Un intrigante articolo di Cettina Vivirito, preceduto da una mia premessa.
I Nebrodi, oltre che luogo di grande bellezza naturalistica, pressoché incontaminata, sono luoghi che da tempo immemore racchiudono molte magie, scaturenti forse dall'energia stessa che promana dalla Natura. Gli antichi sentirono questo, come in altri luoghi il mistero e il silenzio dei boschi viene animato, secondo le credenze locali, da esseri appartenenti al "piccolo popolo", il dio Pan e altre entità che possono aprire la via verso misteriosi mondi paralleli.
Testimonianza di questa immensa energia sono i culti che, in successive epoche storiche, in questi luoghi si sono susseguiti, di cui resti significativi sono i riti e i simbolismi delle feste religiose locali che sicuramente racchiudono in sé stratificazioni sincretiche.
Ricordo un incontro con Dioniso, il giorno in cui assaggiai il vino novello, nella campagna nebroidea. Camminavo con un amico per i campi, ci eravamo inoltrati in un boschetto ed io ero felice come quando ci si inoltra in un contado leggiadro, ma a distanza di tempo non me ne ricordo nemmeno, dei caratteri di quella contrada. Sono i profumi che rimangono intatti e riempiono la memoria, la sfidano con la loro varietà che non si riesce a fermare con le parole. Sono i sentori di quei fiori e quelle erbe che soltanto su queste montagne crescono e giungono nuovissimi alle narici appena lasciata la provinciale.
Arrivammo a una casetta dove un gruppo di uomini stava degustando il vino nuovo e ci osservarono con attenzione, ma subito il più anziano ci pregò di partecipare, con un tono dove mi parve di sentire la forza, di così remote origini, dell’ospitalità; i volti seri e benevoli mi diedero la dionisiaca sensazione di quel rito arcaico. Ci si sentì accomunati. Prima che ce ne andassimo, quattro di loro si alzarono a danzare dignitosamente una lenta danza in tondo. Ci salutammo in silenzio, ma lì Dioniso avrebbe continuato a stare sdraiato degustando dalla coppa.