Ieri (il 5 giugno 2011), mi è capitato di ascoltare in radio (Radio Capital) un progamma di recensioni letterarie in cui si parlava del romanzo dell'americano statunitense Salvatore Scibona (La fine), programma che si fondava anche su di un'intervista realizzata direttamente con l'autore, tra l'altro capace di esprimersi correttamente in italiano. Ho trovato la presentazione del romanzo estremamente interessante e sono andato a documentarmi.
Ecco il risultato della mia ricerca.
Ne La fine di Salvatore Scibona, americano e discendente proprio da quegli immigrati italiani che in parte fecero l'America (pubblicato da 66th and the secon, collana Bazar), viene raccontata- nel cuore immaginario del Cleveland - una storia di immigrati italiani: una storia di decisioni determinate e determinanti che tingono di nero le vite grigie dei personaggi.
È un romanzo che viaggia sui binari temporali di una sola giornata, quella del 15 agosto del 1953. È la festa dell'Assunta a Elephant Park e, come ogni anno, il quartiere si trasforma in un carnevale di venditori ambulanti, gente di ogni colore, infinite varietà di cibo, mirabolanti giostre per bambini. Tra la folla svettano i portatori della Vergine con le loro tonache immacolate, che contrastano con la pelle scura della statua di Maria. L'aria della sera estiva porta in sé il sentore di un presagio, e per una volta tutto sarà diverso. Una vedova abortista, un adolescente introverso, un'enigmatica sartina, un marito abbandonato, un gioielliere che colleziona lettere di confederati e Rocco, il panettiere. Individui ordinari, trascurabili perfino, ma resi indimenticabili dalla loro fede incrollabile nella ricerca del proprio compimento, nel realizzare quel determinato atto, quel particolare progetto, con l'idea che al termine del percorso sia possibile trovare la fine di tutto. Salvatore Scibona tesse una serrata trama di eventi, costellata di indizi nascosti, ambientata negli anni Cinquanta tra gli immigrati della comunità italoamericana di Cleveland, Ohio, e segnata da un crimine mai svelato che informa le vite dei protagonisti. Un'opera prima che sfiora, con garbo e capacità di introspezione, i grandi temi della vita attraverso i pensieri e le riflessioni dei suoi personaggi, facendo scivolare il lettore nel puro piacere di un'avida lettura.
La fine narra le vicende dei suoi, dei nostri, emigrati come uno specchio impolverato svela in profondità ciò che siamo.
In quello specchio, oltre a vedere noi stessi, cogliamo i volti, le espressioni, i tratti delle generazioni che ci hanno preceduto. Salvatore Scibona racconta una storia che attraversa l’Italia da nord a Sud e s’insinua tra le vie di paesi e province, e poi su, in qualche stanza abbandonata per cercar fortuna altrove. Ci ricorda il nostro passato di migranti, mai davvero concluso e già dimenticato. Saranno state le origini italiane, e in particolare siciliane, ad aver spinto l’autore in una narrazione tanto articolata, che si chiude tuttavia come un cerchio verso il principio di tutte le storie: la vita.
Nato a Cleveland, Ohio, Salvatore Scibona ha solo trentacinque anni e da quando ne aveva dieci ha deciso che nella vita avrebbe fatto lo scrittore.
È diventato il caso letterario degli States e ora è pronto a conquistare l’Italia. Con il suo romanzo d’esordio, La fine, edito da 66th and 2nd in lingua italiana, l’autore ha vinto nel 2009 il Young Lions Fiction Award e il Whiting Writers Award, l’anno prima è stato finalista del National Book Award.
Non solo: è stato selezionato tra i 20 più grandi autori di lingua inglese sotto i 40 anni d’età dal «New Yorker».
Docente nella scuola di scrittura Fine Arts Work Center di Provincetown nel Massachusetts, Scibona (il cui nome si pronuncia, in realtà, "Skibona") ha studiato scrittura creativa con Marilynne Robinson all’Iowa Writers’ Workshop. E proprio una scuola di scrittura lo ha ospitato lo scorso 19 maggio, a Roma. La LUISS Writing School – il master di Scrittura Creativa della LUISS "Guido Carli" – ha organizzato una lecture con l’autore, dal titolo Italia-America solo andata, in occasione della presentazione del libro. L’evento, realizzato dagli allievi della scuola, si è tenuto alle ore 11 nella sede di viale Pola della LUISS.
Insieme all’autore, è intervenuto Alberto Castelvecchi.
L'autore - questa è la cosa rimarchevole e curiosa, al tempo stesso - ha realizzato la sua opera scrivendola interamente a mano, attraverso una serie di riscritture successive che hanno conferito alla sua prosa la qualità di un pregevole distillato.