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15 dicembre 2022 4 15 /12 /dicembre /2022 13:43
James Flint, Habitus, Tropea

Habitus (nella traduzione di G. Zurlino), opera narrativa prima di James Flint, pubblicata da Tropea Editore (Collana I Marlin) nel 1999, è stato per me una lettura laboriosa e complessa, ma alla fine ce l’ho fatta sa nuotare sino all'ultima riga. A questa lettura sono giunto dopo avere letto il secondo romanzo pubblicato dall'autore che è "52 magie per l'America", sempre proposto da Tropea nel 2004. Quest'ultimo mi piacque e, incuriosito dall'autore, sono andato a cercarmi le altre opere disponibili, imbattendomi appunto in "Habitus".
Direi che si tratti di un romanzo alquanto metafisico (e se vogliamo filosofico), anche se nei cataloghi di libri in vendita online viene rubricato tout court come opera di “fantascienza”, ma in realtà non lo è. L'impostazione filosofica è chiaramente definita dall'epigrafe in capo al testo che è una lunga citazione di Gilles Deleuze, dallo scritto "Differenza e ripetizione", proprio su una possibile definizione filosofica di "abitudine".
Scritto alla fine degli anni Novanta racconta di tre vite (quelle di Jennifer, di Judd e di Joel) che si intrecciano tra di loro generandone una quarta, una bambina dotata di due diversi cuori, come due sono i suoi padri, Emma, che sin da subito appare dotata di poteri psichici straordinari tanto da dover crescere da reclusa nello stesso ospedale in cui è stata partorita. 
Emma con queste doti straordinarie porta Jennifer, Judd e Joel a convergere verso di lei per l’attuazione di un evento straordinario.
Altro personaggio chiave della narrazione è la cagnetta Lajka, che ha il primato triste di essere stata il primo mammifero ad orbitare attorno alla Terra (in realtà, mori quasi subito, il 3 novembre 1957, e - a casa di ciò l'esperimento venne trasformato in una grottesca messinscena per far credere al mondo che la cagnetta avesse effettivamente orbitato attorno alla Terra) e che l’autore immagina perennemente in orbita attorno alla Terra sino ai fatti da lui narrati e poi per sempre in connessione con la Rete, grazie agli straordinari eventi in cui convergono le vite dei tre personaggi principali.
La narrazione che si snoda su questi diversi piani é fantasmagorica: Judd e Joel, ciascuno per motivi diversi coltivano la possibilità di tradurre tutto in dati allo scopo, il primo, di potere azzeccare le giuste combinazioni nel lancio dei dadi e in altri giochi d’azzardo e il secondo, attraverso una follia combinatoria sempre più incalzante, di immettere nella rete tutto l’universo (attraverso la registrazione di ogni tipo di misurazione) e di potere creare così facendo un golem cibernetico, mescolando assieme i dati della scienza, delle sue capacità di calcolo e di speculazione con la Cabala e altre culture esoteriche ebraiche.
Alla fine, tutti quanti si dissolveranno per trasformarsi attraverso la rete è le sue iperconnessioni in un sovraorgamismo che finirà con il pervadere di Sè tutto il mondo sensibile e che, attraverso il contatto con la cagnetta Lajka (che funge da super-modem e da connettore) si estenderà anche allo Spazio intero.
Il finale mi ha molto fatto pensare a quello di Lucy, uno degli ultimi film di Luc Besson (2014) e all’architettura narrativa del coevo Transcendence (Wally Pfister, 2014, USA).
Per questi aspetti lo si potrebbe anche considerare un romanzo "cibernetico", certamente accostabile al filone "cyberpunk", inaugurato da William Gibson e da Bruce Sterling, anche se qui siamo di fornte ad un'elaborazione che è fondamentalmente filosofica con qualche derivazione misticheggiante.

(Sinossi) Nel 1957 i russi lanciano nello spazio la cagnetta Laika. Nel 1960, Jennifer Several  nasce nell’ospedale psichiatrico di Stratford-upon-Avon, dove è stata internata la madre. Tredici anni dopo, la vivace ragazzina sedurrà prima Judd Axelrod, figlio di un nero arrivato ai vertici dell'IBM e di una starlet di Hollywood, e, poco tempo dopo, Joel Kuge, ebreo osservante e genio matematico.
Nessuno dei tre può nemmeno lontanamente immaginare le conseguenze di quegli attimi di passione. Judd verrà consegnato alla mercé di un inquietante psicoanalista, il dottor Schemata, al quale riuscirà a sfuggire solo grazie al suo speciale talento per il gioco d'azzardo. Joel, d'altra parte, comincerà a coltivare ossessivamente l'idea di creare un supercomputer capace di spiegare le cause dell'Olocausto ed escogiterà teorie sempre più bislacche. Intanto Jennifer darà alla luce una bambina che ha due padri (di fatto, un super-bambino con doppio corredo genetico). Sopra tutti loro la cagnetta Lajka continua ad orbitare intorno alla terra, nutrendosi del flusso di informazioni mediatiche che il pianeta produce ininterrottamente. 
Le vicende di questi tre personaggi si intrecciano con un'indagine irriverente della rivoluzione digitale e dei legami tra la conquista dello spazio, la matematica, la genetica e il gioco d'azzardo in un romanzo che trabocca d'erudizione e di humour.
Attraverso una straordinaria capacità inventiva che incuriosisce e coinvolge, Habitus racconta le nostre relazioni con le macchine che creiamo e con la storia che ha creato noi. 
Da Stratford-on-Avon a Cambridge, da Las Vegas alla Svizzera, attraverso la storia e le ossessioni dei suoi personaggi, Flint ci porta in un romanzo-affresco traboccante di umorismo ed erudizione, e insieme satira della rivoluzione tecnologica, affascinante esplorazione della corsa allo spazio, matematica, giochi e visione filosofica delle macchine che abbiamo creato come della storia che ci ha portato ad essere quello che siamo noi. Una lettura-avventura mozzafiato del mondo contemporaneo!


 

James Flint

"Un genio matematico, esperto di cabala, un ragazzo con il gioco d'azzardo nel sangue, una ragazzina che li seduce entrambi sotto lo sguardo vigile di Lajka, la cagnetta spaziale. Una storia d'amore, all'epoca delle tecnologie avanzate."

L'autore. Nato nel 1968, James Flint è cresciuto nella campagna inglese immerso nel mondo dei fumetti, della fantascienza e dei computer. Piccoli lavori, tour mondiale e studi a Oxford ma il giovane James preferisce le ragazze, l'hashish e il sassofono. Dopo un soggiorno negli Stati Uniti e un dottorato all'Università di Warwick, ora lavora per The Independent e la rivista Mute. Habitus è stato il suo primo romanzo.

(wikipedia) Abito, dal latino habitus, che traduce il termine greco aristotelico héxis, può significare un modo di essere, comportamento, disposizione. Il termine abito implica quello derivato e connesso di abitudine a sua volta collegato a carattere.

La derivazione primitiva del termine è échein che vuol dire possedere: in relazione a questo significato si ha

  • in senso transitivo come il possedere qualcosa coincide con la categoria dell'avere aristotelica. Inteso come avere una forma è il contrario di stéresis, privazione
  • in senso intransitivo, riflessivo, l'abito è un modo di essere (in greco antico houtòs échein, possedersi, stare, comportarsi in un certo modo).

In questo secondo senso assume il significato di comportamento che dura nel tempo, una reazione costante di fronte a qualcosa: per esempio reagire bene o male di fronte all'insorgere di passioni. 
In questo secondo caso il termine più specifico è quello di disposizione (diàthesis), intendendo l'abito come una caratteristica costante che resiste ai cambiamenti come ad esempio il sapere o la virtù al contrario ad esempio della malattia o del piacere che invece sono comportamenti discontinui e passeggeri. 

Mentre gli abiti che riguardano la ragione, ad esempio le scienze, si acquisiscono con il tempo tramite l'insegnamento e l'esperienza, gli abiti che si riferiscono alla pratica, alle azioni concrete, si determinano tramite l'abitudine.

L'abitudine (ἔθος, èthos) è dunque l'attività pratica di un individuo con un determinato abito. Vale a dire il modo di comportarsi di un individuo a seconda del suo carattere (ἔθος, èthos)
In questo senso l'individuo agisce secondo un'abitudine, sostiene Aristotele, che non vuol dire conformarsi alla natura, come accade con la sensazione, né contro la natura, come avviene con la violenza ma il carattere «è cosa simile alla natura», poiché tramite la ripetizione continua di comportamenti porta in noi alla luce delle caratteristiche naturali che possediamo in potenza, trasformandole in attuali abiti costanti, quasi in una «seconda natura», una natura acquisita.

Abitudine è anche sinonimo di consuetudine (ἔθος, èthos) o familiarità (synetheia) intesa come dimestichezza formatasi dopo ripetute abituali esperienze.

La condotta consuetudinaria e abituale di un individuo, secondo il suo carattere, genera quindi l'etica, un comportamento morale individuale ripetuto e costante.

In sociologia l'habitus è la condivisione di uno spazio sociale che permette di avere una medesima percezione delle pratiche sociali tra i componenti di una società. Aristotele lo chiamava hexis tradotto poi nel latino habitus. L'Habitus costituisce un "Sistema di disposizioni durabili e trasferibili, Strutture Strutturate, predisposte a funzionare come Strutture Strutturanti" per la maggior parte di natura inconscia. Pierre Bourdieu, per habitus, intende la chiave della riproduzione culturale, essendo strettamente collegato alla struttura di gruppo sociale (classe, fede religiosa, etnia, livello di istruzione, professione, e via dicendo), è in grado di generare comportamenti regolari che condizionano la vita sociale. Per lui, l'Habitus è il principio generatore e unificatore che ritraduce le caratteristiche intrinseche e relazionali di una posizione, in uno stile di vita unitario, ossia un insieme unitario di persone, beni e pratiche. Gli Habitus sono differenziati ma anche differenzianti. Sono, dunque, anche operatori di distinzione: mettono in atto principi di differenziazione differenti o utilizzano diversamente i principi di differenziazione comuni. Egli lo paragona a un programma auto-correggibile.

Lo stile personale, quel particolare stampo che marchia tutti i prodotti dello stesso habitus, sia nel comportamento sia nel lavoro, non è nulla di più di una deviazione rispetto allo stile di un determinato periodo o di una classe.

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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