(Maurizio Crispi) Herbert George Wells è uno dei maggiori rappresentanti della narrativa d'anticipazione a cavallo tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX.
I suoi romanzi e i numerosissimi racconti (raccolti nell'opera omnia pubblicata in traduzione italiana da Mursia alcuni decenni fa) parlano dei progressi della scienza, delle inquietudini generati dallo scientismo, quando deve confrontarsi con scoperte che possono essere utilizzate male (vedi, ad esempio, il caso posto dall'uomo invisibile, in cui la scoperta stessa dell'invisibilità ha un impatto destabilizzante sulla psiche dello scienziato), senza alcuna cura del cosiddetto principio di precauzione, oppure di altre che conducono l'uomo a confrontarsi con la vertigine di ciò che sino a prima non era nemmeno pensabile (vedi il caso posto da "La Macchina del tempo" che offre anche una panoramica sui possibili esiti letali di uno sviluppo scientifico esasperato, soprattutto se al servizio dell'industria degli armamenti e delle tecniche di distruzione.
Altri ancora pongono delle questioni metafisiche e perturbanti (come, ad esempio, "The door in the wall") e infine in altri racconti o romanzi Wells pone il tema della fondamentale solitudine dell'uomo nel confronto della vastità dell'Universo, che egli non può in alcun dominare, né controllare.
E' in fondo ciò che traspare nel romanzo "La Guerra dei Mondi" in cui l'Umanità è sottoposta ad un "assalto" da parte di extraterrestri che potranno essere debellati soltanto per via di un accidente del tutto imprevisto.
In ogni caso, si sottolinea in questo racconto che non è l'uomo ad essere al centro dell’Universo in una ormai insostenibile visione antropocentrica, ma che anche lui, come altre creature viventi e senzienti, è mero accidente, scaturito da fortuite circostanze che lo hanno portato ad evolversi in un certo momento e in un certo modo, ma che non lo autorizzano certo a considerarsi il Re del mondo.
La fondamentale solitudine dell'uomo e il suo essere del tutto incapace di confrontarsi con la diversità e la ricchezza di vita dell'universi si vede con molta nettezza nei due racconti "entomologici" intitolati rispettivamente La Valle dei Ragni e L'Impero delle Formiche, cui si aggiunge secondo alcuni critici - a formare un "trittico" - il racconto "Nel Paese dei Ciechi".
I tre racconti sono stati pubblicati da Adelphi nella collana "Biblioteca Minima": i primi due accorpati assieme in volume con un'interessante postfazione di Sandro Modeo (2012), mentre il terzo racconto ha visto la luce, sempre nella stessa collana, alcuni anni fa (2008) anche questo corredato con una nota di Modeo.
Nella Valle dei Ragni racconta di un'incursione in una valle solitaria (con un ambientazione un po' da frontiera western dove gli "incursori si trovano a ddover fronteggiare una mgrazione di ragni giganteschi.
Ne "L'impero delle formiche" si assiste alla comparsa di una specie di formiche di grandi dimensioni che sembrano essere capaci di organizzazione e di coordinamento, con una volontà di conquista nei confronti dei territori abitati dagli uomini. Anche qui il fenomeno inspiegabile prende l'avvio da un luogo recondito del Pianeta (un angolo della foresta amazzonica) e dilaga verso il mondo civilizzato: una nuovo specie di formiche che incarnano il "superorganismo" perfetto, descritto successivamente da alcuni entomologi.
Il paese dei ciechi (The Country of the Blind) è un racconto di H. G. Wells. Il racconto venne pubblicato nell'aprile del 1904 nella rivista Strand Magazine e, solo nel 1911, venne inserito della raccolta di storie di Wells dal titolo The Country of the Blind and Other Stories. In seguito una versione rivista ed espansa venne pubblicata per la prima volta nel 1939 dall'editore Golden Cockerei.
Rimane come uno dei racconti brevi maggiormente noti di Wells ed è sicuramente prominente nella letteratura riguardante i ciechi e la cecità.
Questi tre racconti, hanno valso al grande scrittore britannico la nomea di "entomologo del terrore" e collimano con una sostanziale evoluzione pessimistica del suo modo di vedere il posto dell'uomo nel mondo, sottoposto al confronto con un ambiente ostile ed indifferente, in una dimensione di fondamentale solitudine.
In questo Wells si differenzia profondamente dal quasi coevo Jules Verne, le cui opere sono rimaste sempre pervase da un forte ed incrollabile spirito positivista e non generano certamente nel lettore inquitudine, semmai meraviglia per i progressi della Scienza e delle nuove scoperte possibili.