Un tempo esisteva il "pubblico ludibrio", quando ancora la pratica della giustizia (e le relative condanne) erano più spicciative e meno affogate nell'oceano della burocrazia o dalle riserve e restrizioni imposti dalle aberrazioni del "politicamente corretto" o del garantismo più estremo.
Tra queste, vi era appunto il pubblico ludibrio che veniva declinato in molti modi possibili: c'era la gogna (fissa o mobile, più leggera), c'erano i pietroni da portare appesi al collo per mezzo di grosse catene, oppure legati con un ceppo ai piedi, oppure ancora - per una sorta di contrapasso l'obbligo di portare appesi al collo rozzi oggetti di legno che rappresentavano la natura dell'infrazione, come enormi dadi di legno nel caso dei giocatori d'azzardo (quando, in alcuni paesi, questi erano vietati) o una grande pipa di legno massiccio (sino ad un certo punto nella Russia degli Zar l'uso del tabacco fu proibito).
La cosa singolare e significativa di tutte queste forme di "pubblico ludibrio" era quello di segnalare che, per il soggetto esposto, erano considerati decaduti temporaneamente i diritti civili usuali e le relative tutele: quindi, tutti si sentivano in diritto di sputare al addosso al malcapitato, se non rovesciargli sopra il pitale con le proprie deiezioni ancora fresche, lanciargli contro uova marce e ortaggi andati a male, insomma di tutto e di più. Qualcuno, particolarmente detestato per ciò che aveva combinato finiva anche lapidato (e, quindi, poteva anche essere accidentalmente ucciso). Ma per chi era esposto al pubblico ludibrio i diritti civili - come già detto - erano sospesi...
Queste pene "minori", per la maggioranza della popolazione dei paesi europei dai secoli bui del Medio Evo sino all'avvento del Secolo dei Lumi facevano da deterrente efficace delle infrazioni e dei reati: si era più timorati, più morigerati, più rispettosi.
Tutto questo, oggi, si è perso: la sfacciataggine dei rei è suprema.
Anche quando sono colti in castagna o con le mani nella marmellata negano spudoratamente o fanno la faccia di bronzo.
Bisognerebbe ripristinare, invece, in modi consoni con i tempi, il "pubblico ludibrio": farne un'istituzione di moralizzazione dei costumi.
Esporre al ludibrio personaggi come Fiorito o come quell'amministratore di un'Agenzia delle Entrate che ha distratto milioni di euro versati dai contribuenti, forse, servirebbe come monito e stabilirebbe una memoria futura di tipo deterrente.
Il Grillismo in qualche maniera - anche se i suoi modi esarcebati non giovano del tutto alla causa del rinnovamento - assolve in qualche modo a questa funzione perduta di controllo dello stato sui comportamenti esecrabili dei cittadini, rozzo ma efficace.

Forse - mi perdonerete l'audacia - è un segno dei tempi: le nostre secolari culture nazionali sono fondamentalmente basate sulla beffa, ma oggi o si fa fronte compatto e pubblico per ridere distruttivamente di qualcuno fulminandolo irreparabilmente in un solo scandalo, oppure si rischia di andar per avvocati - offesa la rispettabilità, offeso l'onore!
Il costante ludibrio personale, il canzonarsi vicendevolmente e senza impegno resta vestigio dei vecchi cuori ancora schietti delle nostre città, dalle Alpi alla Sicilia, di quella comune italianità ridanciana che sa non prendersi sul serio ridendo innanzitutto di sé.
Perciò, adesso o il ludibrio è di un gregge pubblico oppure è conveniente esiliarlo. Ma se si crede in questo valore, d'ironia che pulisce, di riso che spazza la paura, può essere buon esempio (non facile) prendersi di mira da sé per un personalissimo ludibrio, per dire che va bene, che si può fare - che è bello e sano vivere prendendosi in giro.