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Qualche giorno fa sono stato in un ufficio comunale per ritirare un documento richiesto da un mio amico che sta fuori Palermo.
Sono stato introdotto all'interno e ho atteso che la dipendente, al momento impegnata altrove (E? nell'ufficio del Dirigente!", mi avevano detto), si liberasse, per consegnarmi il documento in questione.
L'attesa si è protratta per circa mezz'ora.
Il luogo pareva un mortorio.
I banconi che un tempo servivano a separare gli impiegati dal pubblico (che posso immaginare scalmanato, variegato e vociante) erano adesso collocati contro le pareti, essendo decaduta la loro funzione primaria (di separatori e distanziatori) e essendo stati lasciati soltanto per svolgere una mera funzione di ripiano di appoggio (o forse in attesa di qualche cambiamento con un ritorno dell'apertura al pubblico nelle modalità del tempo andato pre-Covid)
I pochi arredi moderni apparivano già fatiscenti e già in evidente stato di deterioramento.
Dal mio punto di osservazione potevo vedere un attaccapanni a piantana di foggia moderna (nello stile anonimo della mobilia per ufficio) rotto e appoggiato tutto storto (e ad altezza dimezzata) contro un muro.
I pochi computer di tecnologia già obsoleta non aggiungevano all'insieme un tocco di modernità (come a dire siamo nel XXI secolo), ma gli conferivano un tocco assieme grottesco e ridicolo (una sorta di archeologia della modernità).
Per non parlare poi dei cumuli di enormi registri che sempre venivano trascritti a mano nei quali venivano registrate nascite e morti.
Osservando un po' sonnolento questi registri, in parte impilati su diversi piani d'appoggio, in parte in piedi come soldatini su capienti scaffalature, mi pareva di scivolare indietro nel Medioevo.
Certo ci sono anche gli "archivi storici" che custodiscono registri di varia natura, trascrizioni di atti e transazioni e, nell'insieme, documenti preziosi per gli storici (e loro vivaddio! hanno una loro inestimabile importanza.
Ma vedere un ufficio pubblico con questa accozzaglia di antico e moderno e con il moderno ancora più fatiscente e maltenuto dell'antico dà l'idea di essere stati catapultanti all'interno di un mondo decadente e prossimo allo sfacelo, soprattutto quando vedi che coloro che ci lavorano fanno parte di un personale ridotto all'osso, le cui vite si sono consumate là dentro divenendo esse stesse stantie e polverose: personaggi tristi che si aggirano in quegli spazi come ombre o fantasmi sperduti all'interno di un universo kafkiano in cui non c'è riscatto possibile. Come se fossero già morti, per alcuni versi.
Forse questa sensazione deriva anche dal fatto che con il Covid gli uffici pubblici di Palermo (almeno, per quanto riguarda la mia personale esperienza) si sono radicalmente blindati, e tali sono rimasti anche dopo il cessare dell'emergenza (senza un motivo apparentemente, se non quello di consolidare la protervia e l'inaccessibilità della burocrazia).
Forse, proprio per questo danno l'impressione di essere del tutto devitalizzati, spenti, catacombali.
In fondo la vitalità era loro conferita, pur sempre all'interno di un universo kafkiano, dal quotidiano accesso di un pubblico vociante, a volte irato, a volte ruvidamente ironico e dalle molte storie di vita che vi venivano narrate durante le infinite ore di attesa.
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