
Ricordo che anni fa vidi un film dal titolo "I Misteri del Giardino di Compton House" (Peter Greenaway, 1982), ambientato nel giardino rinascimentale che attornia una mansion nella campagna inglese, in cui un pittore di fama viene ingaggiato dall'aristocratica che ha la proprietà della villa per realizzare una serie di 12 disegni che ritraggano casa e giardino da diverse angolazione, pichè è sua intenzione farne dono al marito quando sarà di ritorno da un viaggio. Analoga situazione si verifica nella storia tracciata da Mark Mills, in Il Giardino selvaggio (nella traduzione di M. Matteini), pubblicato da Einaudi (collana I coralli), nel 2008 e successivamente nei tascabili (ma in entrambi le vesti scomparso dal catalogo della casa editrice). Almeno, nell'affrontare e nel portarne a termine la lettura, vi è venuto più che naturale far riferimento a quel film.
Siamo alla fine degli anni Cinquanta e Adam Strickland, giovane laureando, viene inviato dal suo mentore e relatore di tesi, il professor Crispin, in Toscana, a studiare un giardino rinascimentale, dovendosi occupare - in particolare - di una sua sezione voluta da colui che aveva edificato la Villa nella sua interezza per ricordare la moglie morta prematuramente.
Adam intraprende così un percorso indiziario, decodificando riferimenti mitologici e letterari, ritrovandosi ad indagare su di un omicidio avvenuto più di quattrocento anni prima, ma nello stesso tempo mettendosi sulle tracce di un fatto di sangue avvenuto, proprio all'interno della Villa, alla fine della guerra, quando uno dei due figli della proprietaria era stato ucciso (apparentemente) dopo un violento alterco dai soldati tedeschi che avevano requisito un piano della nobile dimora.
Attraverso un percorso tortuoso e difficile, Adam si ritroverà a decifrare correttamente gli indizi, sia dell'evento più remoto sia di quello tragico di pochi anni prima.
Mentre la risoluzione del mistero più antico si dovrà esclusivamente al suo intuito e alla sua perspicacia, nonchè tenacia, per portare la verità inconfutabile sui fatti più recenti egli procederà di passo in passo apparentemente libero e di sua iniziativa, ma nella sostanza condotto da un burattinaio occulto che vuole a tutti i costi arrivare a denunciare la verità dei fatti.
Scritto in una prosa stringente, si legge con passione e ed è stimolante questa piena immersione nella natura - in parte selvaggia - di questo angolo della campagna toscana.
E' fondamentalmente il tema della manipolazione utile per arrivare al disvelamento di una verità nascosta, nel film del pittore e qui nel giovane studioso, a creare un collegamento ideale tra il film del 1982 e il romanzo di gran lunga più tardo, oltre che naturalmente quello del giardino rinascimentale, governato da intenti scenografici e da sottili riferimenti simbologici e mitologici.

(dalla nota editoriale) Nel 1958 Adam Strickland è un laureando di Cambridge, che viene mandato dal suo professore a scrivere la tesi su un celebre giardino rinascimentale di un'antica dimora vicino a Firenze, Villa Docci. Ad attenderlo, però, non ci sono solo le sfarzose feste in terrazza della padrona di casa e le conversazioni brillanti con le rampolle dell'aristocrazia locale, ma anche un complotto la cui ombra ttraversa i secoli e lega insieme due omicidi distanti quattrocento anni. Su tutto e tutti domina l'antico giardino, che sembra esercitare, su chiunque vi entri, un fascino che sconfina nel sortilegio.
L'autore. Mark Mills vive a Londra, dove lavora come sceneggiatore. È autore di vari film, tra cui Il figlio perduto, con Daniel Auteuil e Nastassia Kinski (1988), e The Reckoning, con Willem Dafoe e Paul Bettany (2001). Einaudi ha pubblicato i romanzi Amagansett (2005) e questo Il giardino selvaggio («I coralli», 2008; «ET Scrittori», 2009).