
Marco D’Eramo è un sociologo e giornalista che ha studiato il turismo nel libro “Il selfie del mondo” (Fetrinelli, 2017 ed ora anche in economica).
Non tutto il libro è di pari interesse, ma la prima parte per coloro che amano il camminare di lunga durata, il trekking ed anche il camminare profondo, anche in opposizione, può essere stimolo di riflessioni.
In particolare, all'interno del volume si ritrova un argomento d'un certo interesse ed è quello in cui D’Eramo decreta la morte di città e territori: questo verdetto rilasciato dall’Unesco è il “Patrimonio dell’Umanità” o World Heritage.
Molti pensano sia un grande riconoscimento, che aiuta a salvare città, territori e beni materiali e immateriali. Ma in realtà, come spiega bene D’Eramo, ne certifica la morte, trasformando un luogo vivo, in evoluzione, una città abitata da gente vera, in una "disneyland" per turisti.
O meglio, quasi sempre il processo è già avvenuto e quando arriva il patrocinio l’Unesco, si tratta soltanto di una sorta di convalida ufficiale. Il bollino Unesco poi non fa che incrementare all'ennesima potenza il numero dei visitatori.
Le città, i paesi e i territori sotto l'implacabile pressione del turismo globale (pensiamo a Firenze, Venezia o a San Gimignano) si trasformano, gli abitanti storici se ne vanno, per lasciar posto a B&B, Case Vacanze, Affittacamere, Airbnb. I negozi “veri”, che vendono beni di prima necessità, si trasformano prima i negozi di prodotti tipici, e poi in negozi di souvenir standard, uguali in tutto il mondo: e si tratta di un processo che è difficilmente reversibile, una volta avviato.
Prendiamo - a titolo di esempio - il caso del bel paese medievale di San Gimignano. Chi ha camminato sulla Francigena lo conosce bene.
Ma gli abitanti autoctoni non possono più vivere nel suo centro storico: i prezzi sono alti, non c’è più un negozio vero (non si vive di soli pinocchietti di legno!), ma solo rivendite di souvenir standard, poste una accanto all’altro; le strade sono piene di gente all'inverosimile: insomma, tutto l'opposto di una cittadina a misura d'uomo e di conseguenza il nucleo storico della cittadina si è spopolato e se ne sono andati tutti a vivere in periferia. E, per quanto riguarda la Toscana, quando arrivano i famosi pinocchietti si può decretare senza ombra di dubbio che il processo di disneylandizzazione di un luogo è cosa compiuta: e il luogo con le sue radici storiche e con le vite narrate e da narrare che contiene si trasforma in un anonimo non luogo.
“È paradossale che l’unintended consequence del voler mantenere l’unicità, l’irripetibilità di un sito, produca in realtà un 'non luogo' sempre uguale a se stesso in tutti i siti heritage della terra. Come per trovare i veri sangimignanesi devi uscire e allontanarti dalle mura medievali, così per trovare dove vivono davvero i laotiani di Luang Prabang bisogna pedalare in bicicletta per un paio di chilometri su Photisalath Road per raggiungere la città vivente”.
Il turismo è l’industria più pesante, più importante e più impattante del XXI secolo, tanto che ormai si parla dell’"Età del turismo" riferendosi alla nostra era.
Ovviamente l’etichetta Unesco non è causa del turismo, ma ne è in qualche modo certificato di garanzia, e copertura ideologica (istituzione “a fin di bene”).
“L’etichetta Unesco ha aperto all’industria turistica una nuova, meravigliosa, sconfinata terra di conquista: perché costruire nuove Disneyland quando disponiamo di una caterva di città viventi e di territori che aspettano (anzi chiedono disperatamente) di diventare parchi a tema, col semplice mummificarsi, e quindi svuotarsi?”. E ovviamente poi si paga il biglietto, perché stupirsi se sui sentieri delle Cinque Terre o delle Gole di Samaria da anni, a Venezia da dopodomani o in altri luoghi a seguire pian piano, si pagherà il biglietto per entrare?".

Marco D'Eramo, Il selfie del mondo. Indagine sull'età del turismo, Feltrinelli (Campi del sapere), 2017
(Dalla quarta di copertina) Un saggio che analizza il fenomeno sociale e globale del turismo: una ricerca attualissima, una critica sorprendente della contemporaneità, che è anche uno straordinario viaggio intorno al mondo.
Il turismo è l'industria più importante di questo nuovo secolo, perché muove persone e capitali, impone infrastrutture, sconvolge e ridisegna l'architettura e la topografia delle città. D'Eramo tratteggia i lineamenti di un'epoca in cui la distinzione tra viaggiatori e turisti non ha più senso e recupera le origini di questo fenomeno globale, osservandone l'evoluzione fino ai giorni nostri. La nascita dell'epoca del turismo rivive attraverso le voci dei primi grandi globetrotter, a partire da Francis Bacon, passando per Samuel Johnson, fino a Gobineau e Mark Twain, che restituiscono una concezione del viaggio ancora elitaria e che, tuttavia, porta con sé quella ricerca del diverso, del selvaggio e dell'autentico tipica di ogni esperienza turistica. Attraverso un percorso urbano che si sviluppa su tutto il mappamondo, d'Eramo smaschera la dialettica del fenomeno turistico e la affronta senza pregiudizi snobistici, collocandola nello spirito del suo tempo.
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