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Che sogno strano!
Quando mi sono svegliato ero totalmente stralunato
Cosa succedeva?
Ma niente in fondo!
Ma anche una quantità di cose!
Dapprima, ero in una situazione lavorativa confusa, fluida, all’interno di un edificio (un ospedale? Un ambulatorio?) fatto di tante stanze collegate tra loro per mezzo di corridoi e disimpegni labirintici, talvolta impossibili, che lo rendevano simile al micro universo disegnato da un architetto folle
Dovevo fare un primo colloquio con un paziente, con la partecipazione di altri operatori dell’équipe, tra i quali forse una psicologa e un assistente sociale
Il tipo da visitare era macilento, provato duramente da anni e anni di abusi e di frequentazione con il suo spirito famelico: forse per me era una vecchia conoscenza, un utente dei miei primi anni di lavoro in questo ambito e sopravvissuto, anche se con un alto prezzo da pagare
Mandavo avanti la psicologa e l’assistente sociale per iniziare il colloquio con l’utente
Vi raggiungerò tra un attimo, dissi loro
Senonché succedeva che non riuscivo a trovare più la strada per raggiungere la stanza dove il colloquio avrebbe dovuto svolgersi
Provavo molte porte, alcune che conducevano ad altri uffici ed altre che davano invece su stanzini di sgombero, polverosi e pieni di rottami, oppure su muri grezzi di conci di tufo, eretti di fresco, con la malta ancora non del tutto solidificata
In questa infruttuosa ricerca, mi ritrovavo anche ad entrare in un grande emporio, superando dei tornelli, come quelli della metropolitana o degli stadi di calcio
Poi - cambio di scenario - ero in un grande edificio moderno, sede di un assessorato e qui avveniva l’incontro con mio vecchio collega nel lavoro delle tossicodipendenze, responsabile di un altro SER.T cittadino e mio antagonista, mio malgrado
Parlavamo, discutevamo dei piani operativi relativi ad un prossimo ed imminente congresso che lui stava organizzando
Era presente anche un altro collega che, muovendosi in giro per la stanza trovava predisposto per la distribuzione un mucchio di locandine annuncianti questo congresso, di piccolo formato e, con molta disinvoltura, senza chiedere, ne acciuffava alcune e le intascava
Anch’io, a quel punto, mosso da emulazione, ne chiedevo un paio, anziché limitarmi a prendere direttamente ciò che mi serviva, ma QUEL collega mi diceva che NO, NON POTEVO e che, se proprio volevo, avrei potuto prendere una affiche formato gigantografia relativa ad un precedente convegno (ma quale sarebbe stata l'utilità di ciò?)
E io dicevo che no, grazie! Quelle affiche vecchie non mi interessavano granché…, poiché avrei voluto la locandina relativa all’imminente convegno (una richiesta razionale del resto…)
Ma non ottenevo nulla
E poi il terzo tempo. Mi allontanavo da quel posto, piuttosto indisposto e forse persino adirato
Mi aggiravo per i vicoli di una città antica, forse la Palermo vecchia, lungo stradine tortuose, lastricate di pietra, angoli fatiscenti, ma anche altri di inusitata e struggente bellezza
Entravo in un grande edificio ristrutturato e trasformato in albergo, lussuoso (decisamente), al cui interno fervevano i preparativi per una grande festa, uno sposalizio o forse la celebrazione di una laurea, con tantissimi convitati ed anche invitati (erano del tutto esclusi gli avvitati in se stessi e assolutamente banditi gli svitati)
Il personale dell’albergo era intento a pulire, a lucidare, ad addobbare, talmente tanto che nessuno si accorgeva di me: era come se fossi invisibile, ma la mia invisibilità era sicuramente accentuata dal fatto che spingessi davanti a me un carrello d’acciaio e, quindi, forse per questo motivo, ero scambiato per un fornitore oppure per uno dei lavoranti dell’hotel
Camminavo lungo interminabili corridoi, entravo in saloni allestiti con festoni floreali, c’erano dovunque guantiere, piene di cibi vari e delicati, assaggini di ogni genere: al passaggio afferravo questo e quello, addentavo e pregustavo
Alcune delle cibarie erano autentiche leccornie!
Questo vagabondare si protraeva per un tempo interminabile
A un certo punto - ero anche piuttosto stanco e le gambe mi si facevano pesanti - avrei voluto uscir fuori da quel labirinto pieno di tentazioni gastronomiche, ma l’albergo era così grande che non riuscivo a trovare una via o un varco che mi portassero all’esterno
Non potevo nemmeno chiedere informazioni, peraltro, perché avrei rivelato la mia natura di intruso e millantatore
Sempre sospingendo il carrello davanti a me, entravo nelle cucine, pensando che li forse avrei trovato una via di uscita, dal momento che - solitamente - le cucine dei grandi alberghi comunicano direttamente con l’esterno proprio per consentire l’arrivo delle merci, il loro scarico e il loro immagazzinamento, ma anche lo smaltimento degli scarti
E la cosa funzionava: infatti, dopo aver scansato il numeroso personale affaccendato e sempre comportandomi come qualcuno che doveva sbrigare delle importanti commissioni, riuscivo a trovare la via di uscita (che era anche una via di fuga e salvamento) e mi trovavo in un ampio parcheggio dove erano disposti in sosta parecchi mezzi ed anche un’auto della polizia
Cercavo di fingere indifferenza, ma il cuore mi balzava in gola
Temevo di essere fermato per un controllo e identificato come un estraneo, un ladro, un impostore, sicuramente come qualcuno che avesse qualcosa da nascondere
Mi forzavo a fingere indifferenza e a non distogliere lo sguardo, continuando a recitare la parte di un dipendente con una missione da svolgere o con un’importante incombenza, sempre spingendo il carrello d’acciaio, sui cui ripiani avevo accumulato varie cose, come asciugamani, portacenere (ed anche urne per le ceneri), vassoi carichi di delizie gastronomiche, prendendole qua e là al mio passaggio per accrescere la mia credibilità di garzone intento ad un compito
Passavo accanto all’auto della polizia senza che nessuno mi fermasse: non fui degnato di uno sguardo e la mia spavalderia era risultata vincente
Arrivavo in un posto, lasciandomi lontano alle mie spalle quell’avventura e mi incontravo con Ale, alla quale consegnavo tutto ciò che avevo raccattato strada facendo
Lei era molto sorpresa di tutti i doni che le avevo portato
Dissolvenza
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