Il "Diario" è considerato una testimonianza dell'Olocausto: questo è soprattutto ciò che non è.
Generazioni di lettori si sono abituate ad un approccio al famoso Diario di Anne Frank, in modi che sono stati distorti sia da precedenti edizioni espunte, sia dalla riduzione teatrale e poi cinematografica (si ricordare il famoso film firmato da Frank Capra). Letture che sono state determinate sia da un mal riposto rispetto nei confronti dei pensieri più intimi e crudi espressi da Anne Frank, sia da necessità ideologiche. Bisogna riportare il testo alla sua interezza e leggerlo, innanzitutto come un'opera letteraria di grande valore ed una testimonianza esistenziale, riducendo invece il sovradimensionamento di dolente racconto dell'Olocausto che esso ha ricevuto nel corso del tempo per esigenze ideologiche e/o ermeneutiche, sino a farlo divenire quasi emblema di quell'insieme di eventi e la sua Autrice un'icona quasi universale dell'innocenza ferita e mortificata. Infatti, il Diario che venne bruscamente interrotto dall'irruzione della Polizia olandese - allora al servizio dei Tedeschi invasori - nell'alloggio segreto non ha un suo finale, se non il non detto scaturente da una crescente sensazione di precarietà.
Del modo "vero" in cui si conclude la storia di Anne Frank, prima tradotta ad Auschwitz e poi da lì trasferita con una delle marce della morte a Bergen-Belsen dove morì di Tifo e di privazioni, poco prima della liberazione dei campi di sterminio, si sa da altre fonti e quindi dell'orrore dei mesi successivi all'ultimo aggiornamento non c'è nulla che sia stato scritto personalmente da Anne Frank non si sa nulla.
Questa ed altre considerazioni sull'uso spigliato e traditore del testo-testimonianza di Anne Frank sono contenute in un libro di recente - e meritoria - pubblicazione per i tipi de La Nave di Teseo. Si tratta di Di chi è Anne Frank? (titolo originale: Who Owns Anne Frank? nella traduzione di Chiara Spaziani, Collana Le Onde, 2019).
Il testo di Cynthia Ozick, proposto da La Nave di Teseo, venne originariamente pubblicato sulle pagine del "New Yorker" nel 1997.
Non era mai stato tradotto in lingua italiana.
Con lucidità l'autrice espone i motivi per i quali, secondo lei, il testo originale di Anne Frank sia stato tradito.
Le pagine del manoscritto, infatti, videro una serie di rimaneggiamenti, innanzitutto effettuato dallo stesso padre di Anne Frank e unico sopravvissuto all'Olocausto. Otto Frank, infatti, decise di omettere tutto ciò che ritenne irrilevante dal punto di vista della storia dell'Alloggio secreto: una serie di censure che indubbiamente hanno alterato l'immagine della figlia adolescente, con un'edulcorazione dei pensieri e delle emozioni. Questa prima edizione del Diario portò immediatamente alla costruzione di Anne Frank come "icona", anche perchè ai tempi della prima pubblicazione della Shoah si sapeva ancora bene. Dice la Ozick che ogni storia che si rispetti deve avere un finale e che nel Diario un finale manca. O meglio il finale - aggiunge ancora la Ozick - il lettore lo può conoscere soltanto se ha letto Primo Levi (con il suo I Sommersi e i Salvati) oppure Elie Wiesel (La Notte): quindi in ciò, secondo la Ozick, in stesso il Diario non è una testimonianza dell'Olocausto.
In ogni caso, ella dice, il Diario rivela che Anne Frank aveva della grandi potenzialità di scrittrice e che, se non fosse intervenuto quel tragico finale, avrebbe potuto realizzare grandi cose nel campo della letteratura.
Altri tradimenti furono effettuati, come ad esempio, nelle lunghe trattative che portarono alla realizzazione di una sceneggiatura per un lavoro teatrale rivolto al pubblico americano (riduzione curata dopo molte controversie sull'assegnamento del lavoro a Frances Goodrich e a Albert Hackett) e che avrebbe a sua volta ispirato il film - divenuto famoso - di George Stevens (USA, 1957).
O ancora, quando il Diario venne tradotto dall'Olandese al Tedesco, quando riferimenti ai Tedeschi invasori che avrebbero potuto urtare la sensibilità dei Tedeschi vennero ulteriormente espunti.
Solo tardivamente, il testo di Anne Frank venne pubblicato nella sua integrità (e un'edizione critica annotata e corretta di tale testo integrale venne a suo tempo pubblicata da Einaudi) e questo consentì di fare riemergere un'immagine più completa di Anne, certamente meno "buona" in alcuni suoi giudizi ed anche portatrice di sentimenti e di emozioni che potrebbero disturbare il lettore rispetto all'immagine edulcorata che era stata costruita prima proprio grazie a quei rimaneggiamenti del testo.
Insomma, sostiene la Ozick, la storia (e i testi storici e di testimonianze che ci pervengono) non dovrebbero mai essere traditi: soltanto così essi possono continuare a trasmettere intatta la propria forza.
E la stessa cosa è per la Memoria: il ricordo non deve essere mai edulcorato. E questo è un dovere morale.
(dal risguardo di copertina) Apparso per la prima volta nel 1997 sulle pagine del “New Yorker”, questo impetuoso, lucidissimo saggio di Cynthia Ozick strappa il velo di dissimulazione e retorica che negli anni ha ovattato e mistificato la limpida voce di Anne Frank e del suo Diario. Troppo spesso e troppo a lungo oggetto di interpretazioni semplificate e fuorvianti, di appropriazioni indebite, tradimenti e comode “santificazioni”, il Diario è servito da lasciapassare per un’amnesia collettiva – storica e culturale – sulle cause e le circostanze della morte della sua autrice e di milioni di altre vittime dell’Olocausto. La depravazione e la ferocia dei nazisti, il male che ha consumato la protagonista, sono stati attenuati e sorpassati nel tempo dal solo battere della critica, dell’editoria, dei lettori e persino del padre – Otto Frank – sul tema della bontà e della forza umana, utilizzando strumentalmente la voce di Anne per costruire un discorso sul passato tanto rassicurante quanto sterile. Cynthia Ozick, ripercorrendo con il ritmo e la forza che le sono propri, le vicissitudini storiche, editoriali e teatrali del libro universalmente considerato il simbolo della Shoah, ci mette in guardia dalle conseguenze di questa tendenza: ammorbidire la Storia, nel tentativo di renderla più sopportabile, equivale a tradirla; tradirla equivale a negare – in una discesa inarrestabile verso il buio della ragione – ciò che è stato, gettando le basi perché possa avvenire ancora.
Cynthia Ozick, ripercorrendo con il ritmo e la forza che le sono propri, le vicissitudini storiche, editoriali e teatrali del libro universalmente considerato il simbolo della Shoah, ci mette in guardia dalle conseguenze di questa tendenza: ammorbidire la Storia.
(Quarta di copertina) Il "Diario" è considerato una testimonianza dell'Olocausto: questo è soprattutto ciò che non è.

L'Autrice. Cynthia Ozick è autrice di numerose opere, sia di narrativa sia di saggistica, riconosciute a livello internazionale. Ha vinto il National Book Critics Circle Awards, ed è stata finalista al Premio Pulitzer e al Man Booker International Prize. I suoi racconti hanno vinto per quattro volte l’O. Henry First Prize. Per Feltrinelli ha pubblicato Lo scialle e Eredi di un mondo lucente (2005). Presso Bompiani sono usciti La farfalla e il semaforo (2010), Corpi estranei (2011).
«Era mio dovere allargare il piú possibile la cerchia di coloro che volevano accogliere il messaggio di Anne, e per questo il teatro e il cinema erano i mezzi piú adatti. Dopo molte riflessioni e discussioni con scrittori è stata creata l'opera teatrale. Io sono convinto che essa adempie a una missione, e questa è la cosa piú importante».
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