Luce abbacinante
nel pieno del pomeriggio
Aria calda e asciutta
Saremo presto al giorno più lungo
E subito l’anno
volgerà al declino,
mentre l’estate darà i suoi frutti
Non cedo alla lusinga della luce piena e forte
Mi chiudo piuttosto nella fresca ombra di casa
Non voglio neppure guardarla,
questa luce,
che mi fa strizzare gli occhi
e fa male all’anima,
né espormi al fiato caldo del sole
Ciò che più voglio
è stare nella semioscurità della stanza
come una talpa
ma con i miei libri accanto
a leggere,
leggere,
dormire,
sognare
E ho sognato che correvo,
correvo all’infinito
con leggerezza sublime
ad ampie falcate
e, ad ogni passo,
un interminabile tempo di volo
Trasportavo una grossa pietra tondeggiante
sotto il braccio
Era ben pesante:
eppure non mi appesantiva nel mio andare
E volando nella corsa
giungevo a quella che sentivo essere
la mia destinazione,
il liscio mare di oro fuso
nel quale in un ultimo empito
dall’aggettante dirupo
mi lanciavo
sempre stringendo a me
quel fardello pietroso
E poi l’oblio
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