Questo scritto diaristico risale alla fine di maggio 2013 (più o meno) e l'ho buttato giù poco dopo una mia gita sino alla foce del Belice. Lo scritto è nato come commento alla galleria fotografica che ho pubblicato sul mio profilo Facebook, ma poi per qualche motivo ho trascurato di renderlo visibile su questo blog, pur avendolo già inserito nel suo backstage, in attesa di un'ultima limatura.
Siccome il contenuto è tuttora attuale, lo pubblico adesso.
(Maurizio Crispi) Oggi ho deciso di prendere l'auto ed andare fuori Palermo.
Avevo sentito della Riserva Naturale Orientata della Foce del Belice, come di un posto di mare particolarmente bello e selvaggio e mi è venuta voglia di andare a vedere di persona.
E così sono partito, con il favore di una splendida giornata di sole e di temperatura davvero mite, anche se come sempre non sono riuscito a districarmi dalle cose quotidiane molto presto.
Eppure, appena sono stato sulla strada si dischiude un mondo diverso:
La strada possiede un suo fascino magico e ti afferra subito con le sue seduzioni.
Avevo pochi riferimenti e, probabilmente, quelli che avevo non li ho capiti granché bene.
Comunque, sono riuscito a centrare il mio obiettivo quasi del tutto.
Anche se per motivi di tempo e per mancanza di orientamento nelle spiegazioni che avevo ricevuto sono rimasto sul lato ovest della Foce del Belice, mentre in realtà la mia meta era sul versante est, in corrispondenza del cosiddetto "Casello 41", al di là - procedendo in direzione di Agrigento del Paradise Beach Hotel, ma sempre avendo come riferimento la linea ferrata Castlvetrano-Sciacca, dismessa nel 1986, per mancanza di clienti a causa del boom della motorizzazione civile su ruota.
Dopo Castelvetrano ci si inoltra in una vasta campagna collinare, di vigneti ordinati come scacchiere di diversi cromatismi del verde, ma anche piena di appezzamenti di terreno del tutto abbandonati con casali diroccati e campi riarsi e alberi da frutto in stato di abbandono.
Stringe un po' il cuore a vedere questo degrado, anche se il rigoglio dei vigneti è confortante.
Ci si ritrova poi nell'ampia valle del fiume Belice che appare come un vasto terreno pianeggiante, contornato ai due lati da rilievi collinari e basse alture, quasi parallele, dove - a macchia di leopardo - si ripropone lo stesso aspetto riscontrato prima, con l'alternarsi di campi coltivati e di campi e casali in abbandono.
Molti holiday resort sorgono quasi dal nulla: dev'essere una zona che presenta dei forti flussi turistici a partire dalla primavera da parte di "intenditori" nordici alla ricerca di posti incontaminati e poco chiassosi.
Dopo molto girovagare lungo strade strette e sterrati che sembrano perdersi nel nulla, arrivo finalmente - dietro indicazioni - all'ingresso della Riserva Naturale Orientata.
Dall'area di parcheggio, ubicata presso un antico casello della strada ferrata a scartamento ridotto (ma come ho scoperto poi non era il "Casello 41") ci si deve addentrare in un terreno stepposo interroto da rigogliose macchie di alberi e da canneti.
Si tratta delle dune adiacenti la foce del Belice: dune che, in un tempo remoto per preservare il lavoro agricolo furono in qualche modo "stabilizzate", secondo un trend applicato in molti paesi europei costieri (specie sul versante atlantico), afflitti dalla continua mobilità delle dune.
In molti di questi paesi, si decise appunto di "stabilizzare" le dune per evitare che interi campi agricoli e fattoorie venissero inghiottiti dal loro costante movimento e si ottenne questo risultato, dando vita ad un vero e proprio laboratorio naturale di botanica applicata.
Qui le dune sono state stabilizzate in maniera forse più empirica (con un'azione di rimboschimento con eucalipti ed altre essenze), ma se ne intravede ancora il disegno originario, sino a quando varcando l'ultima cresta sormontata da arbusti piegati dal vento non si scorge il mare e la risacca lieve delle onde.
Il cielo è azzurrissimo, la sabbia calda e soffice sotto i piedi e vedo, all'improvviso, un'upupa, dai colori quasi scintillanti e dalla tipica ed inconfodibile cresta di piume sul capo, svolazzare per poi posarsi in mezzo alla vegetazione.
La ferrovia abbandonata, l'antica casermetta della guardia di Finanza e la torre dell'acqua per il rifornimento delle locomotive a vapore accrescono il senso di mistero e l'impressione di trovarsi in un posto di frontiera abbandonato.
E si possono immaginare imbarcazioni di contrabbandieri avvicinarsi alla riva nottetempo per scaricare i loro carichi.
Ci si chiede cosa dovevano pensare viaggiatori trasportati su quei vagoni, mentre attraversano questa landa avvolti da nuvole di fumo e pizzicati dalla polvere di carbone.
Cammino piano sulla sabbia e arrivo alla foce del Belice, le cui acque corrono tra densi canneti.
Vorrei passare dall'altra parte, ma non è possibile: il flusso d'acqua è piuttosto cospicuo e il fondale è profondo: per attraversare a guado finirei con il bagnare lo zainetto con le mie cose.
E quindi preferisco rinunciare, benché il mio obiettivo sia raggiungere l'altra sponda e proseguire la mia passeggiata verso est.
Ritorno verso l'interno, perché penso che una buona possibilità potrebbe essere quella di passare sul ponte di ferro della ferrovia. Cammino a lungo tra i canneti, percorrendo stretti sentieri e ritorno sulla massicciata della ferrovia, e qui procedo mettendo i piedi sulle traversine che, in parte, sono ormai deteriorate o briciate: e, mentre così faccio, mi sento come uno dei personaggi del romanzo breve di Stephen King, Stand by me.
Reminiscenze letterarie, come sempre!
Arrivo al ponte, infine: che però è sbarrato: un cartello corroso dalla ruggine avverte: "Non oltrepassare. Pericolo di crollo!"
A dire il vero sembra in ottimo stato e perfettamente calpestabile, eppure non oso superare lo sbarramento e transitare dall'altro lato: rimango a guardare con un certo rimpianto l'altra estremità del breve passaggio. E dico a me stesso: "Tornerò la prossima volta per esplorare il lato Est!".
Ritorno in spiaggia e qui, proprio sul limitare della duna, sotto l'ombra di un eucalipto contorto mi distendo a riposare per un po'.
Mi addormento e rimango dormiente per circa un'ora.
Quando mi sveglio è tempo di andare ed intraprendo la strada del ritorno.
Tutto è molto bello. I colori sono estremamente vividi.
Mi chiedo se sia la qualità della luce a provocare questo effetto o una particolare brillantezza delle cose, o se non sia piuttosto il mio sguardo che conferisce a tutte le cose che osservo questa particolare qualità, questa immanente presenza e il loro splendore.
Non saprei.
Tutto il viaggio di ritorno lo faccio alla guida, senza nemmeno un attimo di stanchezza, godendo di questa particolare sensazione di scintillanza delle cose che mi circondano.
Alcune notazioni naturalistiche. La riserva naturale orientata della Foce del Belice e Dune Limitrofe, al limitare tra la Provincia di Trapani e quella di Agrigento ha un'estensione territoriale di circa 130 ettari denominata zona A (riserva) alla quale si aggiungono altri 140 ettari, classificati come zona B in quanto area della pre-riserva.
La riserva naturale della foce del fiume Belice è un'area lacustre costiera estesa per oltre 5,0 km sulla costa meridionale della Sicilia e bagnata dal Canale di Sicilia, tra Marinella di Selinunte e il promontorio di Porto Palo, mentre all'interno è delimitata dalla linea ferroviaria Castelvetrano-Sciacca, sospesa dal 1986. Qui sbocca in mare il fiume Belice dopo un corso di 77 chilometri. Esso nasce all'interno della Sicilia a Piana degli Albanesi ed ha andamento stagionale.
La foce ha zone depresse che periodicamente vengono inondate dall'acqua salmastra.
Il litorale è sabbioso ed è costellato di piccole dune che si spostano sotto l'azione dei venti.
L'ultimo tratto del fiume, penetra all'interno della riserva seguendo un percorso quasi rettilineo per poi distendersi parallelamente al litorale e, dopo aver formato un'ultima ansa, si getta nel mare.
La riserva è stata istituita, soprattutto, per favorire la conservazione e la ricostituzione delle formazioni dunali, della flora e della fauna tipiche degli ambienti sabbiosi. Essa comprende ambienti diversi: le dune, la foce del fiume con la tipica vegetazione palustre e, nella parte più interna, la macchia mediterranea sempreverde.
Foto di Maurizio Crispi