Il 22 settembre 2012, approfittando della splendida giornata di sole, ho deciso di ritentare con la gita all'Oasi WWF di Torre Salsa (Montallegro, Agrigento). La gita è riuscita in pieno. Ho goduto di una splendida giornata. Ho rischiato e ho portato con me la cagnetta che in questa circostanza (un po' tardivamente) ha provato il suo primo bagno. O meglio, sono stato io che ho tentato di indurla a divertirsi nell'acqua, portandola di peso un po' discosto dalla riva e facendola immergere: lei è subito tornata a riva, nuotando alla perfezione. Nuota, si tiene a galla, ma evidentemente lei e l'elemento acqua sono bisticciati. In ogni caso, con la sua silenziosa presenza, la Frida mi ha dato una bella compagnia.
Ed ecco di seguito il resoconto della mia giornata.
Alcuni giorni addietro, nel tentativo di arrivare all'Oasi WWF di Torre Salsa, mi aveva fermato l'acqua.
Oggi, avrebbe potuto essere il fuoco e il fumo, dovunque nei terreni coltivati che si aprono nella zona del Pantano, fuochi di stoppie il cui fronte si spostava con la direzione prevalente del soffio del vento, fomando dense cortine fumogene.
Per molto tempo sono rimasto fermando, indeciso sul da farsi.
Poi, quando ho visto che i fumi si diradavano, mi sono lanciato.
Il fondo della strada, invece era perfetto.
Solo alcuni punti, più in ombra durante il giorno, erano ancora umidi e mollicci.
Come sempre, non appena percorsa la piccola stradina sterrata che si muove sinuosa attraverso i canneti sino alla spiaggia, una visione da levare il fiato: l'apertura su di una spiaggia enorme, quasi irreale nella sua vastità. giallo oro, deserta (al di fuori di una decina di persone sparse e separate da spazi tali da semprare niente più che formichine.
Un luogo fuori da ogni rotta, fuori dal mondo. Irreale. Che ti da l'impressione di essere sbarcato su di un isola deserta, dominata da centinaia di gabbiani che stazionano a lungo sulla sabbia, posandosi a seconda del loro capriccio qua e là.
Tutta la superficie della spiaggia, resa crostosa e dura dalle pioggie dei giorni precedenti, è fittamente intrecciata delle loro impronte.
Vedo un rapace (che non so identificare) volteggiare alto sullo sfondo abbaccinante di una roccia bianca e scistosa: e il suo volo con il favore delle correnti ascensionale è maestoso.
Siamo forse una decina di Umani sparsi su uno spazio vasto (tanto vasto da dare quasi le vertigini), delimitato dalla roccia friabile e policroma del monte (si va dal grigio quasi nero, al marrone, al bianco gessoso e abbacinante), dal cielo azzurrissimo e terso e dal mare scintillante. E le persone che sono sparse qua e là sull'immensa distesa di sabbia giallastra, sembrano delle fragilissime ed esili silhouette che si stagliano su di un fondale immenso, fatto forse per dei giganti estinti.
Le tribù dei gabbiani che qui imperano formano dove decidono di posarsi un tappeto compatto di soffici piume, palpitante.
Ma, al primo allarme, non appena le sentinelle scorgono una presenza estranea avvicinarsi, ecco che si alzano in volo, guardinghi, in un turbinio d'ali.
Vorrei andar loro vicino, sperando che vedano in me non un estraneo ma una presenza amica, ma nemmeno ho il tempo di formulare questo pensiero mentre cautamente mi avvicino che sono già in volo.
E alcuni di loro si fermano a galleggiare sulla superficie dell'acqua, flottando dolcemente.
Altri rimangono a volteggiare nel cielo.
Ma poi tutti ritornano e si assabbiano in un altro punto della spiaggia a distanza di sicurezza dal molesto visitatore.
La spiaggia è cosparsa di chiazze di guano, di piume remigante e di soffice piumino bianco, che formano una delicata decorazione della sabbia che oscilla lieve nella brezza.
Al ritorno, passaggio da Bovo Marina: una scoperta: una grande spiaggia, un po' più frequentata, ma nemmeno poi tanto.
Padiglioni romantici di legno che si affacciano proprio sulla sabbia.
Porticati e gazebi riparati da grandi teli bianchi che si gonfiano nel vento.
Ultimi scampoli dell'estate.
Pochi ombrelloni aperti che si stagliano in controluce sullo scintillio della superficie marina.
Bagnanti distesi a prendere il sole.
Due turisti nordici con la pelle bianco-eburnea che più bianco non si può sorseggiano, all'ombra, una coca cola. E poi, dopo essersi così rinfrescati, se ne tornano al sole, che per loro é un bene prezioso.
Addento con gusto un panino rustico.
Il pane di rimacinato é buono e morbido sotto i denti.
Bevo a lenti sorsi una birra ghiacciata godendo di ciò che osservo.
Una coppia vintàge arriva dalla strada e procede verso il mare. Sono un po' azzoppati e ricurvi, eppure - malgrado gli evidenti acciacchi - si tengono teneramente per mano.
Al ritorno, mentre i colori con il sole che arriva radente cominciano a mutare e a farsi più incisivi e netti, si vedono quando mi addentro nell'entroterra - una volta superata la siepe di sentinelle eoliche - campi di stoppie in fiamme, fumo che aleggia, e dovunque odore aspro di paglia bruciata.
C'è uno spicchio di luna alto nel cielo che ormai tende al violetto.
Da una settimana all'altra, i colori cambiano, cambiano le sensazioni.
All'altezza di Sambuca di Sicilia sulla scorrimento veloce Sciacca Palermo - la strada della Liberazione - si è formato un tappo di veicoli.
Autoambulanze, carri attrezzi, mezzi dei Vigili del Fuoco.
Poi il passaggio si sblocca e, al transito, ciò che si vede non è certamente un bel vedere.
Si rattrista il cuore, quando anche soltanto si immagina che qualcuno possa essere morto. Cosa ebbe a dire John Donne al riguardo?
Nessun uomo è un'Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminusce,
perchè io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.
Bisognerebbe sempre ricordarsi di queste parole: mai rallegrarsi, se qualcuno muore al posto nostro, ma sempre dolersi di quella morte, come se fosse un'anticipazione della nostra che verrà...
E ciò anche quando chi muore è per te uno sconosciuto: ma ti trovavi come lui a percorrere la stessa strada.
Poteva capitare a te, ma per una serie di coincidenze è capitato a lui o a lei, sulla base del semplice caso o di un disegno imperscrutabile.
Oggi è il primo giorno dell'autunno.
E la ruota del tempo continua a girare...
Ma se ci si accontenta delle cose per come vengono, oggi è stata una bella giornata e, per morire, non son morto.
E, quindi, cosa posso voler di più?
Foto di Maurizio Crispi
Vedi anche questi due miei precedenti reportàge su Torre Salsa
La Riserva di Torre Salsa: un piccolo paradiso per moderni Robinson
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