Silenzio profondo
Aria pulita e fresca
Profumo di conifere
La sabbia vulcanica si smuove
leggera sotto i piedi
Mosche e tafanelli
pascolano sulla mia pelle
Moscerini svolazzano attrono al mio volto
Astagalo e ppino laricio
Betulle dell'Etna e ginestre
ancora adore di minuscoli
fiorellini gialli
Tronchi secolari
incisi a lisca di pesce
dai raccoglitori di resina d'un tempo
Distese fitte di felci
all'ombra dei larici
Un paesaggio primordiale,
quello delle grandi foreste post-glaciali
Sembra di essere proiettati
di millenni indietro
nel tempo,
quando la Terra era ancora giovane
Bianchi scheletri arborei
e magiche pietre cannone
lapilli, frustoli di lava
pietrificata, così leggeri,
eppure temibili
quando presero a cadere dall'alto dei Cieli
come fuoco liquido
La sabbia nera,
rossastra a tratti,
che scricchiol sempre sotto i piedi,
dagli echi sonori ferrigni
che evocano la fucina di Efesto
nel ventre del monte
e il clangore di spade ribattute sull'incudine
Turbinii di polvere sottile
si levano dalle cavità profonde
segnate da ogni passo
La potenza della natura:
capace di distruggere in un attimo
e di dar subito dopo spazio
all'inarrestabil vigore della vita che risorge
dal deserto nero di sabbia e roccia
e dal mare pietrificato di roccia nera
Oltre il crinale
s'abbandona il mondo primordiale
e lo sguarda vaga su di un paesaggio lunare,
potente e terrifico,
ma anche lì
friniscono le cicale,
salterine e nero-mimetiche
Il loro movimento
ricompone l'estraniamento,
ma subito lo rilancia
in modi inattesi
Vorrei fermarmi a dormire nel bosco,
sognare,
dimenticare forse,
oppure essere vagabondo delle stelle
e, dall'alto incommensurabile,
osservare i cambiamenti
e il flusso delle trasformazioni
che regolano ogni cosa
Essere nel silenzio
Assaporare
l'ebbrezza della stasi
per poi riprendere a divenire,
seguendo i cicli eterni
della ruota cosmica