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Elena lo sa (pubblicato da Feltrinelli nel 2023, nella traduzione di Pino Cacucci) dell'argentina Claudia Piñeiro, è un bel romanzo, indubbiamente - pochi fatti, pochi eventi materiali che si sviluppano nell’arco di sole dodici ore (nello stesso tempo riguardanti un’intera vita) - ma, molto sinceramente, ho delle difficoltà nel poterlo considerare un noir, così come viene presentato nelle note editoriali.
È la storia di Elena, una madre la cui figlia è stata trovata impiccata in cima alla torre campanaria della chiesa vicino alla casa dove abita. Gli organi inquirenti hanno stabilito che si è trattato di suicidio, ma Elena non è disposta ad accettare questa conclusione. Elena sostiene che Rita non avrebbe mai potuto suicidarsi e poi men che meno in una notte di tempesta, visto che aveva paura dei fulmini e che soffriva di acrofobia.
Elena é ammalata di una grave forma di sindrome di Parkinson che si è sviluppata nel corso degli ultimi anni e ha delle importanti e severe limitazioni nella sua mobilità e autonomia, visto che la sua malattia ha avuto un decorso particolarmente aggressivo. La figlia Rita che non si era ancora sposata, in questo imprevisto declino, ha rappresentato il suo pilastro e il suo punto di riferimento.
Elena non si rassegna all’ipotesi del suicidio e periodicamente continua ad incontrarsi con l’ispettore Avellaneda, anche quando il caso è stato dichiarato ufficialmente chiuso, e quest’ultimo - Avellaneda - la ascolta non più per dovere di ufficio, ma per puro spirito umanitario.
Quando la incontriamo, Elena è disposta a giocare la sua ultima carta per trovare qualcuno che ritenga affidabile e che l’aiuti a continuare le indagini e le ricerche al posto suo, visto che il suo corpo non la sorregge più a dovere.
Intraprende quindi un lungo viaggio attraverso la città per andare a visitare una persona, Isabel, che ritiene possa avere un debito di gratitudine con Rita e con lei stessa.
La sua è una vera e propria missione di speranza, ma questa visita la metterà di fronte ad una verità ineludibile, ad un’ipotesi che non aveva affatto preso in considerazione.
Il romanzo si articola tutto in dodici ore circa che sono scandite dalle assunzioni del farmaco che le consente una mobilità semi normale, il levodopa.
Le sue azioni difficoltose, inceppate, vengono descritte meticolosamente e riescono a trasmettere al lettore le sensazioni di lentezza, di blocco e di impotenza in cui è imprigionato il soggetto portatore di un morbo di Parkinson grave.
Il lettore si affatica e soffre assieme ad Elena che mette un piede davanti all’altro, che storce il collo per poter guardare dal basso verso l’altro il suo interlocutore e che sente imminente l’arrivo di un blocco motorio totale. Percepiamo in modo tangibile il terribile rallentamento del fluire del tempo che è proprio del Parkinson, mentre ancora l’acutezza dei pensieri non si è ancora affievolita, ma è tuttavia imprigionata nella corazza greve del rallentamento della motilità volontaria e talvolta del suo disperante blocco.
Vi è una profonda riflessione sul rapporto con una malattia invalidante, quale è il Morbo di Parkinson, ma anche sul fatto che con il progredire dell'età e con l'avanzare di una malattia invalidante il rapporto accuditore/accudito tra genitori e figli si inverte: e non è detto, né lo è mateticamente certo, che un genitore voglia essere genitore (o che ne abbia gli strumenti) o che un figlio possa accettare di divenire genitore del proprio genitore, quando una malattia o l'età avanzino in maniera ineludibile. Nulla in questo ambito è mai scontato: anche se la società e il pensiero comune sembrino richiedere ciò.
Le lunghe, interminabili dodici ore in cui scorre il romanzo sono anche, ovviamente, una riflessione sul vivere e sul morire, sul senso da dare alla propria vita nella malattia e sull’ipoteca che la malattia di uno mette sulla vita degli altri familiari, tenendo presente che non sempre la caparbia volontà di sopravvivere e di tenere alta la propria resilienza davanti alla malattia (la Malattia con la “M” maiuscola, personificazione d’una Nemesi esigente, "Lei" come Elena chiama la sua malattia quando con lei si trova a dialogare nella disperazione e nella lotta) trova supporto nei familiari che stanno attorno: la verità è che, a volte, sono proprio i sani a gettare la spugna, a fuggire spaventati e ad arrendersi
Il pathos che questa lettura - in meno di duecento pagine - riesce a trasmettere è grande e profondo, soprattutto autentico e accentuato da uno stile di scrittura caratterizzato da blocchi interi di pensieri con l’unica interpunzione di virgole.
Di grande impatto emozionale, ma proprio per questo l’ho letto (in parte letto ad alta voce e condiviso) a piccole dosi.
(Soglie del testo) Libro finalista dell’International Booker Prize 2022. In una trama noir molto riuscita, Claudia Piñeiro descrive con rara maestria e partecipe vicinanza la quotidianità di una malata di Parkinson tra i mille dettagli di ostacoli da superare, difficoltà imposte dalla mancata “obbedienza” delle gambe e dei piedi per muoversi, dando spessore al personaggio stoico di Elena che non si arrende mai.
Dopo che Rita viene trovata morta nel campanile della chiesa che frequentava, le indagini ufficiali sull’incidente vengono rapidamente chiuse.
Sua madre, ammalata di Parkinson, è l’unica persona ancora determinata a trovare il colpevole.
Raccontando un difficile viaggio attraverso le periferie della città, un vecchio debito di gratitudine e una conversazione rivelatrice, Elena lo sa svela i segreti dei suoi personaggi e le sfaccettature nascoste dell’autoritarismo e dell’ipocrisia nella nostra società.
Hanno detto:
«In apparenza è un giallo serrato e conciso con una protagonista decisiva. Ma è anche un commento penetrante sui rapporti madre-figlia, l’umiliazione della burocrazia, i fardelli del dover prendersi cura di un disabile e le imposizioni dei dogmi religiosi alle donne.» - Kathleen Rooney, New York Times
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L’autore. Claudia Piñeiro, nata nel 1960 a Burzaco (Argentina) è scrittrice, drammaturga e sceneggiatrice, e con Feltrinelli ha pubblicato: Tua (2011), Betibù (2012), La crepa (2013) con il quale si è aggiudicata il Premio Sor Juana Inés de la Cruz 2010, Un comunista in mutande (2014), Piccoli colpi di fortuna (2016), Le vedove del giovedì (2016), Premio Clarìn 2005, poi adattato al cinema da Marcelo Piñeyro nel 2009, e Le maledizioni (2019).
Nel 2019 si è aggiudicata il Premio Pepe Carvalho, riconoscimento internazionale destinato agli scrittori di polizieschi e intitolato al famoso detective ideato dallo scrittore Manuel Vázquez Montálban, vinto in passato da autori come Andrea Camilleri, Petros Markaris e James Ellroy
Nel 2023 è stata lanciato on film tratto dal romanzo della Piñeiro, disponibile attualmente sul portale Netflix
Elena lo sa (Elena sabe) è un film del 2023 diretto da Anahí Berneri, tratto dal romanzo omonimo di Claudia Piñeiro
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Elena lo sa. Un giallo importante per chi cura e per chi viene curato
Il romanzo di Claudia Piñeiro mostra una quotidianità alterata e sofferta dove la malattia di Parkinson prende il sopravvento, ruba il presente, nega il futuro e violenta la memoria del passato.
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