/image%2F1498857%2F20240514%2Fob_3fb94e_un-mattino-a-irgalem-longo.jpg)
Un mattino a Irgalem di Davide Longo (Feltrinelli UEF, 2019) tra i primi romanzi di Davide Longo, è stato in origine pubblicato da Marcos y Marcos nel 2001.
E ha visto successive edizioni con Fandango e poi con Feltrinelli (Zoom), prima di approdare alla UE.
È ambientato in Etiopia e ad Addis Abeba nel periodo di intervallo tra la fine della Guerra d’Etiopia e l’inizio della II Guerra Mondiale, nei brevi anni in cui si consolida (ma nemmeno poi tanto) la dominazione italiana in quei territori
Pietro, avvocato e appena promosso a tenente di complemento, viene inviato proprio nella qualità di avvocato militare ad Addis Abeba per fare da difensore d’ufficio di un certo Prochet che, nelle sue funzioni di “esploratore”, ha compiuto delle atrocità sia nei confronti degli Etiopi (ribelli e non) sia nei confronti dei suoi stessi connazionali, azioni talmente efferate di cui nessuno intende parlare esplicitamente
Pietro (di cui non conosceremo mai il cognome) si trova immerso in una realtà in cui le regole del vivere civile sono come sospese, dietro l’esile facciata di ordine della disciplina militare.
Il suo difeso non parla e non si confronta: non intende collaborare in alcun modo alla costruzione di una linea difensiva qualsivoglia.
Prochet ci appare come una specie di colonnello Kurtz in Cuore di Tenebra: è questa la suggestione letteraria che ne ho tratto, anche se qualcuno tira in ballo, come antecedente letterario illustre, Tempo di uccidere di Ennio Flaiano, di recente ripubblicato da Adelphi, pubblicato la prima volta nel 1947 e vincitore della prima edizione del Premio Strega
Pietro è spaesato e sembra perdere in una atmosfera che è, allo stesso tempo, surriscaldata e oziosa/languida ogni usuale punto di riferimento e in qualche modo si lascia contaminare.
É un romanzo che è difficile da classificare: non è un noir, non è un mistery; non è un giallo e nemmeno un legal thriller di stampo militare.
Mi è sembrato piuttosto un bel romanzo che affresca magnificamente un periodo storico e l’anima nera delle velleità coloniali del regime fascista, con una conclusione che non è nemmeno una conclusione ma che si pone come una nemesi che colpisce il Giusto e l’Ingiusto allo stesso modo
Davide Longo è un autore che mi ritrovo ad apprezzare sempre di più e di cui sto a poco a poco leggendo tutti i romanzi
(Quarta di copertina) “Uomo sbagliato, posto sbagliato, tempo sbagliato". È questo lo stato d'animo di Pietro, giovane avvocato di Torino, appena promosso tenente nel Regio esercito italiano. Regio di nome, fasullo, fascista di nerbo, fin troppo reale. Difatti: l'anno di disgrazia è il 1937, il luogo della tragedia è l'Etiopia, dove è appena "tornato l'impero dei colli fatali", "eia-eia-alalà" e tutto il resto della farsa macabra. Il potere militare in orbace, o qualsivoglia imitazione del medesimo, affida a Pietro il classico caso che nessun avvocato vorrebbe nemmeno da morto. Ritrovarsi scaraventato 'ab imperio' a migliaia di chilometri da casa, a difendere l'indifendibile. Sul sergente Prochet, duro e puro comandante dei gruppi esploratori etiopi, grava infatti l'accusa di omicidio. Un momento, un momento: omicidio nel mezzo di una brutale guerra coloniale? Omicidio in un contesto che fa dell'omicidio stesso la propria divinità? A quanto pare, però, il sergente Prochet è andato un minimo sopra le righe. Un'incursione in un remoto villaggio nel deserto si è risolta in un bagno di sangue talmente efferato da fare impallidire perfino il Teatro del Grand Guignol. Pietro deve quindi difendere l'imputato che non solo non parla ma che tutti quanti - dai vertici del fascio ai disperati sopravvissuti etiopi - vogliono morto. Eppure, nulla è come appare.
/image%2F1498857%2F20240514%2Fob_a2cb2e_davide-longo.jpg)
L’autore. Davide Longo, nato nel 1971 a Carmagnola, vive adesso a Torino dove insegna scrittura presso la Scuola Holden. Tiene corsi di formazione per gli insegnanti su come utilizzare le tecniche narrative nelle scuole di ogni grado.
Tra i suoi romanzi ricordiamo, Un mattino a Irgalem (Marcos y Marcos, 2001), Il mangiatore di pietre (Marcos y Marcos 2004), L’uomo verticale (Fandango, 2010), Maestro Utrecht (NN 2016), Ballata di un amore italiano (Feltrinelli 2011). Nel 2014 ha scritto il primo romanzo della serie che ha come protagonisti il duo Arcadipane-Bramard Il caso Bramard (Feltrinelli 2014, Einaudi 2021), cui è seguito il secondo Le bestie giovani (Feltrinelli 2018, Einaudi 2021), il terzo episodio della serie Una rabbia semplice (Einaudi 2021), il quarto La vita paga il sabato (Einaudi 2022) e il quinto, Requiem di provincia (Einaudi, 2023).
Nel 2017 ha scritto la sceneggiatura per il film “Il Mangiatore di Pietre”, interpretato da Luigi Lo Cascio.
/image%2F1498857%2F20240514%2Fob_26df90_tempo-di-uccidere-flaiano.jpg)
Ennio Flaiano, Tempo di uccidere, Adelphi (Fabula), 2020
Un romanzo sconcertante, tanto più in pieno clima neorealista, che ha come sfondo non la "terra ideale dei films Paramount", ma il paese triste, ingrato, ambiguo, sfuggente delle iene.
«Quando la campagna sarà finita non pochi si precipiteranno a scrivere dei libri» annota Flaiano nel febbraio del 1936, mentre, sottotenente del Genio, partecipa alla guerra d'Etiopia. «Già immagino il contenuto e i titoli: "Fiamme nel Tigrai", "Africa te teneo", "Tricolore sull'Amba"!». Non a caso, attenderà dieci anni prima di ricavare da quella sofferta esperienza - fatta di sete e stanchezza, caldo e paura - un romanzo. Un romanzo sconcertante, tanto più in pieno clima neorealista, che ha come sfondo non la «terra ideale dei films Paramount», ma il paese triste, ingrato, ambiguo, sfuggente delle iene (e che dunque cela di necessità «qualcosa di guasto»), e al centro una vicenda «assolutamente fantastica»: un delitto futile e fatale, che scatena in chi l'ha commesso un corrosivo delirio. E gli trasmette il morbo di un «impero contagioso», di un senso di colpa inscindibile dal rancore, di una pietà commista a disprezzo per un mondo ignoto, l'Africa - «lo sgabuzzino delle porcherie», dove gli occidentali vanno «a sgranchirsi la coscienza».
scrivi un commento …