Una struggente narrazione sulle esistenze al limite dei malati terminali, dei comatosi e dei cronici
La vita è una prova d'orchestra (di Elena Loewenthal, Einaudi 2011) è una struggente meditazione sulle esistenze che si spengono nella nostra modernità ipertecnologica, in cui una Sanità disorientata manitene in vita, accudisce, diagnostica e somministra farmaci, ma che spesso, così facendo, relega gli ammalati terminali, quelli affetti da patologie degnerative e cronicizzanti, i comatosi e quelli che riemergono dal coma, con gravi ed irreversibili deficit neurologici in un limbo senza storia e senza speranza.
Eelna Loewenthal è vissuta per quasi un anno a contatto con queste realtà e dalla sua esperienza è scaturito un vero vademecum per chi vuole vedere il volto nascosto della cura, quello fatto di maliconie, di smacchi, di "disattenzioni" alle storie degli altri, ridotti a numeri e a diagnosi, spesso privati (del tutto involontariamente) dello statuto di persone.
Ho letto questo libro con molta malinconia e tristezza, perchè ha alimentato capitolo per capitolo, paragrafo dopo paragrafo le mie personali riflessioni sulla malattia, sul declino e sulla morte.
Ci è voluto coraggio per andare avanti nella lettura proprio per le risonanze interiori che suscitava in me. Come è spiegato in prefazione, l'autrice partendo da una sua diretta esperienza di osservazione, racconta di casi e di situazioni che preferiremmo tenere sempre al margine della nostra coscienza: cioè tutto quantoattiene alle esistenze liminari di coloro che sono colpiti da malattia gravi ed incurabili, oppure fortemente cronicizzanti (ed invalidanti), oppure semplicemente da quella "malattia" insanabile ed inemendabile che è, al giorno d'oggi, la vecchiaia con quel carico di isolamento e di marginalizzazione - rispetto ai flussi produttivi - che comporta.
Ci sono molto dolore e molta sofferenza nelle pagina della Loewenthal, ma anche un pizzico di speranza nel fatto che, grazie ai molti che con dedizione si occupano di queste esistenze al limite, qualcosa possa migliorare nella loro qualità di vita, anche se spesso c'è ben poco da fare, se non esssere accompagnatori e testimoni di questi molteplici declini. La cosa più temibile che implica il vivere un'esistenza al limite è la cancellazione della propria identità e l'oblio della propria storia che non può essere più ne racconta, nè ascoltata, né ridetta. Infatti, l'unica speranza di vita (pur nel confronto con la morte) è quella di scoprire le "storie" che stanno dietro a ciascun declino: la storia individuale è la via di uscita dalla omologazione, poichè rappresenta sino all'ultimo il salvagente a cui l'ammalato o l'anziano da cui la vita fugge via possono aggrapparsi per non essere trascinati verso la cancellazione del proprio esistere e dell'essere esistiti.
Credo che lo sforzo della Loewenthal sia stato proprio quello di ridare vigore e dignità a queste esistenze devitalizzate.
"Per più di un anno ho frequentato ospedali e sale d'attesa, case dove vivono malati, istituti d'ogni sorta. Ho indossato un camice da volontaria e sono entrata in silenzio nel mondo della malattia: leucemie, traumi cranici, rianimazione, dialisi, pronto soccorso... È stata un'esperienza forte e dolce al tempo stesso, in cui puntualmente, parlando con i malati, ascoltandoli o anche soltanto lanciando un'occhiata nelle stanze d'ospedale, a un certo punto scattava un processo d'immedesimazione potente e inevitabile: ho davanti un malato, ma anche me stessa. E così, per me si è a poco a poco dissolto quel confine invisibile ma nettissimo che separa il mondo "normale" e benestante da quello di chi convive con la malattia. La nostra modernità fatta di benessere ha del resto rimosso la malattia da dentro di sé, l'ha "isolata" in quell'altro mondo che sembra non esistere, finché non lo si incontra. "La vita è una prova d'orchestra" racconta alcuni luoghi e alcune storie di questo mondo, attraverso l'invenzione ma a stretto contatto con la realtà."
Elena Loewenthal (Torino, 1960) è narratrice e studiosa di ebraistica. Nel corso degli anni ha tradotto e curato molti testi della tradizione ebraica e d'Israele. Tra i suoi numerosi saggi: Un'aringa in Paradiso. Enciclopedia della risata ebraica (Baldini e Castoldi 1997), L'ebraismo spiegato ai miei figli (Bompiani 2002), e Scrivere di sé (Einaudi 2007). Ha inoltre pubblicato i romanzi Lo strappo nell'anima (Frassinelli 2002), Attese (Bompiani 2004), Dimenticami (Bompiani 2006), Conta le stelle, se puoi (Einaudi 2008 e 2010) , Una giornata al Monte dei Pegni (Einaudi 2010), Un'aringa in Paradiso (2011) e La vita è una prova d'orchestra (2011). Per Einaudi ha curato il volume Haggadah. Il racconto della Pasqua (2009). Insegna Cultura ebraica alla Facoltà di Filosofia dell'Università Vita e Salute San Raffaele di Milano e scrive sulla «Stampa».