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28 febbraio 2019 4 28 /02 /febbraio /2019 08:57
Elie Wiesel, Il Mondo sapeva. Discorso alla Svizzera, Giuntina, 2019

A distanza di quasi vent'anni da quando fu pronunciata, viene pubblicata in un denso libricino il testo di una conferenza tenuta da Elie Wiesel nell'ottobre del 1999: è stata pubblicata in edizione bilingue (Italiano e Francese) con il titolo "Il Mondo sapeva. La Shoah e il nuovo Millennio. Discorso alla Svizzera" (trascrizione dall'originale francese e traduzione in Italiano ad opera di Sibilla Destefani, curatrice a tutti gli effetti), Giuntina (Collana Le Perline, 2019).

In questo testo, breve ma denso, è contenuta integralmente una conferenza che Elie Wiesel tenne nell'ottobre del 1999 (il 7 ottobre, per la precisione), nell'Aula Magna dell'Universittà di Friburgo. Di quel discorso, venne fatta una registrazione audio che venne custodita per quasi vent'anni da Raniero Fratini e consegnata nel 2018 a Sibilla Destefani, curatrice del volumetto che vede ora le stampa e traduttrice del testo.
Il contesto del discorso fu un convegno internazionale, organizzato dalla Federazione svizzera delle Comunità Israelitiche (FSCI), dedicato al tema della Svizzera di fronte al suo passato (è noto che la Svizzera aveva chiuso in modo totale le sue frontiere agli esuli ebrei che cercavano di sfuggire all'aggravarsi delle persecuzioni naziste).
In questa conferenza, Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace 1986, si interroga sul rapporto tra passato e futuro e sulla necessità di poter custodire e perpetuare in ogni modo la memoria del passato - per quanto dolorosa essa possa essere - per poter garantire l'esistenza di un Futuro. Senza un passato trasmesso non in maniera asettica, ma in modo vivo e palpitante, non può esserci un futuro, poiché le radici vere ed autentiche degli uomini stanno nel passato.
La questione sollevata da Elie Wiesel è di fondamentale importanza ed è di portata generale: infatti, pur avendo un suo valore specifico se riferito alla persecuzione degli Ebrei e alla Shoah, ha nello stesso tempo un valore più generale. E Auschwitz, in questo senso, non si può soltanto considerare una tragedia degli Ebrei soltanto, ma dell'intera Umanità.
Con Auschwitz (e con tutti gli altri campi di concentramento, anche se Auschwitz ne rappresenta il paradigma) venne messo in atto qualcosa di indicibile: ed è per questo che, dopo anni di silenzio e di chiusura in sé, molti dei sopravvissuti cominciarono a raccontare le loro esperienze, condensale in storie (e molti di loro, tuttavia nel loro raccontare, si fermarono alle soglie dell'orrore e degli orrori che ebbero a sperimentare, poichè a detta di alcuni loro - come ad esempio l'italiano Piero Terracina - l'orrore ultimo è indicibile).
Il raccontare fu importante, come anche da parte dei narratori che avevano vissuto in prima persona quelle terribili esperienze fu il creare un certo numero di testimoni di seconda generazione che potessero raccogliere quelle narrazioni. Questo story telling che così si perpetua non attiene ad una vicenda ormai lontana nel tempo e destinata a divenire icona di un'atrocità (anzi, vero e proprio paradigma dell'Atrocità), in quanto come afferma Piotr M.A. Cywinsky (Direttore del Museo e Memoriale di Auschwitz-Birkenau) all'esperienza dei campi non c'è e non ci sarà mai una fine (cfr. "Non c'è una fine. Trasmettere la memoria di Auschwitz", Bollati Boringhieri, 2017) e questa esperienza occorre costantemente ripensarla e rielaborarla, adattandola ovviamente al presente, sicchè sempre più la si possa considerare un qualcosa che attiene all'Uomo universale e diventi bagaglio vivo di conoscenze e riflessioni per potere efficacemente combattere l'Orrore che costantemente può ripresentarsi con cento volti diversi.
E infatti, avverte Wiesel già consapevole di questi aspetti al tempo della conferenza, bisogna saper sfuggire alla banalizzazione della memoria e alla sua divulgazione come mero oggetto di consumo. In questo ambito, vi è anche un interrogativo pesante, al quale è difficile dare una risposta: come gestire la consapevolezza che, mentre gli Ebrei venivano sterminati, il consesso delle nazioni sapeva cosa stava accadendo? E che nessuna delle nazioni in guerra contro la Germania nazista prese dei provvedimenti per cercare di fermare l'orrore? Su questo tema si potrebbero citare molti esempi: uno, il più eclatante forse, fu quello del transatlatico tedesco Saint Louis che partito da Anversa per portare quasi 1000 Ebrei nel nuovo mondo fu costretta a fare ritorno con il suo carico umano, poiché nè Cuba, né gli Stati Uniti, né il Canada acconsentirono lo sbarco degli esuli. Guardando a questa tragica vicenda e al suo esito (degli Ebrei costretti a sbarcare di nuovo in Europa dopo la loro estenuante pregrinazione per i mari soltanto poco più di 200 sopravvissero alle persecuzioni) e paragonandola a quanto avviene oggi nel mondo, in un momento in cui i sovranismi e gli isolazionismi senza cuore e senza umanità tendono a prevalere, non si può che essere d'accordo con le parole di Elie Wiesel.
Il testo è stato suddiviso dalla curatrice in quattro parti "tematiche" per rendere più fluida la lettura e focalizzare l'attenzione del lettore.
Il titolo è stato coniato appositamente, poiché non è stato possibile risalire al titolo con cui Elie Wiesel aveva presentato , al tempo dell'organizzazione del congresso, la sua relazione.
A mio avviso, può essere molto suggestivo, leggere il testo, ascoltando in concomitanza la voce dello stesso Wiesel che parla, cosa resa possibile dal fatto che la Casa editrice ha messo a disposizione la registrazione audio del discorso originale.

(quarta di copertina) Nell’ottobre del 1999, nell’aula magna dell’Università di Friburgo, Elie Wiesel pronuncia un discorso incentrato sul rapporto tra passato e futuro dal quale emerge l’interrogativo: come fare i conti con un passato gravido di orrori come quello dell’Europa del Novecento? Che fare dei cumuli di cadaveri, dei bambini assassinati, della complicità silenziosa di chi sapeva ed è rimasto a guardare? Questo discorso di Wiesel, finora inedito, rappresenta un formidabile appello a resistere alla tentazione della violenza e alla banalizzazione della memoria. E sullo sfondo Wiesel ci pone una domanda sempre attuale: se Auschwitz non è riuscito a eliminare l’ingiustizia, cosa potrà riuscirci?
Edizione bilingue in italiano e francese.

Per ascoltarlo vai alla sheda del libro nel sito web della casa editrice

Elie Wiesel

L'Autore. Nato nel 1928 a Sighet, in Transilvania, Elie Wiesel venne deportato ad Auschwitz e Buchenwald. Dopo la guerra ha fatto per alcuni anni il giornalista in Francia e poi si è trasferito a New York. Nel 1986 ha ricevuto il premio Nobel per la pace. Oggi, con la sua fondazione difende i diritti dell'uomo nel mondo, lavora per la pace e contro la povertà. Di lui la Giuntina ha pubblicato La notte, Credere o non credere , Il testamento di un poeta ebreo assassinato, Il processo di Shamgorod, L'ebreo errante, Il quinto figlio, La città della fortuna, Cinque figure bibliche e Il Golem.

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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