(Maurizio Crispi) Anni fa, dopo una serie di osservazioni da me direttamente compiute a Cap d'Agde (Languedoc, Francia) scrissi un testo piuttosto lungo per descrivere e documentare le pratiche libertine sulla spiaggia di quello che è considerato come uno dei più grandi siti naturisti del mondo, del tutto sui generis.
Sino ad ora questo testo è rimasto nel cassetto, perchè - per alcuni aspetti ero imbarazzato a divulgarlo, trattando un argomento alquanto scabroso.
Ma adesso mi sono deciso e romperò gli indugi.
Pubblicherò questo lungo scritto a puntate, visto che è suddiviso in diversi capitoli, oltre a numerose appendici che approfondiscono alcuni aspetti descritti o li sostanziano meglio (con il ricorso ad alcune anonime testimonianze raccolte nel corso del tempo).
Quella che segue è la premessa allo scritto.
Premessa
Alcuni anni fa, ebbi modo di leggere uno dei romanzi di Michel Houellebecq, il cui titolo era, se non ricordo male, Le particelle elementari[1].
Alcuni dei suoi capitoli si svolgevano in una località del Sud della Francia – Cap d’Agde - dove si trova un grande campo naturista, “anomalo”, in quanto oltre ai più “classici” naturisti, ospita dei nudisti che amano declinare la propria scelta in senso libertino[2], cioè come occasione per vivere la propria sessualità in modi non canonici.
In questo romanzo, si raccontava appunto di una breve vacanza di uno dei protagonisti della vicenda che, preso da una sorta di spleen esistenziale, sceglieva di recarsi con la compagna proprio in questo sito spinto dal desiderio di uscire dal suo stato di profonda noia depressiva.
Non mancavano accurate e realistiche descrizioni del luogo e di ciò che vi accadeva.
Sono dunque partito sulle tracce di Houllebecq, mosso dalla curiosità di verificare, guardando con i miei occhi, se quanto descritto dall’autore francese fosse frutto d’una semplice (fervida) fantasia letteraria o se non corrispondesse a realtà: e quanto questa realtà fosse stata edulcorata o abbellita o enfatizzata dall’autore.
Ho visitato il sito e ho fatto le mie osservazioni.
Mi rendo conto che nel tentativo di descrivere in modo attendibile ho utilizzato una certa enfasi, in parte spinto dalla necessità di dare consistenza letteraria a quanto scrivevo, ma in parte perché sicuramente mi si sono ritrovato a riversare nelle descrizioni quella forma di “contaminazione” mentale di cui faccio cenno.
D’altra parte, mi rendo conto anche che un luogo così sfugge in larga parte ai parametri della percezione ordinaria e che, nel tentativo di raccontarne, vi è – consistente - il pericolo di scivolare in una rappresentazione non necessariamente aderente alla realtà, anche perché nel condensato di poche pagine sono descritti eventi che non sempre accadono tutti contemporaneamente.
Cap d’Agde è – per alcuni versi un luogo che agisce come una droga della mente. L’esposizione iniziale alla sua fenomenologia antropica non consente di percepire molti degli accadimenti che vi si sviluppano, ma osservando quanto vi accade un po’ più a lungo (o in reiterate occasioni, come è stato il mio caso) ci si comincia ad accorgere di cose che il primo sguardo del neofita non potrebbe subito cogliere.
Bisogna sapere cosa guardare e, nello stesso tempo, bisogna sapere come distanziarsi.
Più che la dimensione dei privé, molto diffusi all'interno del sito naturista e parte essenziale del divertimento notturno, ciò che mi ha maggiormente colpito è stata la modalità della vita diurna e , soprattutto, la dimensione vacanziera della spiaggia.
Una spiaggia enorme, con un litorale che si estende per quasi tre chilometri, e che è interamente naturista, si badi bene.
Ma solo in una zona della spiaggia si affollano i naturisti "libertini": qui, nelle ore di punta, a partire da mezzogiorno circa, sino a pomeriggio inoltrato si può osservare una distesa compatta di corpi nudi, strettamente stipati fianco a fianco, in una sorta di horror vacui (non un centimetro libero di sabbia è lasciato in alcuni punti).
In parte i corpi nudi sono ombreggiati da teli ed ombrelloni, altre volte in pieno sole, a crogiolarsi.
E' - secondo me - la stessa nudità dei corpi, una nudità totale e adamitica, senza pudore o ritegno, assieme al caldo meridiano ad accendere le voglie erotiche nelle coppie o tra estranei. Si accendono movimenti lascivi, toccamenti prima inapparenti poi più espliciti, ciò che viene attivato individualmente diviene rapidamente collettivo e si estende a macchia d'olio, come un'onda di contagio erotico che si propaga rapidamente.
Inizialmente, si potrà sperimentare di fronte a tutto questo un certo sbigottimento, soprattutto per questa rappresentazione di totale libertà di corpi nudi copulanti (coppie, ma anche partouze) e tanta gente che guarda, eccitata ed eccitandosi.
Spaesamento, anche, probabilmente: ma, poi, subentra la condivisione di uno stato “eccitato” della mente, come se l’energia delle pratiche copulatorie creasse un’effetto “nuvola” in cui anche gli osservatori sono avvolti.
Quello che accade è stato espresso magnificamente da Aristide Maltecca (2002)[3]: “Ammettiamo di stare in un’oasi nudista: sicuramente la luminosità dei corpi offerti liberamente alla luce e alla vista è in grado di generare un discreto, ma soffuso sentimento di generale sensualità, come una specie di ‘cameratismo erotico’: esso se da una parte stempera qualsiasi tono di possibili ossessioni erotiche e sessuali specifiche, dall’altra può sensitivamente e sensualisticamente favorire una maggiore espressione carnale anche nella semplice amicizia che potrà andare ad istaurarsi tra coppie: ivi il semplice amichevole abbraccio non potrà ovviamente non esprimersi carnalmente con contatti anche involontari fra varie zone erogene dei corpi. Se poi, così com’è accettata l’altrui nudità, si passa ad accettare un sereno e libero manifestarsi erotico ed anche copulatorio delle varie coppie presenti, forse inevitabilmente i partner della coppia si sentiranno eccitati e spronati anch’essi ad amoreggiare in mezzo ad altri in un crescendo di erotizzazione di tutta la situazione. Mi sovviene l’intramontabile scena di decine di copulazioni simultanee di nell’ormai classico Zabriskie Point di Antonioni. (…), cfr. pp. 46-47.
A Cap d’Agde, soprattutto nella zona della spiaggia riservata a gli adulti, ma tutto il sito nella sua globalità, espone chi ci va ad un vero e proprio assalto dei sensi, ad una sovrastimolazione erotica, perché come giustamente osserva Maltecca, la contiguità dei corpi nudi apre la via al naturale desiderio di altre forme di intimità.
In occasione della mia prima visita a Cap d’Agde dove mi ero recato con la mia compagna di quel tempo, pur non condividendo l’opportunità del sesso open air, nel nostro privato al termine di una giornata di esposizione a queste forme di intimità spinta (e multipla) da parte degli altri, avevamo una sessualità particolarmente vigorosa, mentre non è un caso che, in occasione di altre mie visite (da solo), io abbia divorato una quantità incredibile di libri e romanzi che mi offrivano panorami alternativi ad un mondo dominato dal sesso e che, in qualche misura, spegnevano la febbre erotica che si accendeva nel mio corpo e nella mia mente.
Nel corso del tempo i miei appunti si sono estesi al di là del previsto.
Pertanto, ho ritenuto utile suddividere il materiale in tre parti.
Una prima parte che è la più corposa contiene le mie impressioni per esporre le quali utilizzo uno stile ibrido tra reportage socio-antropologico e scrittura diaristica.
Ne è venuto fuori un testo che ha alcune delle qualità del giornalismo “gonzo”.[4].
La seconda parte raccoglie alcune testimonianze raccolte da altri che si sono trovati a frequentare il sito naturista, soprattutto per quanto concerne la spiaggia “libertina”.
La terza parte, infine, raccoglie dei materiali vari che – a mio avviso – sono di qualche interesse per farsi una idea più completa della varietà e delle caratteristiche delle “trasgressioni” che a Cap d’Agde vengono messe in atto, comprese alcune testimonianze e pareri difformi da quelli espressi dagli estimatori del libertinaggio.
In ogni caso, ho sempre cercato di “narrare” il luogo e le sue consuetudini senza mai prendere posizione in termini di giudizio morale su ciò che vi accade.
La scrittura di questa testo, a metà tra memoir di viaggio, saggio non impegnativo di sociologia applicata ed esercizio di new journalism, non avrebbe potuto essere altrimenti possibile.
Note
[1] Michel Houellebecq, Le particelle elementari, Bompiani. L'autore francese dopo la pubblicazione di alcuni dei suoi romanzi è stato al centro di feroci polemiche anche per il contenuto sessualmente esplicito di alcuni dei loro passaggi. Ma si veda anche, per affinità di temi e forse anche per una citazione dello stesso luogo, il suo Piattaforma nel centro del mondo, giunto con Bompiani alla 7^ edizione in traduzione italiana. Il testo di Houllebecq contenuto ne “Le particelle elementari” è riportato per intero all’Appendice n° 1 (per leggere l'appendice clicca qui: Cap d'Agde. Oasi di Libertinaggio naturista. Sulle tracce di Houllebecq (Appendice n° 1). La descrizione di Michel Houellebecq)
[2] Nel Seicento con il termine di libertini non si indicano più i sostenitori di costumi riprovevoli giustificati da motivazioni religiose (gli antecedenti erano gli aderenti alla setta del Libero Spirito) ma coloro che si erano allontanati dalla vera fede e che erano caduti nella dissolutezza morale. Non sempre il termine veniva interpretato negativamente ma poteva anche significare "esprit fort", uno spirito forte: una mente che tendeva all’estremizzazione, ma convinta delle sue posizioni.
Il termine libertino, nei periodi successivi, acquistò diverse stratificazioni di significato, sia nel linguaggio comune sia tra i filosofi:
- il libertino era un depravato
- un ateo dedito solo ai piaceri del corpo
- un filosofo scettico.
Una di queste definizioni non escludeva l’altra, anzi autori cristiani sostenevano come un comportamento licenzioso spesso portasse all’abbandono della fede e, viceversa, un atteggiamento di critica o incredulità nei confronti della Chiesa fosse causa di depravazione morale. Certo questo poteva essere vero per i più rozzi e incolti, ma esisteva anche un "libertinage erudit" (libertinaggio erudito) proprio di personaggi intellettualmente di rilievo. De Sade che propugnava il libertinaggio sessuale era anche un grande picconatore delle Istituzioni della Francia del suo periodo, tanto che venne condannato al carcere duro non per la licenziosità sessuale predicata nei suoi libri, ma per la dissacrazione delle Istituzioni (monarchia, religione, società, famiglia).
Per quanto riguarda l'aspetto più noto del libertinismo, quello della morale sessuale oggi, almeno in Occidente, nessuno che voglia usufruire della propria libertà sessuale ritiene di dover giustificare filosoficamente le sue tendenze.
[3] Aristide Maltecca, Piedi in Amore, Prolegomeni ad una nuova simbologia erotica del piede, Coniglio Editore, 2002. Se non vi è una specifica volontà perversa, ma è la situazione a facilitare il libero dispiegarsi della sensualità, della sessualità e dell’erotismo, tra coppie abituali e tra sconosciuti, vi sono le premesse per quella che – secondo Maltecca – una situazione di trasgressività “non trasgressiva”, perché tutto avviene naturalmente, quasi fosse nell’ordine delle cose. In questo senso, le dispute feroci dei naturisti “fondamentalisti” contro la pratica del semplice nudismo a cui non sottesa la filosofia di vita naturista e che può implicare il piacere e il gusto delle pratiche sessuali all’aperto, negli stessi luoghi dove si pratica il nudismo, hanno un sapore alquanto retro e esprimono un arroccamento su posizioni non “naturali”.
In questo senso, il nudismo è veicolo – strumento, si potrebbe dire – per una pratica sessuale più libera e decisamente anticonvenzionale, oltreché una rottura della concezione borghese della sessualità.
[4] Gonzo è, originariamente, uno stile di ripresa fotografica, cinematografica o di qualunque altra produzione multimediale nella quale l'autore della ripresa, il regista o il creatore è coinvolto nell'azione piuttosto che esserne un osservatore passivo.
Analogamente il giornalismo "gonzo" è uno stile in cui gli articoli sono scritti soggettivamente, includendo spesso lo stesso reporter come parte della storia con l'utilizzo della narrazione in prima persona (anzichè quella impersonale, più comunemente utilizzata e, in genere, richiesta).
La parola "gonzo" fu utilizzata per la prima volta nel 1970 per descrivere un articolo di Hunter S. Thompson (che è stato uno dei più noti collaboratori della mitica rivista "Rolling Stone" e di cui sono disponibili in italiano diverse traduzioni antologiche dei migliori scritti, oltre che di un romanzo di grande successo, Paura e disgusto a Las Vegas, in seguito tradotto in film per la regia di Monthy Pithon); successivamente, dallo stesso Thompson, che finì con il diventare una specie di mito vivente del giornalismo americano, lo stile "gonzo" venne reso molto popolare. La storia giornalistica di Thompson è stata di recente rappresentata in un film documentario del 2008, di cui lo stesso Johnny Depp è stato co-produttore (Gonzo: The Life and Work of Dr. Hunter S. Thompson). Da allora, il termine venne indicato per indicare una serie di applicazioni artisticamente fortemente plasmate dalla soggettività dell'autore.
Il giornalismo "gonzo" tende a dare maggiore risalto allo stile rispetto all'accuratezza, utilizzando spesso esperienze personali ed emozioni per creare un contesto all'argomento o all'evento oggetto della trattazione. Del pari, non prende in considerazione (o addirittura mostra di disprezzare) la rifinitura del prodotto da pubblicare preferita dai mezzi di stampa e puntando ad un approccio più grezzo e sanguigno.
Uso di citazioni, sarcasmo, humour, esagerazioni e iperboli sono comuni figure retoriche, ampiamente utilizzate dai giornalisti "gonzo".
In altri contesti "gonzo" ha preso a significare "con totale abbandono," o, più ampiamente, "estremo."
Analogamente, il termine "gonzo" si riferisce anche a film pornografici che sono realizzati dagli stessi partecipanti e, in quanto tali, sono privi di qualsiasi intreccio e di qualsiasi traccia di sceneggiatura, di dialoghi, focalizzandosi esclusivamente sulla ripresa di azioni sessuali. In queste produzioni, sovente lo stesso cineoperatore o il regista prendono parte all'azione, parlando agli attori, o partecipando come attori (performanti) essi stessi. Analogamente, gli attori (figuranti o performanti) sono liberi da copioni da recitare o interpretare.
Il regista non riprende una recitazione ma un evento reale (un "happening") che si sviluppa in presenza della telecamera.
Si potrebbe dire che è la presenza stessa dell'occhio della telecamera a creare l'evento, così come nell'orgia è l'occhio del partecipante (che contemporaneamente osserva, ponendosi nel doppio ruolo di spettatore/attore) a dar vita all'evento.