Sì, da piccolo, ero proprio un piccolo monello... o anche una piccola peste, se si preferisce dire così.
Come si suol dire, una ne facevo e mille ne pensavo.
Forse perché passavo molto tempo a casa, specie d'estate, e soprattutto da solo - a parte i grandi e salvo che in qualche occasione in cui venivano i miei cuginetti più vicini d'età.
Mi regalaroro per un compleanno (ovviamente, quando già sapevo leggere) "Il Giornalino di Gian Burrasca" di Vamba e mia madre, dopo che ebbi ricevuto questo dono, sino all'ultimo fu perplessa se lasciarmelo leggere, timorosa che da quella lettura io potessi trarre ispirazione per altre gesta. Dopo lunghe consultazioni con mio nonna e con mio padre, mia madre alla fine si convinse a darmi licenza di lettura.
Forse, in seguito, racconterò qualcuna delle "monellerie" che architettavo.
Ma, intanto, se ci concentriamo sulla foto, si potra osservare che sul parapetto della terrazza alle mie spalle, ci sono dei buchi.
Quando arrivavo al laterizio sottostante (che era l'"anima"del parapetto) e non potevo più procedere oltre, iniziavo a farne un altro, con pazienza davvero certosina.
Ma questo ero soltanto uno dei tanti passatempi "letali" e non quello più dannoso...
Sulle mie monellerie si potrebbe scrivere un libro di monellerie magari non eclatanti come quelle narrate ne "Il Giornalino di Gian Burrasca", ma certamente denso di episodi gustosi e - in alcuni casi - clamorosi.
Nella foto si nota anche un altro tratto distintivo della mia infanzia: pur essendo fondamentalmente chiuso ed introverso, avevo dei momenti in cui si manifestava un'incredibile vena buffonesca ed istrionica.
Si può anche notare l'abbigliamento, tipico dei ragazzini dell'epoca: pantaloncini rigorosamente corti e sbracati (fatti dalla sartina). Polo (come si direbbe oggi) fatta artigianalmente dalla magliaia, già troppo piccola, perchè gli indumenti si cercava di farli durare il più a lungo possibile: se nel frattempo, si era cresciuti un po' di più, pazienza.