Quella che segue è una telegrafica riflessione che mi è sorta spontanea nella mia mente, leggendo un articolo comparso su Micromega online "Io, infermiere, vi racconto l’eutanasia silenziosa nei nostri ospedali".
Ho trovato l'articolo coraggioso ed interessante, anche se - come spiegherò in seguito, il titolo è leggermente fuorviante, poiché sembra che l'articolo sia collocabile all'interno del dibattito sull'eutanasia, mentre invece riguarda principalmente una pratica sanitaria e medica "compassionevoli".
La pratica del medico si muove, nel caso dei malati terminali, su di un difficile crinale: da un lato vi è la china dell'accanimento terapeutico insensato e "fondamentalista", dall'altro lato, vi sono il sentimento della "pietas" e il principio ippocratico che sancisce "Il meno e il meglio".
Se ai medici e al personale addetto alle cure viene lasciata la libertà di comportarsi secondo "scienza e coscienza" (ma anche rispettosi della complessità del Giuramento ippocratico, è possibile trovare una strada sensata e di "pietas" che sembra essere negata e relegata in un canto dai progressi tecnologici applicati dalla Medicina.
Non ci vogliono riflettori, ma soltanto discrezione. E occore lasciare che i medici possano compiere il loro lavoro, senza essere distolti dal timore di sanzioni penali.
L'articolo comparso su MicroMega é la conferma su come sia possibile trovare una terza via rispetto al dibattico eutanasia sì/eutanasia no: quella di una pratica della Medicina centrata sulle persone e sulle loro sofferenze, una declinazione della Medicina che,laddove occorra, sia compassienevole, quella che escluda il culto delle macchine che mantengono in vita a tutti i costi, quella che richiede che, laddove, siano stati fatti tutti i tentativi, la natura faccia il suo corso.
Come alcuni lettori dell'articolo che hanno postato i loro commenti, anch'io ritengo che il titolo dell'articolo sia "sbagliato" o comunque fuorviante, poiché ingenera confusion, riportando il discorso all'interno del dibattito infruttuoso tra sostenitori dell'eutanasia (normata da leggi) e il rifiuto della stessa: una contrapposizione sterile che sinora non ha fatto altro che accrescere in entrambi gli schieramenti di opinioni delle derive fondamentalistiche e fanatiche.
Quello di cui si parla nell'articolo attiene alla messa in pratica di alcuni principi fondamentali della Medicina, che oggi nel fragore delle discussioni e delle contrapposizioni, tendono ad essere dimenticati.
Rimane emblematico al riguardo, il gesto "compassionevole" compiuto dal medico curante di Sigmund Freud, Max Schur, nei confronti del suo illustre paziente, quando - alla fine della lunga e devastante malattia, compresi i numerosi e destruenti interventi chirurigici per imuovere le successive metatastasi, c'era ben poco da fare e rimaneva soltanto un carico di inutile sofferenza.