Pubblicato circa un anno addietro su Facebook e ancora non lanciato qui sul mio blog.
/image%2F1498857%2F20220721%2Fob_855abc_autobotte-con-spruzzatore.jpg)
Sono in una villa con un grande giardino attorno
E' la mia casa di villeggiatura estiva
C'è anche la mamma che non vedo da molto tempo
E arriva anche M., il nostro mastro di fiducia, capace di aggiustare qualsiasi cosa
E' lui, ma è anche diverso
L'elemento che più lo rende strano (e che ci fa straniti nell'osservarlo) è il fatto che esibisca un paio di baffetti in stile Hitler
Si siede davanti a noi e parliamo di affari
Nel frattempo, arriva una grossa autocisterna
M. ci spiega che l'automezzo deve fare il pieno d'acqua alla nostra presa e poi andare in giro per le strade limitrofe, per spruzzare sulla loro superficie acqua nebulizzata e così rinfrescarle, oltre ad abbattere la polvere che il vento di scirocco tende ad alzare in nugoli soffocanti
Vi ricordate dei tempi andati (parliamo della mia infanzia, quindi anni Cinquanta) quando lungo le vie di Palermo passavano nelle più torride giornate estive questi carri che con appositi ugelli sistemati nella parte frontale all'altezza delle ruote spargevano acqua sulla superficie d'asfalto? Procedevano a passo d'uomo spargendo il loro carico d'acqua sulla superficie delle strade assolate, coprendo con i loro passaggi la maggior parte della rete stradale cittadina, ma soprattutto dando beneficio ai pedoni nelle vie assetate del centro città.
L'effetto era quello di un'immediata sensazione di refrigerio, oltre alla piacevolezza di quel lieve sentore di terra bagnata che immediatamente si levava sino alle nostre narici, simulando le sensazioni olfattive di un improvviso piovasco. Poi questa cosa (meritoria) divenne obsoleta e non venne più praticata.
Chi sa perchè.
Forse per indurre i cittadini a starsene a casa e ad acquistare più pompe di calore, con l'effetto della crescita esponenziale dell'inquinamento termico delle città?
O forse perchè non si teme più il contagio delle tubercolosi? Riguardo a questo punto, al culmine della diffusione di questa temutissima malattia infettiva si riconobbe che uno dei vettori prinicipali della diffusione del bacillo di Koch era lo sputo: soprattutto negli ambienti pubblici ed anche nelle strade, in assenza di adeguate misure di sanificazione, nei residui organici dello sputo i germi responsabili della tubercolosi potevano sopravvivere a lungo, andando incontro ad una sorta di "sporificazione", per cui poi con facilità si levavano nell'aria in forma di polvere.
Per questo motivo, lo sputo per terra negli ambienti pubblici, al chiuso ed anche all'aperto era pesantemente sanzionato, e, in più, molti ambienti erano dotati di apposite sputacchiere (come anche nelle abitazioni private le sputacchiere erano degli oggetti d'arredamentio talvolta in ceramica o maiolica)
Forse, quella misura di umidificazione delle strade era un residuo di quelle pratiche di igiene pubblica risalenti ai tempi ruggenti della TBC.
Poi, con la rivoluzione successiva all'introduzione degli antibiotici nel trattamento delle malattie infettive, la TBC non ha destato più problemi e questa salutare pratica - dell'umidificazione delle strade pubbliche - è stata accantonata.
O forse anche perchè, con l'avvento del liberismo, tutte quelle pratiche "di comunità" che erano state pensate primariamente per il benessere dei cittadini (e per rendere la città vivibile) sono state dismesse e relegate tra le consuetudini desuete.
Ero perplesso, di fronte alla richiesta di M.. Perchè mai l'autobotte doveva rifornirisi alla nostra presa d'acqua? Che c'entravamo noi? Il camion, trattandosi di un servizio per tutti, non avrebbe dovuto andare a rifornirsi al pubblico acquedotto?
E, ammettendo che il camion si rifornisse al nostro punto d'acqua, nel caso che non fosse stato dato - per quest'azione - uno specifico permesso, non è che potesse verificarsi - ci chiedevamo - che noi avremmo potuto essere perseguiti per aver reso possibile l'esecuzione di un'azione illecita e non prevista?
Insomma, impigliata in questi interrogativi che rimanevano senza risposta, la discussione si arenava e presto M. con i baffetti da Hitler esauriva tutte le armi di convinzione a sua disposizione
E non se ne faceva nulla
(più avanti)
Intraprendo con qualcuno una discussione a proposito della famosa pubblicazione OMS sulla prima evoluzione della pandemia in Italia, a cura dell'ufficio regionale OMS di Venezia, e subito ritirata dopo appena pochi giorni dalla sua messa online per una deliberata - gigantesca, quanto sfrontata - azione di depistaggio decisa nelle alte sfere, perchè in un suo breve paragrafo emergeva che l'Italia al momento dell'arrivo del SARS-COV-2 era priva di un piano pandemico aggiornato (a fronte dell'obbligo di aggiornarlo ogni tre anni in base alle nuove direttive OMS emergenti, quello italiano era fermo al 2006)
Io ero inserito come in un contesto di un'intervista televisiva o in assetto da tavola rotonda e venivo intervistato. All'improvviso arrivava proprio Ranieri Guerra, principale autore assieme ad altri vertici governativi italiani e alle più alte sfere dell'OMS, dell'insabbiamento di quell'importantissimo documento, e me lo trovavo davanti
Non sopportavo la sua presenza, con quel sorrisino di supponenza (già visto in trasmissioni televisive) e quell'aria di intangibilità (la pioggia lo bagna e il vento lo asciuga) e cominciavo ad insultarlo con veemenza e ad affermare che il suo modo di porsi era espressione d'una totale assenza di onestà intellettuale e di senso morale, ed anche di una buona dose di arroganza
E perché poi?
Soltanto per la necessità di preservare delle relazioni ad alto livello che poi avrebbero potuto far comodo e per non scontentare nessuno dei potenti sensibili alla possibilità che potesse essere messa in mostra qualche pecca e qualche omissione a loro carico
Nella discussione mi accaloravo particolarmente. Era come se dovessi portare avanti una crociata personale contro questo Ranieri Guerra
(Dissolvenza)
/image%2F1498857%2F20220721%2Fob_87318d_il-pesce-piccolo-zambon.jpg)
Il giorno prima mi ero immerso a corpo morto nella lettura del libro (un saggio-memoir) di Francesco Zambon (Il Pesce Piccolo, publicato da Feltrinelli nel 2021) sulle vicissitudini del rapporto OMS di cui lui stesso aveva coordinato l'elaborazione nella primissima fase di esordio della pandemia Covid e mi ero indignato.
Poi stimolato da questa lettura ero andato a guardare il secondo servizio di Report "Virus e segreti di stato" (quello andato in onda nel novembre 2020) che, a suo tempo, mi ero perso.
E mi ero indignato ancora di più.
Consiglio a tutti la lettura del memoir accorato ed indignato di Francesco Zambon: tutti dovrebbero leggerlo per comprendere come in questo nostro sistema, le persone oneste e corrette sono destinate a far la parte dei "pesci piccoli", da vilipendere e da sacrificare, per tutelare i "pesci grossi" che, invece - come gli stronzi - rimangono sempre a galla e che, con assoluta disinvoltura, possono mettere in atto azioni di depistaggio, omissioni, insabbiamento, calunnia, senza che nessuno riesca a spostarli dalle loro candide torri, opponendo a qualsiasi azioni un muro di gomma e una barriera difensiva assolutamente inincibile.
A completare questo quadro - una vera e propria ciliegina sulla torta - è giunta - proprio in questi giorni - una serie di emendamenti presentati da alcuni deputati nelle Commissioni affari esteri e affari sociali e approvati lo scorso 8 luglio, in base ai quali la Commissione parlamentare d’inchiesta sul Coronavirus dovrebbe occuparsi solo di quanto accaduto prima del 30 gennaio 2020, il giorno precedente alla dichiarazione d’emergenza nazionale, solo in relazione alla Cina, dunque, e senza prendere in considerazione il ruolo dell’Oms.
E, di conseguenza, anche l'inchiesta aperta dai magistrati di Bergamo dopo i servizi di Report in merito al mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale, fermo al 2006 e poi frettolosamente aggiornato con una semplice copia-incolla al 2016, rischia di vanificarsi, con ira comprensibile da parte dei familiari delle vittime della Lombardia, in primo luogo.
E' così: nel racconto di Zambon che si è licenziato dall'OMS per poter raccontare la sua storia (che assume i toni di una vera e propria vicenda kafkiana) si colgono tutte le coloriture nefaste del rapporto tra una persona retta che va alla ricerca della verità ed un sistema immenso che oppone a qualsiasi azione un muro di silenzio e di indifferenza, se non attivandosi - al contrario - in controffensive e azioni di screditamento pubblico, concertati nelle segrete stanze.
(18 luglio 2021)
/image%2F1498857%2F20220721%2Fob_a84eb4_francesco-zambon.jpg)
Il libro. Francesco Zambon, Il pesce piccolo. Una storia di virus e segreti, Feltrinelli (collana Serie Bianca), 2021
(risguardo di copertina) Il ricercatore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha svelato i retroscena del piano pandemico italiano ée, al tempo, nel 2020, cioè, responsabile dell'ufficio OMS ubicato a Venezia] racconta gli errori e le coperture che hanno fatto del nostro paese il grande malato.
"Non potevo rimanere in silenzio"
Venezia, febbraio 2020. Il carnevale viene interrotto bruscamente e Francesco Zambon, veneziano e funzionario dell’OMS, mentre dalla sua finestra vede i turisti in abiti variopinti correre terrorizzati verso il primo vaporetto disponibile, riceve l’incarico di coordinare le informazioni che arrivano dall’Italia e che possono essere utili al mondo: il Covid-19 non è più un virus esotico, ha fatto irruzione in Occidente. Seguono settimane di lavoro forsennato, per provare a capire cosa stia accadendo nel nostro paese, perché tutti quei contagi, perché tutti quei morti. L’11 maggio il rapporto è finito, approvato dai vertici dell’OMS, stampato e pronto per essere divulgato. Potrebbe salvare molte vite. Ma qualcosa si inceppa e il 13 maggio il rapporto viene ritirato. Perché? Perché conteneva alcuni errori, dicono dai vertici dell’OMS. Ma la ragione è che rivelava un dettaglio fondamentale: il piano pandemico italiano non veniva aggiornato dal 2006, quindi era del tutto inadeguato. Ecco perché tutti quei morti. Ecco perché nessuno doveva sapere. Questa è la storia di un uomo solo, che ha denunciato e pagato in prima persona. Questa è una storia che ha fatto il giro del mondo, su cui le procure stanno indagando e che in queste pagine viene raccontata per intero per la prima volta. Nessuno sa quante vite sarebbero state risparmiate, ma tutti devono sapere quali sono state le omissioni, le coperture, le viltà che hanno reso il nostro paese così colpevolmente fragile.
Francesco Zambon si diploma giovanissimo in pianoforte prima di laurearsi in medicina a Padova. Dopo la specializzazione e dottorato in Sanità pubblica, consegue un master in Business administration negli Usa. Nel 2008 comincia a lavorare per l’Organizzazione Mondiale della Sanità a Mosca e poi a Venezia, dove diventa coordinatore della risposta Covid per Oms fino alle sue dimissioni nel marzo 2021. Nel 2021 ha pubblicato con Feltrinelli Il pesce piccolo. Fonte immagine: sito editore Feltrinelli.
/https%3A%2F%2Fi.ytimg.com%2Fvi%2FrQ9pNzO6by0%2Fhqdefault.jpg)
Francesco Zambon - Il pesce piccolo
01.06.2021 - Vittorio Veneto - Presentazione del libro "Il pesce piccolo" di Francesco Zambon. Conduce Claudia Borsoi. Operatore di ripresa Davide Parpinello...
scrivi un commento …