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Lupo (titolo originale: Wolf. A False Memoir, nella traduzione di Fenisia Giannini e pubblicato da Baldini&Castoldi nel 1996) )è stato il romanzo d’esordio di Jim Harrison, prolifico autore di romanzi e di raccolte di poesie, uscito in lingua originale nel 1971.
“I miei interessi sono anacronistici: la pesca, i boschi, l’alcol, il cibo l’arte“, afferma il protagonista di Lupo, facendo finta di dimenticare che, forse, in cima alla sua lista andrebbe collocato il sesso: l’unico, spiega a non essere stato del tutto atrofizzato dal progresso. Ma ora si trova a vagabondare nei boschi del Michigan, nella vana speranza di vedere un lupo, ed è giunto il momento di fare ordine nel caos che ha in testa.
A modo suo ovviamente: “Avevo cambiato la mia vita tanto spesso da decidere alla fine che non c’era stato niente da cambiare“.
Prima opera narrativa di Jim Harrison, Lupo, pubblicato nel 1971 è un libro insolito nella letteratura americana di allora ed anche di oggi: è stato indubbiamente influenzato dallo spirito libertario degli anni Sessanta facendo un primo, dissacrante bilancio della generazione vissuta all'insegna della tanto citata triade (sesso-droga-rock'n roll) ma vuole anche rappresentare la ricerca di un'impossibile purezza a contatto con la natura.
Fa tesoro della lezione di Hemingway e di Kerouac, anticipando i romanzi di James Dickey e Cormac McCarthy, mentre cerca un’affinità elettiva, impossibile quanto esilarante, tra Walden di Thoreau e Tropico del Cancro di Henry Miller.
Da Boston a New York, da San Francisco a Cincinnati, il protagonista-narratore Swanson, trasparente alter ego dell'autore, racconta peregrinazioni picaresche da un letto a un bar, da un'autostrada nel deserto all'idillio apparente di un ruscello tra i boschi.
Come in un road movie, sfila un’America sconosciuta ed eccessiva, innocente e perversa, che oltre vent’anni trascorsi dalla pubblicazione del libro non hanno fatto invecchiare.
Un’America “sfinita dalla provvisorietà“ che cerca “qualcosa di durevole“, dove si rispecchiano frenetica voglia di vivere e memento mori, anarchia, retaggi calvinisti.
Aspirante scrittore, tenuto la larga degli snob del Greenwich Village (dei quali si vendica portandosi a letto le loro donne), Swanson che, come già detto, è l'alter ego dello scrittore stesso non si nega ad alcuna esperienza, finché il portafoglio glielo permette, e accetta qualsiasi lavoro quando ha bisogno di denaro fresco. E quando fugge in mezzo alla natura selvaggia, sa che “nei boschi non c’è romanticismo“.
“Nel mio amore per la natura“, precisa, “c’è una notevole mancanza di serietà: in quasi tutte le escursioni che ho fatto mi sono caricato di ingombranti bottiglie di bourbon”.
Non c’è spazio quindi per l’agno e filosofia di seconda mano: Swanson è per i “lieto fine, soprattutto si è dispersi dal alcol“.
E' convinto che, se riuscirà a vedere un lupo, la sua vita cambierà.
“Mi avviai lungo la sponda, aprendomi un varco tra gli arbusti, l’occhio attento a eventuali orme di lupo dove c’erano strisce di sabbia. In teoria, nell’area doveva essercene più o meno una decina, e desideravo disperatamente di vederne uno. Sentivo che, se fossi riuscito, il mio destino sarebbe cambiato. Forse l’avrei seguito finché, fermatosi mi avrebbe salutato, ci saremmo abbracciati e io sarei diventato un lupo”
Swanson giunge allo stesso tempo alla consapevolezza, amara ma concreta, "che nei boschi non c'è romanticismo né redenzione possibile”.
In lui è già presente quell’amarezza asciutta del miglior Harrison: la sua ricerca di una “comunanza“ - che sia con la natura o con un essere umano - è destinata a fallire; e d’altra parte "non c’è poesia nell’essere soli“.
Il film che da Lupo è stato tratto (Wolf - La belva è fuori) è decisamente fuorviante, poiché la narrazione - per quanto allegorica - fa apparire che Swanson durante una delle sue peregrinazioni boschive viene effettivamente "toccato" dal Lupo o che addirittura ne viene morso, andando incontro a delle trasformazioni fisiche, quasi che si trasformasse per "contagio" in un lupo mannaro.
Il regista ha deciso di rappresentare così il vitalismo energizzante rappresentato dalla potenza ferina e dalla forza del Lupo, come quintessenza della wilderness.
Per alcuni aspetti Lupo rappresenta un'epoca che è quella della Beat Generation e del Verbo del tanto decantato ritorno alla natura (si pensi al revival di Walden, proprio in quegli anni): e, infatti, proprio per questo motivo ho ritenuto che la collocazione corretta di questo romanzo-memoir dovesse essere tra i libri (saggi, memoir e testimonianze) della Beat Generation (tanto più significativo se se si pensa che Jim Harriason non credo abbia aderito a questo momento o se ne sia sentito parte.
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L’autore. James Thomas Harrison, conosciuto come Jim Harrison (Grayling, 11 dicembre 1937 – Patagonia, 26 marzo 2016), è stato uno scrittore e poeta statunitense.
Ha esordito come scrittore con Lupo (Wolf, 1971), romanzo dal tono personale e ribelle, seguito da L’uomo dei sogni (Farmer, 1976) e da Lo stregone (Warlock, 1981). Vento di passioni (Legends of the fall, 1978), raccolta di racconti di ambiente rurale, gli hanno dato la fama, confermata dai racconti di Società Tramonti (The woman lit by fireflies, 1990), Julip (1994), L’estate che lui non morì (The summer he didn’t die, 2005, nt) e dal romanzo Ritorno sulla terra (Returning to Earth, 2007).Tra le raccolte poetiche, Teoria e pratica dei fiumi e nuove poesie (The Theory and Practice of Rivers and New Poems, 1989, nt), Dopo Ikkyu e altre poesie (After Ikkyu and other poems, 1996, nt), Salvare la luce del giorno (Saving daylight, 2006, nt).
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Wolf - La belva è fuori - Wikipedia
Wolf - La belva è fuori Will Randall ( Jack Nicholson) in una scena del film Titolo originale Wolf Paese di produzione Stati Uniti d'America Anno 1994 Durata 125 min Rapporto 1,85:1 Genere ...
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