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Come al solito il sabato mattina sono andato al ParkRun Uditore, dove ho fatto le foto.
Una giornata afosa, benchè la temperatura fosse un po' più bassa.
La batteria mi ha tradito: pensavo che fosse ben carica e invece era agli sgoccioli e poi si è esaurita del tutto.
Perttanto per non lasciare delusi tutti quanti, corridori e staff, mi sono dovuto arrangiare con l'I-phone.
Poi, ciao ciao a tutti e nel caldo spesso e appicicoso me ne sono andato.
Poi, sono stato a casa tutto il giorno. La casa mi divora: ogni volta che ci entro dentro, non riesco quasi ad uscirne più.
Per farlo occorre un forte sforzo di volontà che il più delle volte mi manca, complice qualsiasi pianificazione rispetto ad eventuali attività esterne.
Sono solamente uscito all’imbrunire per far passeggiare i cani.
Ho guardato un film tipo thriller.
Ho letto come sempre da diversi libri.
Ho dormicchiato, disteso sul divano, lasciando il cuscino intriso di sudore.
Ho scaricato le foto del mattino e le ho pubblicate
Non ho proferito una sola parola a voce alta, durante tutto il giorno.
Ho ascoltato il fragore del silenzio, attorno a me.
È come se fossi un naufrago che trascorre le sue giornate su di un’isola deserta.
Cosa fare per superare l’impasse?
E' una domanda oziosa, accademica.
L'ho messa lì perchè dopo aver detto della mia giornata, era giusto interrogarsi.
Ma so che tornerò a leggere altri libri, a scrivere i miei post e i miei articoli, a fare i miei lavoretti in campagna, a scalzare pietre dal terreno armato di palanchino e di mazza e di piccone, a costruire muretti e scalini, a dormicchiare, a guardare i film su netflix, a fare passeggiare i cani, a rimuovere la loro merda sublime e a scattare le foto di ciò che vedo.
Viaggiare: non se ne parla nemmeno. Mi sembra un tempo lontanissimo, quello in cui viaggiavo: lo guardo come attraverso un cannocchiale messo al contrario; tutto si è fatto piccolo e remoto, come se non mi appartenesse più.
Un orizzonte perduto.
La notte ho fatto un sogno, eccolo di seguito:
1. Arrivo nel cortile di casa,
da cui sono assente da molti anni
In un angolo la pavimentazione di cemento è tutta sfondata
e dal profondo della terra
emerge un cactus biancastro,
come se per troppo tempo fosse rimasto nascosto,
lontano dalla luce
Il cactus non tende verso l'alto
ma ha assunto un andamento strisciante
Un cactus albino, sì: ecco come appare
Tempo fa salvai da un cassonetto un grosso tronco di euforbia cactus
lo misi in un vaso
accanto alla saracinesca del mio box
S'arripigghiò alla grande
ed ora è alto, svettante e ramificato
Ha quasi raggiunto il balcone del piano rialzato che,
dal lato del cortile,
è all'altezza di un primo piano
Il cactus trovatello é in buona salute,
anche se di rado lo abbevero
Penso talvolta che le sue radici siano penetrate
al disotto dello strato di cemento
e che in questo modo la creatura tragga
nutrimento e tutta l'umidità necessaria
Tornando al sogno,
mi ritrovo a pensare che il cactus albino
si sia sviluppato da alcuni pezzi di tronco tagliati,
buttati lì e mai rimossi,
Mi sembra strano tuttavia accreditare quest'ipotesi,
il tronco sembra troppo massiccio e tozzo
e sembra possedere una parte ancora più possente
ancora sommersa dentro la terra spaccata da cui emerge
Potrebbe essere parte di un dinosauro
che si è risvegliato e preme per uscire,
oppure la mostruosa Godzilla
che si è riscossa.
2. Mi trovo a camminare in un territorio di periferia
assolutamente deserto e squallido,
strade strette e completamente chiuse da alti muri che impediscono la vista
E' un labirinto, di fatto: mi ritrovo più volte
a ripercorrere gli stessi passaggi
e i miei percorsi mi riconducono sempre
ad un grande cancello spalancato
e su uno dei piloni si legge
inciso su di una targa di marmo: "Pineidon"
nient'altro, ma io capisco che si tratta
di una casa di riposo per anziani.
La prima volta che mi sono trovato davanti a questo cancello
ne ho varcato la soglia con timore;
superando un'ampio spazio deserto e senza piante a decorarlo
sono penetrato in un ampio vestibolo
le pareti rivestite da marmi bianchi
e, sulle superfici asettiche e fredde,
targhe commemorative
che illustravano al visitatore le caratteristiche del posto
Leggendo qua e là,
scoprivo che il luogo era una casa di riposo per anziani
Ma tutto possedeva la freddeza e l'asetticità dell'obitorio
nel quale, per quanto sia tenuto sempre pulito,
ristagna sempre un lieve odore di putrefazione e di morte
Scappavo via a gambe levate
per riprendere le mie divagazioni nel dedalo di stradine
ma il modo in cui il labirinto era disegnato
mi riportava sempre a quell'orribile camera mortuaria.
Arrivavano altri,
anche loro prigionieri del labirinto,
ma ancora inconsapevoli di ciò
e dunque ancora in possesso d'una speranza incorrotta
Mi univo a loro,
speranzoso di poter trovare una via d'uscita.
Ma niente! Più e più volte,
arrivavamo sempre a quel punto morto,
al cul de sac di quella camera fredda e gelida
(dissolvenza)
Palermo, il 26 settembre 2021
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