(Maurizio Crispi) Daniele Ciprì in "E' stato il figlio" ha operato da solo, trasformando il romanzo omonimo di Roberto Alajmo (mondadori, 2008) in una vicenda onirica e livida.
A differenza dei film realizzati con Franco Maresco, suo "socio" della celebre coppia di cineasti della sicilianità, questo film è a colori, ma si tratta di colori lividi e surreali, che trasformano la vicenda che, pur si snoda nella realtà, in un percorso onirico e mentale.
E così dev'essere visto che il racconto altro non è che un percorso della memoria del narratore di storie Busu, perso nelle sue storie e in fondo cieco alla realtà, perchè come un indovino sa quello che dovrà accadere, prima che accadere.
E' un narratore cieco, perchè il suo sguardo è perennemente rivolto all'interno della sua mente.
Oltre ad attori "veri" (come ad esempio Toni Servillo che qui si piega ad una recitazione tutta impastata di idiomi e mimiche tipiche della sicililianità, compaiono alcune delle stesse tipologie-icone di personaggi interpretati da attori da strada la cui sola presenza silenziosa vale una recitazione.
E' un film di cunti e storie, come è sin dall'esordio con la comparsa dell'enigmatico Busu che, in attesa del suo turno all'uffcio postale, racconta storie e storielle, che convergono su di una storia principale, una storia che - evidentemente - vede nella sua mente con vividezza, quadro dopo quadro.
I registri cromatici scelti dal regista, i colori lividi che tendono in alcuni momenti al bianconero, ma anche la scelta delle ambientazioni - architetture ad uso abitativo che si preentano vuote ed imponenti come cattedrali silenziose, oppure i paesaggi industriali di ciminiere e di tralicci - accentuano la dimensione livida e surreale del racconto che si distacca da quello originario di Alajmo che si presenta più lineare e più netto, in quanto partendo dall'effetto, poi narra le "cause".
Qua siamo alle prese con un "cunto" d'una storia del passato resa da uno che narra le storie e che per poterle narrare le ha in qualche modo vissute.
Ma perchè Busu narra questa specifica storia?
Lo si scoprirà soltanto alla fine del film in un bel gioco di incastri, in cui il racconto grottesco si trasforma in dramma profondo della miseria e dello squallore esistenziale, un po' nello stile di Eduardo de Filippo.
Nella sua ambientazione in una onirica Palermo della fine degli anni Sessanta, c'è tutta una squallida rappresentazione di vite "minime", di vite, di vite che tirano a campare con mezzi e mezzucci, assillate dai debiti e dalle necessità quotidiane, vite che a volte passando da una messa scena in scena grottesca e beffarda, scivolano in una rappresentazione drammaturgica.
Fa da volano propulsore una Mercedes (nel romanzo, più spostato avanti negli anni, si tratta di una Volvo), acquistata con i soldi rimasti di un risarcimento otttenuto dopo molte tribolazioni dallo Stato per l'uccisione accidentale "per mafia" della figlioletta di Nicola (Toni Servillo), auto che viene vissuta come status symbol e segno di un fittizio upgrade nella scala sociale.
I personaggi sono tutti orrendi, nessuno si salva per umanità, ad eccezione di Busu, toccato profondamente da un dramma che ha contaminato tutta la sua vita.
Il vede si vede, ma non ci si diverte: lo si puà soltanto inghittire come un boccone amaro.
Scheda film
E' stato il figlio (di Daniele Ciprì, Italia, 2012)
Tratto dal romanzo omonimo di Roberto Alajmo, Mondadori
Interpreti principali: Toni Servillo, Giselda Volodi, Aurora Quattrocchi, Benedetto Ranelli, Alfredo Castro., Fabrizio Falco, Pier
Genere: drammatico
Durata 90 min.
Italia 2012. - Fandango
Uscita venerdì 14 settembre 2012