This must be the place (di Paolo Sorrentino, 2011, Italia, Francia Irlanda) é un film davvero straordinario sulla memoria, sulla riconciliazione, sull'elaborazione del lutto e sui percorsi di vita più o meno bloccati.
Bravissimo Sean Penn per l'interpretazione di un ruolo che avrebbe potuto scadere nel volgare o nello stereotipo e che, invece, è di un'intensa umanità.
Il racconto prende le mosse dalla rappresentazione dello spleen esistenziale d'un musicista rock rimasto ancorato al suo ruolo (il genere di personaggio della scena musicale degli anni Settanta en travesti) e che non ha più alcuno stimolo dalla vita, dato che si è ritirato a vivere di rendita dei proventi accumulati nel corso della sua carriera e delle royalties, dopo che due fan adolescenti ispirati dal messaggio disfattista contenuto nelle sue canzoni si sono suicidati (e non passa mese che lui vada a deporre fiori sulle loro sepolture, perchè si è sentito responsabile delle loro morti e da quell'evento la sua carriera nusicale - troppo legata ad uno stereotipo si era bloccata).
Ma soprattutto Cheyenne - questo è il suo nome - continua ad essere fissato al suo ruolo e alla sua immagine di rockstar di un tempo: si veste e si acconcia esattamente come quando calcava le scene musicali.
Perchè una simile rigidità?, si chiede lo spettatore, intuendo che non si tratta soltanto d'un vezzo, dal momento che tale fissità è accompagnata da una nota fondamentalmente malinconica e triste.
All'improvviso, arriva la notizia che il padre con cui Cheyenne non si vede e non parla da oltre 30 anni da quando, a causa delle incomprensioni, se ne era andato di casa, è morente di vecchiaia.
E, così, Cheyenne parte per un viaggio che lo scaraventerà dalla sua dimensione di vita ristretta e quasi claustrofobica nel grande mondo, portandolo dalla periferia di una città d'Irlanda agli Stati Uniti, dove è sempre vissuto il padre e da dove lui stesso era a suo tempo partito, quando si era messo in fuga dalla famiglia.
Il viaggio è un'opportunità che gli si schiude davanti, per uscire dal suo mondo chiuso e imploso, profondamente statico (in cui la fonte di maggiore vitalità - e protezione dall'inaridimento - è tuttavia il saldo rapporto con la moglie).
Tutto il resto, che assume presto la cifra di un road movie, è un viaggio alla ricerca di se stesso e delle proprie radici, quando scopre che il padre scampato ad un campo di sterminio nazista aveva raccolto un'importante documentazione per smascherare l'ufficiale delle SS che, nel campo, lo aveva vessato e umiliato.
Sentendo come un lascito la missione lasciata incompiuta dal padre, Cheyenne s'avventura in un lungo viaggio attraverso gli States, seguendo le tracce del nazista e, intanto, come è in tutte le storie on the road, fa una serie di incontri cruciali che gli cambiano la vita e che, soprattutto, lo mettono di fronte ai veri motivi che lo hanno bloccato in un ruolo rigido e senza sviluppo.
Il film di Sorrentino è, invero, la storia della ricucitura di un rapporto spezzato tra un padre e un figlio, attraverso un percorso di elaborazione che inizia davanti ad un corpo senza più vita e che riattiva un dialogo che non aveva potuto più avere luogo per oltre 30 anni e che lo conduce a disvelare quel non detto (l'esperienza concentrazionaria) che, come un macigno, aveva inquinato il lro rapporto.
Alla fine, Cheyenne, ritornerà ai suoi affetti familiari, trasformato nella mente, ma anche nel corpo e nella sua immagine esteriore.
Non ultimo pregio del film è la colonna sonora in cui David Byrne (Talking Heads) fa la parte del leone con la riproposta di tanti suoi pezzi "classici" degli anni '70, comparendo anche nelle sequenze del film - interprete di se stesso -, quando Cheyemme si reca ad assistere ad una performance dal vivo di Byrne con un dialogo tra i due in cui viene sviluppata una riflessione tra la musica prodotta seguendo le mode, che imprigionano i musicisti in un ruolo e in un'immagine senza possibilità di evoluzione e quella che invece è autenticamente creativa con punti di svolte, con impennate in controtendenza e con una dichiarata mission di incidere nel sociale, anche al costo della transitoria impopolarità: in questo breve confronto viene delineata la differenza tra musicante che con il suo mestiere cavalca astutamente le mode e il vero artista.
In questo senso, il film contiene uno strarodinario omaggio al grande ed intramontabile David Byrne.
Scheda film
Un film di Paolo Sorrentino. Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten, Judd Hirsch, Kerry Condon, David Byrne, Olwen Fouere, Shea Whigham, Liron Levo, Heinz Lieven, Simon Delaney, Seth Adkins
Drammatico, durata 118 min. - Italia, Francia, Irlanda 2011. - Medusa uscita venerdì 14 ottobre 2011
Trailer
Colonna sonora