Il fascino d'una passeggiata di fine anno a Pizzo Manolfo, tra contemplazione della natura e ricordi
Si conclude l'anno, in genere, (o si inizia quello nuovo) cercando di fare ciò che si preferisce, ciò che più piace, ciò che si desidera in modo tale che la cosa (o le cose) che preferiamo e che ci piacciono ci accompagnino poi nell'anno nuovo.
Passare da un anno all'altro è come varcare una soglia ed è come se, facendo determinate cose, le stipassimo dentro lo zaino che contiene tutto ciò che vogliamo portare con noi in questo nuovo (ed ennesimo) upgrade della nostra vita. Altre cose, invece, ce le lasciamo alle spalle e rimarranno soltanto nel bagaglio più impalpabile dei nostri ricordi.
Alcune, infine, vengono buttate fuori dalla finestra (non solo materialmente, come è nelle tradizioni, ma soprattutto metaforicamente). Si ripuliscono così il camino e la sua ciminiera da troppi di strati di fuliggine che si sono accumulati nel corso dell'anno.
E' stato così che alla fine del 2012, mi sono ritrovato a fare una bella passeggiata su per Pizzo Manolfo (763 metri) con la sua cima gemella di Monte Castellaccio (890 metri) che è il complesso montagnoso incombente sopra Tommaso Natale e Isola delle Femmine, la cui parte sommitale fu dominata al tempo della 2^ Guerra Mondiale da una postazione dell'Antiaerea e che è oggi affollata da più prosaiche e antiestetiche ripetitori della telefonia mobile. Il fianco della montagna è bellissimo perchè è interamente ricoperto da un bosco ormai molto fitto di pini e cipressi. La montagna con i suoi sterrati e con i suoi single track è stata a lungo molto frequentata dai cultori della Mountain Bike, da cross-motociclisti e, soltanto in tempi più recenti, da amanti del trail in Sicilia sempre più numerosi.
Questa passeggiata non c'era messa, in realtà, tra le cose da fare, almeno per me.
E' nata sulla base di un invito estemporaneo ed io mi sono unito lietamente.
Abbiamo formato una combriccola di umani e di cani: niente di meglio per fare una bella passeggiata, perché i cani trasmettono immediatamente gioiosità e spensieratezza con la loro capacità di lasciarsi andare al gioco e alla corsa, dominati da pura energia istintuale.
Ci siamo inerpicati su per lo sterrato demaniale che conduce sino alla cima di Pizzo Manlfo e di Monte Castellaccio e da cui si dipartono anche uno sterrato che conduce sino a Torretto ed uno ad anello che circumnaviga l'intero complesso montagnoso.
Qui, sino a qualche anno fa, ci venivo frequentemente ad allenarmi, specie quando mi preparavo per una delle ultime 100 km cui abbia partecipato.
La salita prolungata e costante è un impegno utilissimo per la specificità della 100 km del Passatore, i cui primi 50 km - come molti sanno - sono tutti in salita.
Ma ci venivo anche perché mi piaceva il posto, con la sua pace e il suo silenzio e con il regalo di splendide vedute di cui si comincia a godere, non appena si supera una certa altitudine e lo sguardo può spaziare oltre le cime degli alberi che qui crescono vigorosi.
Ho ritrovato intatte le emozioni di un tempo e di questo dico grazie, alla maniera di Roland Deschai, l'Ultimo Pistolero della saga della Torre Nera di Stephen King.
Sono stato subito avvolto dal vago sentore muschiato del sottobosco, in un miscuglio di forti odori resinosi, di foglie in decomposizione e di terriccio umido.
Il sole ogni tanto si insinuava tra i rami e gli aghi di pino spezzando la quieta ombrosità del bosco fitto e creando una danza silenziosa di pulviscolo dorato.
Da un certo punto in poi ho cominciato a percepire un odore fragrante di legna resinosa bruciata in uno dei camini delle case sottostanti.
Mi sono sentito in pace e mi sono chiesto perché da tempo non fossi più tornato in questo luogo: una domanda a cui è difficile una risposta. Facciamo le cose che ci piacciono e, poi, ad un certo punto, inspiegabilmente ce ne dimentichiamo... Eppure sono sempre lì a portata di mano...
Un mistero, davvero.
Poi, continuando a salire, all'improvviso si è aperta la visuale: eravamo arrivati ad un punto in cui i nostri occhi erano più in alto delle cime più alte di alcuni delle conifere (pini e cipressi) cresciuti sul pendio erto del monte.
Si godeva una magnifica vista su Monte Gallo, su Monte Pellegrino più verso la destra, sulla baia di Mondello, incastonata tra i due monti e sulla quella piccina e affascinante di Sferracavallo.
Ma la cosa più preziosa da avvistare è stata il profilo di Ustica, a circa 60 km dalla costa in direzione Nord, che emergeva dalle brume del mare, con il suo inconfondibile skyline.
Ogni volta che la vedo nella distanza rimango meravigliato, come se scorgessi "l'isola che non c'è" delle fiabe, oppure "l'isola non trovata" delle leggende, delle storie e delle canzoni...
Ed anche per questo dico grazie.
Mi sono ricordato che qui, molto prima del tempo in cui sulla cima più alta fossero collocate le antenne dei ripetitori, ci venivo con mio padre, appassionato camminatore in montagna ed esploratore sia dei luoghi più lontani sia di quelli prossimi.
Fu proprio lui a portarmi sin sulla cima di Pizzo Manolfo a visitare le piazzole dell'Antiaerea risalenti al 2° conflitto mondiale.
E, quando ero ragazzo (ma, in fondo, tuttora) tutto ciò che appartiene alla categoria "ruderi", castelli, fortini, fortificazioni e casematte mi appassionava perché in quei resti vedevo e sentivo - come adesso - gli echi di avventure e combattimenti che alimentavano la mia fantasie, grazie alle letture che, sempre mio padre, mi forniva...
Penso che nel corso dell'anno che verrà, qui a Pizzo Manolfo, ci tornerò ancora molte volte.
In fondo con questa passeggiata ho ritrovato un vecchio e bonario amico...
Foto di Maurizio Crispi