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28 ottobre 2025 2 28 /10 /ottobre /2025 11:14

Mimetizzato per quasi un secolo come un piccolo vortice scuro fra le correnti della prosa espressionista, questo romanzo di Peter Flamm torna ad agire su di noi come un sortilegio, la stenografia di un sisma psichico ancora lontano dall’essere decifrato.

Casa Editrice Adelphi

Il mio nome, che non è il mio nome eppure lo è, il mio destino, che non appartiene a me, ma a un altro, e ora mi è piombato addosso, soffocante come fosse il mio

Peter Flamm

Peter Flamm, Io?, Adelphi

Il capolavoro che Peter Flamm, psicoanalista e letterato berlinese, pubblicò alla metà degli anni Venti – Io? (nell'ammirevole traduzione di Margherita Belardetti e seguito da una ricca nota di Manfred Posani Löwenstein), pubblicato da Adelphi (2024), inizia allucinato e sorprendente con una negazione: «Non io, signori giudici, un morto parla per bocca mia».
Chi racconta  è un sopravvissuto agli orrori della guerra di tirncea, Wilhelm Bertuch, che, accusato di un duplice omicidio, ricostruisce in tribunale con un lungo monologo la sua storia friabile e oscura: «Non sono io qui, non è mio questo braccio che si alza, non sono miei questi capelli ora bianchi, non è mio il crimine, non è mio il crimine».

Tutto aveva avuto inizio nel 1918. Da poche ore era finita la Prima guerra mondiale e, mentre cercava di lasciarsi alle spalle i cumuli di morti e i cunicoli delle trincee, Bertuch era inciampato nel corpo esanime di un commilitone. Senza pensarci, con un rapido gesto della mano aveva afferrato dalla tasca il passaporto, impossessandosi, insieme al documento, anche della sua identità. E così quel povero fornaio di Francoforte si era trasformato nel dottor Hans Stern, colto e affermato medico berlinese.

Invece di tornare dalla madre e dalla sorella, sale come un sonnambulo – almeno così dice – sul treno che lo porta a Berlino, la città in cui Hans aveva vissuto con la moglie Grete, il figlio e un cane.
Riconosciuto, accolto, vezzeggiato da tutti per una illusione collettiva che le cronache a volte riportano – tranne che dal cane che, dopo averlo morso, stabilirà con lui una tregua precaria – si acquartiera  nella casa, nel letto del morto, in una professione che non conosce e che pure  vorrà praticare, tra amici che non ha mai incontrato. Lo guida una creaturalità alla Kaspar Hauser che tutto deve ancora imparare  e quel bisogno sempre deluso di felicità che attrae in modo irresistibile la letteratura di Weimar, nell’ultima stagione dell’espressionismo.

In calce - come già detto - si può leggere una nota esplicativa ed ermeneutica scritta da Manfred Posani Löwenstein

E' stata per me una lettura molto interessante che mi ha portato, inevitabilmente, a pensare al celebre caso dello "smemorato di Collegno" che è emblematico di tanti casi analoghi (e, più in generale, attinenti con lo scambio di persona) che si verificarono tra i reduci della prima guerra mondiale e che è anche alla base del famoso romanzo di Nathaniel Hawthorne, La Lettera Scarlatta, in cui il marito della protagonista femminile, Hester, ritenuto morto per mano dei Pellerossa e disperso, riappare con un'altra identità, assumendo il nome di Roger Chillingworth, medico,

Qui, nel romanzo di Flamm, si dipana una vicenda indecidibile tra due diverse possibili spiegazioni, in una tessitura narrativa che si muove tra flusso di coscienza e rimemorazione.
Sino all’ultimo, anche a lettura ultimata, si rimane sospesi in un limbo di possibilità diverse riguardanti il tema dello scambio di persona con molti interrogativi che si aprono ai quali non vengono date risposte  davvero decisive.

La Guerra di Otto Dix (dal web)

É interessante ricordare qui che Peter Flamm visse l’esperienza della I Guerra Mondiale e che, successivamente, fu medico e psichiatra; e, dunque, si può ipotizzare che in questa narrazione riversi esperienze personali e professionali.
Molto bella la nota finale, al tempo stesso esplicativa, ermeneutica e chiarificatrice, contenente anche esaurienti notizie su questo poco conosciuto scrittore germanico.

«Il mio nome, che non è il mio nome eppure lo è, il mio destino, che non appartiene a me, ma a un altro, e ora mi è piombato addosso, soffocante come fosse il mio» (Peter Flamm).

(Soglie del testo) Mimetizzato per quasi un secolo come un piccolo vortice scuro fra le correnti della prosa espressionista, questo romanzo di Peter Flamm torna ad agire su di noi come un sortilegio, la stenografia di un sisma psichico ancora lontano dall’essere decifrato.


(Risvolto) Berlino, 1918. La guerra è appena finita, un uomo torna a casa e non è più lui. È convinto di aver rubato l’identità a un morto. Crede di vivere nel corpo di un altro; tutti lo riconoscono e pensano di sapere con chi parlano. Solo il vecchio cane gli abbaia contro e lo morde. Il cane sa che quello non è il suo padrone. Poi comincia a ricordare: Grete, la giovane donna dalla chioma tizianesca che ora vede alla finestra, è sua moglie; nella culla c’è il loro bambino; si rivolge a un’anziana signora chiamandola «mamma». Ma quei ricordi non hanno radici, sono cose che sa: «come un attore me ne sto su un palcoscenico, imparerò la mia parte, è già scritta fino in fondo, di certo già da prima, e io mi limito a recitarla». Solo l’amore incondizionato e la gelosia per Grete – quando riceve la visita di un uomo, Borges, un «amico» che l’ha corteggiata mentre lui era al fronte – risveglia un sentimento che potrebbe essere suo. Questo è quanto ci è dato sapere del protagonista prima che la storia inizi. Lo ritroveremo nell’aula di un tribunale, accusato di omicidio, mentre cerca di scagionarsi. Ma chi parla in queste pagine? Chi ha commesso il crimine? Il rispettabile chirurgo berlinese Hans Stern, o piuttosto Wilhelm Bettuch, l’umile fornaio che sembra averne assunto le sembianze? La risposta rimane racchiusa nel punto interrogativo del titolo e le ultime parole che l’imputato rivolge ai giudici non fanno che rendere ancora più impenetrabile l’enigma: «Ora chinatevi, spazzate via quel po’ di terra. Ed ecco, troverete – me. Sì, ossa e teschio e polvere e il mio nome, che non è il mio nome eppure lo è, il mio destino, che non appartiene a me, ma a un altro, e ora mi è piombato addosso, soffocante come fosse il mio».

Con una Nota di Manfred Posani Löwenstein.

Peter Flamm


L'autore. Peter Flamm,, nato a Berlino nel 1891, è stato un autore tedesco. Iniziò a pubblicare articoli e racconti sui giornali quando era ancora uno studente di medicina. Nel 1926, il suo romanzo psicologico d'esordio Ich? fece scalpore quando fu pubblicato da S. Fischer. Negli anni successivi continuò l'attività letteraria, scrivendo altri tre romanzi parallelamente alla sua attività di medico finché, in quanto ebreo, dovette emigrare dalla Germania a Parigi con la moglie Marianne nel 1933 e poi a New York nel 1934. Tra i suoi pazienti ricordiamo il premio Nobel William Faulkner, mentre celebrità come Albert Einstein e Charlie Chaplin andavano e venivano dalla sua casa. Morì a New York nel 1963.
Nel 2024 Adelphi pubblica in Italia Io?.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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