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Loop out. D’amore e di rabbia. Diario di un’adolescente in fuga, scritto da un'a giovane che si presenta sotto il falso nome di C. Betty e pubblicato da Mediter Italia, nel 2025) si propone come un interessante diario di vita vissuta, scritto nel web (utilizzando una specifica app, scaricabile nello smartphone) da un'adolescente che percorre diverse - precoci - esperienze nel campo delle nuove dipendenze e dei nuovi modi di assumere sia gli oppiacei, sia la cocaina, ambedue in forme che ne consentono il consumo attraverso il fumo che si libera dalla combustione delle "pietre".
Alle spalle di Betty C. vi sono esperienze di appartenenza ad un nucleo familiare poco consistente, scarsamente efficace sotto il profilo educativo e poco o niente contenitive.
L'ambientazione è il quartiere Ballarò del centro storico di Palermo, dove ha preso piede in anteprima rispetto ad altre realtà italiane la diffusione del crack.
E' - secondo me - un importante testo contemporaeo, un documento del nostro tempo, lucido e disincantato.
(soglie del testo) “Vi è mai capitato di buttare via qualcosa e poi di rendervi conto che vi serviva? A me è successo con la mia vita”. È l’incipit dell’autrice che ripercorre oltre dieci anni di dipendenza dalle droghe trascorsi tra comunità e ospedali, che descrive le conseguenze fisiche e psichiche di una adolescenza spesa tra la strada, con eroina e crack, e i rave, con anfetamina e MdM. È stato incredibilmente scritto al telefonino e, alcune parti, giravano su Wattpad, nella forma clandestina di brevi resoconti di giornate destinati soprattutto a se stessa. Un diario che, dopo anni, oggi viene pubblicato per essere un documento straordinario, necessario per una riflessione sulle conseguenze delle perdite affettive e sulla prevenzione dei rischi dalle dipendenze. Una memoria che è anche la prova di come i rapporti sociali dipendano sempre dall’uso del potere che genera conflitti e che produce un soggetto alienato per l’azione oppressiva dell’Altro, così come Lacan aveva spiegato. Perciò la vita è qui descritta come un’amara e instancabile routine, come se la protagonista fosse stata a lungo bloccata in un loop.
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