Quando mio figlio Francesco era piccolino, avevo l'abitudine di prendere nota di fatti ed eventi, per costruire una sorta di diario da assicurare alla sua memoria futura (e non so quanto questo sforzo, visto retrospettivamente, possa avere un senso o se potrà averlo in futuro).
Spesso, mi ritrovavo ad annotare di quegli eventi minuscoli, corredati da brevi dialoghi, che non fissati nella loro forma - esattamente come i sogni - finiscono con l'essere integralmente dimenticati: ma senza nessuna sistematicità, ovviamente. Scrivevo questa annotazioni come capitava...
Ogni tanto, aprendo delle cartelle a caso o esplorando dimenticate "risorse" del PC, mi imbatto in una di queste modeste scritture e la rileggo sempre con una sensazione di meraviglia perchè mi riconduce vividamente ad un un'era quasi arcaica, quasi fossi davanti ad un fermo-immagine... Con una sensazione di spaesamento, erchè il tempo, intanto, è fuggito avanti...
Il breve scritto che segue fa appunto parte di questa serie di annotazioni.
(Palermo, 2003) Siamo al mare.
Da qualche giorno Francesco ha scoperto il piacere di stare ad esplorare gli scogli vicino a riva.
E soprattutto, contagiato dagli altri bambini, vorrebbe catturare i piccoli granchi che vivono negli anfratti algosi di questi scogli.
L'altro giorno si rammaricava con me di non essere riuscito a catturarne nessuno.
Oggi, invece, dopo un po' che siamo arrivati al mare, corre verso di me giubilante.
Ha in mano un bicchiere di plastica bianca e me lo mostra, reggendolo con attenzione.
Papi, papi, guarda guarda qua dentro!
Cosa c'è?
Sono riuscito a catturare quattro granchi. Veramente, uno poi è scappato. Quindi sono rimasti in tre.
Osservo con attenzione il contenuto del bicchiere: è organizzato come un piccolo acquario. Il fondo è ricoperto di sabbia e, poi, per completare il piccolo scenario ci sono anche alcuni fiocchi di alghe dall'aspetto verde-lattugoso.
Al fondo, si possono vedere i tre granchi minuscolissimi, uno di meno di cm nella massima larghezza del corpo, gli altri - ancora più piccoli - saranno dei baby-granchi, a stento arriveranno ad un diametro di 5 mm.
Uno si muove alacremente sul fondo, cercando una via d'uscita.
Gli altri due se ne stanno aggrappati ai fiocchi di alghe e le fanno rotolare.
Francesco è molto fiero della sua preda e soprattutto dell'allestimento che ha realizzato.
Sono piccoli, però sono proprio in tutto e per tutti come i granchi giganti che abbiamo visto all’acquario di Genova.
Gli faccio notare: Mi sbaglio o due dei granchietti non hanno più le chele?
Ma cos'è successo? - gli chiedo.
Sì, è vero: ad uno mancano anche alcune delle zampe.
Preferisco non pensare a cosa sia successo ai poveri granchi.
Forse l'incontro con Francesco è risultato per loro un po' troppo traumatico.
Chissà, quali manipolazioni hanno subito prima di essere catturati.
Mi sono ricordato di quando ero piccolo e a colpi di scarpa distruggevo l'ingresso dei formicai schiacciando sotto il mio tallone centianaia di operose formichine oppure quando cercavo di inviare i raggi del sole concentrati dalla lente d'ingradimento su di una povera mosca ignara.
Piccole forme di sadismo, tipico di una fase dell'infanzia che tutti abbiamo attraversato...
Francesco ribadisce: Erano quattro. Uno è scappato. Quindi adesso sono soltanto in tre.
Ma adesso vado e li libero - aggiunge.
[Bonta sua! - mi ritrovo a pensare]
E gli dico: Mi raccomando mettili dentro l'acqua, non qua sulla sabbia rovente, così almeno hanno qualche possibilità di sopravvivere. Magari gli ricrescono pure le chele.
Bisogna essere ottimisti, molto ottimisti, piccoli miei granchi ignari…
[Una nota di diario, Palermo, il 22.08.2003]