Questo mi ritrovai a scrivere, una decina di anni fa (il 16 dicembre 2010) in occasione di una nuave edizione (con nuova traduzione) di un classico autobiografico di Jack London
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Per chi ama la grande scrittura di Jack London, è uscita il 9 dicembre 2010 una nuova edizione di John Barleycorn. Memorie alcoliche, curata da Davide Sapienza uno dei massimi conoscitori dell'opera del grande scrittore nordamericano, per l'editore Mattioli 1885, che sta ripubblicando vere e proprie chicche di London In questo testo, per la prima volta dato alle stampe nel 1913, vi è l’autobiografia di un bevitore (rispecchiante senza pudori le personali esperienze dell'autore), dal rifiuto dell’alcol all’impossibilità di vivere senza, sino alla difficile vittoria finale.
"Il John Barleycorn di queste pagine è un vero e proprio personaggio che si incunea nella personalità, che spezza in due l'essere umano, che lo aiuta ad auto ingannarsi: una figura che appartiene alla vita di milioni di persone e non per forza sotto forma di dipendenza dall'alcol (la lobotomia della televisione odierna, è probabilmente il nostro John Barleycorn più insidioso che addormenta le coscienze e distrugge i sentimenti profondi). London scrisse John Barleycorn consapevole di dare scandalo, perché mai prima di allora uno scrittore così famoso aveva fatto un simile coming out nel nome del popolo, che nel libro egli definisce come la sua ultima illusione" (dalla prefazione di Davide Sapienza)
Alla sua uscita, l'opera di Jack London ebbe una vasta risonanza; sia perchè per la prima volta un bevitore veniva allo scoperto raccontando la sua esperienza sino al punto dell'"aver toccato il fondo" (esperienza negata alla fine del testo dallo stesso autore: "Ma la mia non è la storia di un ubriacone redento. Non sono mai stato un ubriacone e non mi sono mai redento", p.248, edizione 1980), sia perchè il suo contenuto s'innestava sulle campagne moralizzatrici tendenti a ridimensionare, nella società anglosassone e nordamericana del tempo, l'abuso alcolico, in cui faceva comodo indubbiamente rappresentare lo stesso Jack London come un ubriacone perso. Vedi ad esempio l'azione pressante in questo senso dell'Esercito della Salvezza negli Stati Uniti od anche il movimento dei tee-totallers in Gran Bretagna.
Infatti, "...ministri di culto lo considerarono [e lo citarono come - nda] una lezione morale contro l'alcoolismo, movimenti a favore della sobrietà, organizzazioni proibizionistiche, leghe antisaloon, ne fecero proprio l'assunto, ne stamparono stralci in opuscoli che diffusero a centinaia di migliaia di copie... Dal libro fu tratto un film; i distillatori impegnarono grosse somme di denaro per farlo sopprimere (...) Benchè vi avesse dipinto la sua vittoria sull'alcool, il pubblico che così spesso stravolge il senso di ciò che legge, bollò Jack London come un ubriacone..." (da un commento di Irving Stone, citato in quarta di copertina dell'edizione italiana del 1980, per i tipi di Serra e Riva Editore, con la traduzione di Stefania Bertola).
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Il titolo del romanzo autobiografico di Jack London è, peraltro, cogente ed evocativo, sia perchè si innesta nella cultura pop-rock, sia perchè affonda le sue radici nel mito e nelle credenze arcaiche del mondo contadino.
John Barleycorn (letteralmente: John Grano d'Orzo) è un album della progressive rock band inglese Traffic, pubblicato nel 1970. Il brano dell'album che dà il titolo alla raccolta è l'arrangiamento di una ballata tradizionale inglese e, per chi si ricorda, venne anche incluso nella colonna sonora del film Nirvana di Gabriele Salvatores.
"John Barleycorn" è una ballata tradizionale diffusa in Inghilterra e in Scozia, incentrata su questo personaggio popolare, che è poi lo spirito e la personificazione della birra e del whisky.
Del testo della canzone esistono diverse versioni, raccolte in varie epoche, a partire dal 1600, tra cui una versione più ampia curata dal poeta nazionale scozzese Robert Burns. Di seguito, si può leggere la traduzione del brano nella versione più comune, quella usata dai Traffic. Molti altri cantanti e gruppi inglesi hanno comunque interpretato questo pezzo tradizionale: gli Steeleye Span, Martin Carthy, John Renbourn e altri.
Nella canzone tradizionale inglese confluiscono miti, credenze e usanze scaramantiche che arrivano direttamente dagli albori della civiltà, dall'inizio della civiltà contadina, usanze che sono state seguite in Inghilterra in queste forme fino ai primi decenni del '900.
C'erano tre uomini che venivano da occidente, per tentare la fortun
e questi tre uomini fecero un solenne voJohn Barleycorn deve morire
loro avevano arato, avevano seminato, loro avevano dissodato
e avevano gettato zolle di terra sulla sua testa
e questi tre uomini fecero un solenne voto
John Barleycorn era morto
lo lasciarono giacere per un tempo molto lungo, fino a che scese la pioggia dal cielo
e il piccolo sir John tirò fuori la sua testa e lasciò tutti di stucco
loro l'avevano lasciato steso fino al giorno di mezza estate e fino ad allora lui era sembrato pallido e smorto
e al piccolo Sir John crebbe una lunga lunga barba e così divenne un uomo
loro avevano assoldato uomini con falci veramente affilate per tagliargli via le gambe
l'avevano avvolto e legato tutto attorno, trattandolo nel modo più brutale
avevano assoldato uomini con i loro forconi affilati che avevano conficcato nel (suo) cuore
e il carrettiere lo trattò peggio di così
perché lo legò al carro
e andarono con il carro tutto intorno al campo finché arrivarono al granaio
e fecero un solenne giuramento sul povero John Barleycorn
assoldarono uomini con bastoni uncinati per strappargli via la pelle dalle ossa
e il mugnaio lo trattò peggio di così
perché lo pressò tra due pietre
e il piccolo Sir John con la sua botte di noce e la sua acquavite nel bicchiere
e il piccolo sir John con la sua botte di noce dimostrò che era l'uomo più forte dopo tutto
il cacciatore non può suonare il suo corno così forte per cacciare la volpe
e lo stagnaio non può riparare un bricco o una pentola senza un piccolo (sorso) di grano d'orzo.
Il significato metaforico del testo è abbastanza chiaro: è una allegoria della produzione del whisky, "nettare" in cima ai desideri alcolici degli inglesi, dalla semina fino al raccolto; ma perché il piccolo John Barleycorn deve essere ucciso, e perché in questo modo brutale? E dopo essere diventato un uomo?
Sembrerebbe che, nella ballata, convergano delle rappresentazioni ben più antiche sulla morte e la rinascita, collegate agli antichi riti pagani della fertilità.
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John Barleycorn così è la personificazione dello "spirito del grano", che si ritrova in tutte le società agricole fin dalla preistoria, a volte in forma maschile a volte in forma femminile (la madre del grano).
Lo spirito del grano è la spiegazione mitica del mistero contenuto nel continuo rinnovarsi della vita: dai semi del grano vecchio (che muore) nascerà l'anno successivo il nuovo raccolto.
La nascita del grano nuovo, e quindi del cibo, fonte principale e quasi unica di sostentamento e vita nella civiltà contadina, non era certo un fatto secondario: giustificava attenzioni particolari, fino a sacrifici propiziatori rituali, in alcuni casi anche umani, o, più tardi, a rappresentazioni allegoriche degli antichi sacrifici.
Perché lo spirito del grano doveva morire? Era una metafora del ciclo della mietitura, il grano crescente doveva essere mietuto, quando finiva era finito il raccolto; il mietitore che mieteva l'ultimo covone simbolicamente uccideva il raccolto di quell'anno, e quindi, così facendo, uccideva lo spirito del grano, prendendo in qualche modo su di sé la sventura della fine della vita e della morte.
Ma lo spirito sarebbe rinato l'anno dopo, bastava sincerarsi che morisse in modo certo per garantirne la rinascita: per questo motivo doveva essere inscenata una uccisione simbolica e inappellabile (nella canzone è il "voto solenne"), con le forme e la brutalità del sacrificio.
Le modalità simboliche dell'uccisione descritte nella canzone sono proprio quelle in uso nelle campagne inglesi del Devonshire e della Scozia fino ai primi decenni del '900.
Jack London: John Barleycorn. Memorie alcoliche (ed. Mattioli 1885)
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