newcastle e ha conseguito un dottorato in Psicologia alla Macquarie University, prima di ottenere una borsa di studio presso l?Università di Memphis. È tornato in Australia nel 2007 e vive a Canberra con la moglie e il figlio.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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