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Cammino
all’interno d’un grande appezzamento
di terreno incolto,
circondato da alte mura possenti
su due lati
lunghi quanto un campo di calcio
(e forse di più)
Su di uno dei lati corti
(che è poi quello da cui provengo)
c’è un edificio fatiscente
adibito a dubbio luogo di ristorazione
(che deve aver visto giorni migliori)
Il quarto lato,
quello verso cui procedo,
é aperto verso il mare
che s’intravede nella distanza
azzurro e scintillante
Una visione da sogno
che contrasta con lo squallore
di questa corte interna,
invasa dalla crescita selvaggia di male erbe
e ingombra di rottami e sfabricidi,
attraverso cui io incedo
Il fido Black mi precede,
non al guinzaglio stavolta
Trotta gioiosamente
e fa grossi balzi
Caracolla come un puledro imbizzarrito ed eccitato,
nevrile,
o forse si tratta soltanto
di giovanile energia
e naturale impetuosità
Poi lo vedo scivolare
dentro una grossa buca fangosa
da cui sembra emergere
la testa di un toro lì abbandonato,
forse morente
Penso allarmato
che quella buca possa essere
una trappola di sabbie mobili
(ed entro in allarme per Black
nell’eventualità che venga catturato
da quella insidia letale)
ma sono al contempo infastidito
al pensiero che lui,
seguendo la sua natura
ferina ed ancestrale
possa indugiare a rotolarsi
con goduria
in quella melma
puzzolente e fetida
Sì sa che i cani
che abbiano lo spirito della caccia
ancora vivo
facciano ciò molto volentieri
per mascherarsi olfattivamente
o anche soltanto per il piacere di farlo,
afinalistico
Lo chiamo più volte
Black!
Black!
Black!
E mai risponde
Poi lo vedo balzare fuori dalla fossa,
lasciando il toro morente al suo destino
per proseguire nella sua corsa gioiosa,
pur rivestito ora da capo a piedi
di melma verdastra e purulenta
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Mi accorgo con allarme
che dalla direzione opposta avanza
un coccodrillo enorme
(o forse si tratta di una gigantesca salamandra),
un essere preistorico,
di immani proporzioni,
dal corpo ferrigno ricoperto
di grosse piastre verdastre,
luogo di crescita
d’un fitto manto di alghe
e incrostato di cirripedi,,
le zampe arcuate
grosse come tronchi
Un’entità primitiva
che sembra essere uscita da un incubo
o da una delle tante versioni filmiche
di King Kong
Forse, proprio grazie alla mimetizzazione fangosa,
Black passa inosservato
e prosegue oltre,
verso il mare,
verso la libertà
Il mostro continua ad avanzare
verso di me,
impedendomi di fatto
il passaggio
Ad ogni suo movimento
il terreno trema
sotto i miei piedi
Quello potrebbe ghermirmi in un sol boccone
oppure potrebbe spezzarmi in due
con un semplice colpo di coda
Non ho alternative
Ritorno indietro
verso quel ristorante terzomondista
Entro e grido
a gran voce,
cercando di avvisare
eventuali avventori e lavoranti
del pericolo imminente
Ma le mie grida sono inani
Non c’è nessuno ad ascoltarmi
Il mostro avanza alle mie spalle
Black tutto insudiciato
se ne é corso via
verso la libertà
Ed io?
Cosa mi rimane da fare
per avere salvezza?
Dissolvenza
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