Quella che si vede nella rassegna di immagini è la stanza dove attualmente uso il PC. La maggior parte dei mobili, compresa l’enorme scrivania, erano del nonno Giosuè (il nonno materno).
Nella nuova casa dove ci trasferimmo nel 1962 questa stanza con i mobili originari del nonno diventó lo studio di mio padre.
Alla sua morte, nel 1972, colonizzai questa stanza che all’inizio, fu per me oltre che luogo di studio anche di ascolto di musica e di letture.
Diventò specie di tana dove accoglievo anche i miei amici e dove anche consumai i miei primi amori giovanili, poichè era - in un certo senso - per mia volontà extra-territoriale rispetto al resto dell'appartamento.
Ci misi dei tappeti e nella stanza si entrava rigorosamente senza scarpe. La signora che veniva a fare le pulizie era bandita da essa: temevo le sue incursioni, oltre che per il rischio di rotture, per il fatto che il suo spolverare e mettere ordine potesse esitare in un'alterazione del mio disordine ordinato. E, di conseguenza, mi occupavo personalmente delle pulizie necessarie.
La stanza stava sempre in penombra e con le luci accese (quelle che più o meno si vedono tuttora) accese anche di giorno.
In generale, ma questo vale anche per altre stanze evito di aprire troppo le serrande perchè l'esposizione troppo diretta ed insistente della luce del sole può danneggiare i libri.
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Da laureato e specializzato in questa stessa stanza ricevetti i miei primi pazienti.
Quando mi trasferii nell’appartamento adiacente dove ebbi agio di differenziare gli spazi, questa stanza rimase per un po’ di tempo sotto-utilizzata, ma quando potevo venivo a starci perché ne avevo nostalgia: in fondo vi erano pur sempre contenuti tutti i libri di mio padre (a parte alcuni che mi ero portato nell'altro appartamente, come - ad esempio - alcune opere di Nietsche), quelli degli studi e della sua formazione.
Li, tra quelle quattro miura e parzialmente circondato da muraglie di legno e di carta,mi sentivo particolarmente in contatto con lui. Nell’altra casa arredai una stanza per adibirla a mio studio professionale, mentre le altre a poco a poco si riempirono di libri e di LP.
Lo studio di mio padre poi divenne - nel corso degli anni - l’ufficio di mio fratello Salvatore per la gestione e del Coordinamento H per la tutela dei diritti delle persone con disabilità della Regione Sicilia di cui lui era il Responsabile e la stanza si riempì a dismisura di grossi faldoni pieni di documenti. Alla sua morte, svuotai la stanza (con grande rammarico (perchè coloro che gli succedettero nel Coordinamento non volevo saperne nulla e mi lasciarono in asso).
E la ricolonizzai con le mie cose (libri soprattutto ma anche suppellettili varie), dal momento che il mio fulcro si era nuovamente spostato verso l’appartamento di origine (per i casi della vita). E, infine, ci misi anche il computer da tavolo, sicchè la stanza è oggi divenuta la mia stanza principale per la scrittura.
È una stanza strafogata di cose con reperti appartenenti a diverse ere "geologiche" e starci dentro mi dá molto conforto e soprattuto mi dona il senso della prospettiva.
Una stanza tutta per me, ma anche una "stanza piena di gente" poichè è un luogo transgenerazionale, echeggiante di voci e di ricordi.
Mi chiedo se ci sarà un transito ulteriore ad un'ulteriore generazione.
Non oso dare una risposta a questo quesito, ma quel che è certo, parlando in termini assolutamente generali, al giorno d'oggi si è perso completamente il senso di profondità della nostra storia personale e quello di appartenere ad una sequenza di generazioni.
La consapevolezza di ciò soltanto può dare contezza delle nostre origini e fornire risposte alla domanda "Chi siamo", soddisfacendo il nostro senso di identità.
Io, dai miei genitori sono stato addestrato a sentire fortemente il peso delle generazioni che mi hanno preceduto e a fare di tutto per preservarne la memoria.
Non so se i miei figli sapranno fare lo stesso.
Mi auguro che ciò possa accadere.
Ma - realisticamente - per quanto uno si prodighi - nei giovani di oggi - anche quelli con il migliore pedigree sono molto forti le tendenze centrifughe e soprattutto vi è la tendenza a viversi, negando la funzione della genitorialità e, di conseguenza, mancando di introiettarla efficacemente, sentendosi piuttosto il frutto di una sorta di auto-generazione.