Mi sono imbattuto, scorrendo un gruppo di Facebook, in un bell'amarcord sulla Fiera del Mediterranneo a Palermo, negli anni Sessanta, scritto dalla palermitana Silvana Carratura, ex-garibaldina (del mitico Liceo Statale Garibaldi di Palermo).
La lettura delle sue parole ha fatto affiorare in me analoghi ricordi
Sì, mi sono ricordato molto bene, nitidamente direi, di quel luogo (che, nel suo degrado inarrestabile, è ancora davanti ai nostri occhi, tutte le volte che passiamo di là) e di quell'evento: "La Fiera Campionaria di Palermo" (nata nel lontano 1946 nell'immediato dopoguerra e rimasta a lungo una delle principali Fiere campionarie del Sud Italia) che si svolgeva immancabilmente tra la fine di Maggio e la prima settimana di Giugno, quando le scuole si avviavano al termine e ci si affacciava - pieni di attese - alla gioia e al profumo dele vacanze estive che scandivano la fase finale di un nostro ciclo di vita.
C'era sempre molta eccitazione quando si arriva in prossimità di quell'evento che, in qualche modo, rappresentava - con la sua ricorsività - una pietra miliare nel nostro percorso di vita e una kermesse irrinunciabile, avendo accompagnato la nostra crescita, da quando piccolini ci andavamo accompagnati dai nostri genitori a quando cominciavamo - timidamente - a fare le prime cose da "grandi".
Per molti, era anche un'occasione di lavoro a tempo, quando i gestori dei diversi stand assumevano personale - si direbbe oggi interinale - per gestire degli orari di apertura molto ampi ed intensi.
In fondo questa Fiera Campionaria (come tutte le altre) nasceva come espressione del boom economico e della ripresa industriale e consumistica di quegli anni dopo il gramo periodo dell'immediato dopoguerra: ed era fatta per parlare di opulenza, per stupire con nuovi artefatti, per invogliare a nuovi consumi, per mostrare molte delle nuove evoluzioni tecnologiche.
Una volta, quando ero già al Liceo ci andai con i miei compagni di scuola: l'obiettivo era quello di ingozzarsi con le varie schifezze gastronomiche e andare al Luna Park. Già eravamo inebriati del fatto che potevamo andarci da soli, senza i grandi che fossero genitori o cugini più maturi: eravamo grandi, insomma!
Mia madre in quell'occasione mi aveva dato 10.000 lire (con la raccomandazione di spenderle oculatamente) ed io le misi nella tasca dei jeans.
Quando cercai quei soldi, scopersi che la banconota non c'era più: forse mettendo e levando le mani dalle tasche l'avevo fatta cadere fuori.
Grande scorno e delusione (quasi alle lacrime, prontamente nascoste per non sfigurare davanti ai mei amici/compagni): e non potei fare nulla di ciò che avevo preventivato, accontentandomi di vivere delle briciole che mi passarano i miei amici.
E, ogni anno, i mesi che precedevano l'esordio della Fiera Campionaria di Palermo erano carichi di grande attese.
Ma poi tutto passava e riprendeva il solito tran tran, senza che nulla di particolare fosse accaduto.
Eppure, in qualche modo, quello era un appuntamento importante che, di anno in anno, ci dava la misura di quanto nel frattempo fossimo cambiati.
Ecco di seguito il contributo di Silvana Carratura.
(Silvana Carratura) Negli anni '60 a Palermo, per noi ragazzi, la Fiera del Mediterraneo era davvero un avvenimento a cui non si poteva assolutamente mancare.
Alcuni arrivavano a marinare la scuola al mattino per perdersi in una giornata di sole tra padiglioni e giochi al lunapark; altri preferivano andare al sabato pomeriggio coi compagni di scuola o con il primo amore, che tornava a casa regolarmente con un pesciolino rosso ne sacchetto di plastica ricolmo d'acqua o con un pulcino colorato pigolante dentro ad una piccola scatola di cartone.
Da impazzire - per i più golosi - era la capatina al villaggio gastronomico, dove si potevano gustare dei tortellini al ragù, gustosissimi nella loro piccola teglia in carta d'alluminio [a quel tempo erano ancora oggetti usa-e-getta quasi avveniristici - ndr], e il gelato che usciva dalla macchinetta, multicolorato e striato... una leccornia che soddisfaceva non soltanto il palato ma anche gli occhi.
Al lunapark, invece, era immancabile la visita alla galleria dei fantasmi, dove si entrava in due su una automobilina che - con molta lentezza - percorreva un tunnel dove si veniva letteralmente terrorizzati dall'improvvisa apparizione di fantasmi, scheletri, mentre si rabbridiva quando si veniva toccati da ali di pipistrello e sfiorati da tele di ragno. Durante il passaggio noi gridavamo fortissimo, un po' per esorcizzare la paura ed un po' per gioco, mentre ci stringevamo ancora di più al nostro compagno di percorso, che quasi sempre era il nostro ragazzo... Bei tempi...
Anch'io una volta portai a casa un pulcino verde, chiuso in una scatola coi buchi per permettere che respirasse.
Arrivata a casa fu l'apoteosi, ma il pulcino restò e visse... Fu portato in campagna e tenuto in grande considerazione, al punto che mia madre che certo non era abituata ad avere polli, usava dargli dei fili di pasta al sugo e Ciò-ciò, così lo chiamai, sembrava gradirli infinitamente. In sintesi fu quasi ammaestrato e visse da solo, coll'unico contatto delle persone che lo accudivano, ma per tutta la vita lontano dai suoi simili... Quando morì, poi, tutta la mia famiglia si rattristò e gli diede degna sepoltura....