Anche a Natale
cosa vedono i miei occhi?
Munnizza
Munnizza natalina,
anziché pasquale o ferragostana
Robe abbandonate
per incuria dei raccoglitori
ma anche per incuria dei cittadini
Sono incurie che si incontrano
e si rinforzano a vicenda
Ci si deve lamentare,
è ovvio
Ma occorre anche
che ciascuno di noi
prima di proferire verbo
con lamenti e alti lai
si faccia un bell’esame di coscienza
Facciamolo a Natale
quando lo scambio e il delirio dei doni
portano a deliri complementari di munnizza
La nota che segue è stata scritta il 6 dicembre 2022, quindi un anno addietro circa e posso confermare che da allora non è cambiato nulla. E dunque ciò che scrissi allora è tuttora attualissimo
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A volte capita di trovarsi a percorrere una via dalla quale non si passa per molto tempo.
Queste vie che si vedono come per le prima volta (anche se sono già conosciute) inducono una sensazione di estraneità e derealizzazione, come se all’improvviso si fosse divenuti stranieri in terra straniera.
E quelli che colpiscono sono certi tratti di marciapiede abbandonati e negletti, perché magari non costeggiano le abitazioni ma soltanto le mura perimetrali di ville o giardini private.
Tratti di strada che in sé possiedono una valenza quasi romantica e che invece sono diventati ricettacolo di spazzatura varia, di merde di cane, di piatti di plastica lasciati per terra dalle gattane per nutrire i “loro” gatti, resti di bici rubate, macerie, incarti McDonalds (espressione del consumismo gastronomico dei poveri che però sono anche incivili), per non parlare degli alberi che adornano la via del tutto inselvatichiti, e ancora vecchie scarpe e scarponi, indumenti vari abbandonati anziché essere conferiti negli appositi contenitori oppure misteriosamente vuotati proprio dalle loro viscere.
Si cammina in mezzo a tutte queste brutture che a volte sono anche maleodoranti, costretti ad una vera e propria gimcana, e ci si chiede perché tutto questo debba accadere in una città che vorrebbe definirsi civile ed europea ed invece é da bollino rosso su tutta la linea. Una città che ha sempre avuto la vocazione per la lurdìa: basta andarsi a leggere le magistrali pagine di Goethe in Sicilia, risalenti a oltre 200 anni fa, proprio relative al modo in cui i nostri concittadini di quel tempo smaltivano i rifiuti solidi e, per di più, nelle vie prinicipali - come il Cassaro - dove massimo, anche a quel tempo, avrebbe dovuto essere il decoro.
E sì che siamo costantemente spremuti con il tributo sulla munnizza: dove vanno a finire questi soldi?
Come vengono spesi?
Vorrei proprio che qualcuno venisse a raccontarmelo.
Le foto che pubblico qui sono state scattate lungo la via Vincenzo di Marco (PA) una via che, essendo in parte sfuggita alla massiccia speculazione edilizia, ha un suo carattere un po’ retro e malinconico.
Ed invece il passante occasionale (come è capitato a me l’altro giorno) deve fare i conti con brutture e inestetismi, con la puzza e il degrado.
Il bello è che, se dal lato di chi amministra l’incuria é totale, da parte dei cittadini che abitano nelle casette e nei condomini che si affacciano lungo questa via, vi deve essere sicuramente indifferenza e assuefazione, o anche - forse - il non vedere perché oggigiorno sono sempre di meno quelli che camminano a piedi, o il non voler vedere, il fare finta di di niente, rendendosi selettivamente ciechi.
In mezzo a questo tripudio di monnezza e di degrado troneggiano beffardi i monopattini e le bici elettriche che posteggiati in maniera selvaggia ed incurante degli elementari diritti di chi cammina a piedi divengono essi stessi monnezza.
Vorrei una città più pulita e con la sua bellezza restaurata e senza questi infernali aggeggi di locomozione che alcuni dicono essere liberata e sostenibile, ma che a mio avviso aggiungono bruttura a brutture.
L’unica cosa per difendersi da questi assalti di degrado è alzare lo sguardo verso il cielo (il che non è distogliere lo sguardo, badate bene).
Ma un modo di cercare una risposta nel divino ineffabile ed immanente che ci sovrasta.
Ma dal cielo non arriva mai alcuna risposta
Il cielo, pur bello, con i suoi colori e con le sue nubi cangianti, pur ritemprando l’animo, è un rimedio che dura poco perché il volo della mente e dello sguardo dopo qualche istante si esaurisce e ritorna al livello del suolo per farci scoprire che la monnezza é sempre li, inamovibile (eterna, si potrebbe dire) a farci riflettere che viviamo in un mondo estremamente precario in cui il confine tra civilizzazione e totale inciviltà di modi é estremamente labile ed evanescente.
Foto di Maurizio Crispi
Dopo la pioggia - Frammenti e pensieri sparsi
( Maurizio Crispi ) Quando ero giovane (o dovrei dire "più" giovane, partendo dall'assunto ottimista che ancora non sono vecchio?), pensavo che il mondo in cui vivevo fosse bello e che fosse ...
http://www.frammentipensierisparsi.net/2015/08/dopo-la-pioggia.html
E questo mio post di qualche tempo fa - sempre qui nel mio blog - è molto pertinente con l'argomento
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