(30 aprile 2010) C'è da chiedersi cosa faccia il proprietario della bici quando decide di usarla.
La scarta meticolosamente per non rovinare l'involucro (da riutilizzare in futuro), oppure la usa così com'è con tanto di copertina?
In ogni caso, è sicuramente uno che ci tiene davvero tanto alla sua bici e che intende preservarla dalle ingiurie del tempo e proteggerla dalle intemperie, dalla ruggine, dalla corrosione, dal decadimento.
Non mi ricordo dove sia accaduto: un'artista moderno realizzò un'installazione (così si dice adesso) che prevedeva che interi edifici venissero incartati in enormi involucri di carta (o tela o plastica) bianca.
Sarei contento se qualcuno che si ricorda meglio mi dicesse di più di questa cosa.
Se la bici fosse stata disposta in questo modo da un'artista e collocata all'interno di una galleria d'arte oppure in altro luogo esposto al pubblico (con apposita etichettatura), come installazione, appunto, molti avrebbero parlato di opera d'arte.
Come nel caso della famosa (e dissacrante) "merda d'artista". La merda è merda, però se è un "artista" (ma solo perchè dichiarato tale) a prendere la sua merda e a inscatolarla, allora diventa "merda d'artista" e, in un modo oppure nell'altro, potrà destare l'interesse dei critici e dei galleristi.
E qui dovremmo andare a leggere attentamente le considerazioni che Mario Vargas Llosa dedica alla "cosiddetta" arte moderna in una serie di saggi raccolti nel volume "La Civiltà dello Spettacolo" (Einaudi, 2013).
Ma siccome quella incartata è la bici del rivenditore di frutta e verdura nessuno vede la cosa in questi termini.
Eppure, dove sta la differenza?
Per essere coerenti (e se fossimo coraggiosi intellettualmente) dovremmo dire pane al pane e vino al vino e affermare che il nostro ortolano, senza saperlo, è un grande artista spontaneo…
Nel suo piccolo un redivivo di quell'artista da me citato, di cui non ricordo il nome.
Una mia amica con cui sono in contatto attraverso Facebook ha così chiosato le mie considerazioni, aggiungendo alcune preziose informazione che mi hanno illuminato sull'artista di cui non ricordavo il nome, da me citato.
/image%2F1498857%2F20230503%2Fob_3274c5_1970-christo-a-milano-imbusta-vittorio.jpg)
"Per quanto riguarda l'artista probabilmente ti riferisci al bulgaro Christo Vladimirov Javacheff, che nel suo percorso artistico iniziò a "impacchettare" oggetti comuni della vita quotidiana, realizzando anche progetti sempre più impegnativi e ambiziosi, sia all'interno delle città, sia in vasti ambienti naturali secondo i principi della LAND ART.
Ha impacchettato luoghi e edifici di grandi dimensioni con chilometri di teli di plastica, ed anche a Milano, dove ha realizzato il celebre impacchettamento del monumento della piazza del Duomo.
Non si può dimenticare poi quando a Surrounded Island nel 1981, "impacchettò" con una cintura di polipropilene fucsia delle isole a largo di Miami in Florida e gli alberi lungo le Champs Elysées a Parigi nel 1987, e nel 1995 il Reichstag di Berlino che venne impacchettato con un tessuto argentato.
Preciso anche che questo grande artista ha sempre realizzato le sue opere con la collaborazione insostituibile della sua compagna Jeanne-Claude Denat de Guillebon che purtroppo morì improvvisamente lo scorso anno".
/https%3A%2F%2Fimages.treccani.it%2Fenc%2Fmedia%2Fimages%2Fsocial-200x200.jpg)
Christo nell'Enciclopedia Treccani
Nome d'arte dello scultore bulgaro Christo Javachev (Gabrovo 1935 - New York 2020). Ha studiato a Sofia, a Praga e a Vienna. Giunto a Parigi nel 1958, si è legato al gruppo del Nouveau réalisme; nel
/https%3A%2F%2Fimages2-milano.corriereobjects.it%2Fmethode_image%2Fsocialshare%2F2020%2F07%2F31%2F53ae17fa-d2f5-11ea-8623-4e2dec5054a7.jpg)
Christo a Milano, cinquant'anni fa: quando "impacchettò" il Re e Leonardo
Era il novembre 1970, e per festeggiare i 10 anni del Nouveau Réalisme all'artista bulgaro, allora 35enne, fu affidato l'incarico di una performance in città. Ma polemiche e vandalismi distrusser...
/image%2F1498857%2F20230503%2Fob_4b506d_civilta-dello-spettacolo.jpg)
La banalizzazione dell'arte e della letteratura, il successo del giornalismo scandalistico e la frivolezza della politica sono i sintomi di un male maggiore che ha colpito la società contemporanea: l'idea temeraria di convertire in bene supremo la nostra naturale propensione al divertimento. In passato, la cultura era stata una specie di coscienza che impediva di ignorare la realtà. Ora, invece, agisce come meccanismo di intrattenimento, persino di distrazione. Inoltre, gli intellettuali sono scomparsi e anche se alcuni di loro firmano sporadici manifesti e prendono posizione su eventi e persone di fatto non esiste più un vero e proprio dibattito. Il Premio Nobel per la Letteratura, in questa durissima radiografia del nostro tempo, riflette sulla metamorfosi che la cultura ha subito in questi anni, nell'inquietante remissività generale, e invita gli scrittori "a coniugare la comunicazione col rigore, l'originalità e l'impegno creativo, per costruire nuove forme d'arte" e poter salvare, cosi, la cultura.
scrivi un commento …