Ci sono dei momenti nella vita in cui tutto sembra andare a rotoli, le soddisfazioni lavorative sono poche o nulle, ci sono delle carenze sul fronte degli affetti: insomma nulla va per il verso giusto.
Anche il corpo è sotto l'influenza di questo stato di cose, diventa goffo o si ammala.
Si vorrebbe un cambiamento, ma non si muove nulla nella palude in cui naviga senza direzione in una deriva esistenziale. Anzi quanto più si sente la necessità di un cambiamento, tanto più ci si sente imprigionati in questo stato di cose.
Poi, magari, succede che in presenza di circostanze diverse, laddove si profila all'orizzonte l'ennesimo fallimento (che sembra ribadire ulteriormento l'impasse a cui è giunta quell'esistenza), si verifica il capovolgimento anelato. Il fallimento (secondo un metro di giudizio apparentemente oggettivo) si trasforma in cambiamento e in rimessa in movimento della speranza.
E' quello che racconta Dave Eggers con una prosa lieve, in Ologramma per il Re (titolo originale: A Hologram for the King, nella traduzione di Vincenzo Mantovani), pubblicato da Mondadori (2013-14) e successivamente trasformato in film (con il titolo italiano: "Aspettando il Re").
Nella storia, Alan Clay, cinquantenne statunitense divorziato e sull'orlo della bancarotta, è inviato in Arabia Saudita dalla compagnia per la quale lavora a capo di una squadra che deve ottenere l'appalto di fornitura dei servizi informatici (tra i quali un'avveneristica tecnologia di comunizazione in tempo reale tramite ologrammi delle persone) per la King Abdullah Economic City, una città avveniristica in costruzione nel mezzo del deserto.
Alan e i suoi giovani collaboratori scoprono però presto che la loro missione è più difficile del previsto, il re è assente e nessuno dei suoi collaboratori sembra sapere quando questi si presenterà per assistere alla presentazione dei prodotti della ditta fra cui spicca un sistema per le videoconferenze basato sugli ologrammi. Si sentono abbandonati e costretto ad un'attesa logorante nel mezzo del nulla. Alan si trova costretto a passare le giornate in attesa, viaggiando fra il cantiere della futura città e il suo modernissimo e asettico hotel a Gedda e, sottoponendosi ad una revisione di eventi fallimentari della sua vita passata, familiare e lavorativa, che vengono illustrati attraverso numerosi flashback.
Fra un viaggio e l'altro stringe amicizia con Yusef, il suo giovane autista, che lo introduce pian piano alla vita reale del grande paese arabo e alle sue mille contraddizioni.
Nello stesso tempo, si trova a riflettere sulla sua situazione esistenziale, sulla sua goffaggine e sui motivi per cui tutto sembra andarsene a rotoli, con una generale sensazione di incloncludenza.
Una crisi della mezza età incipiente, si direbbe: quando si prendono le misure dei propri fallimenti (anche se, a ben guardare, nella vita reale ciò che prevale è il fallimento piuttosto che il successo, dal momento che solo di rado in fortniatissime circostanze si può dire di essere riusciti a realizzare al 100% i propri progetti).
Da tempo, Alan si è accorto di un bozzo che gli è cresciuto nel collo e ad esso attribuisce alcuni dei suoi mali "esistenziali", immaginando che si tratti di un tumore maligno che invia le sue dispettose e inesorabili propaggini nel suo sistema nervoso.
Sarà Yusef, dopo un suo maldestro tentativo di auto-estirpazione, ad accompagnarlo in un avveniristico ospitale di Gedda, dove avviene l'incontro - sotto molti aspetti - taumaturgico con la dottoressa Zahra.
Alla fine, avverrà l'incontro con Re Abdullah, dopo tanta attesa, quasi che il Re fosse un personaggio ineludibile: ma la tecnologia dell'ologramma non verrà acquistata alla ditta che Alan rappresenta. Apparentemente la spedizione in Arabia Saudita parrebbe un fallimento, ma non lo è per Alan dal punto di vista esistenziale
La sua vicenda è una bella storia di "formazione" di un uomo giunto alla crisi della sua mezza età e che s'interroga sul senso della sua vita e sui motivi per cui si è arenato in una situazione percepita come di "stallo" e di incombente e totale malfunzionamento, per non parlare della percezione di un fallimento su tutti i fronti.
L'attesa prolungata e poi il fugace incontro con il Re sembrerebbe rientrare pienamentein questa dimensione di deriva, ma solo apparentemente.
L'elusione dell'incontro, prima, e poi il non interesse a stipulare un affare, non rappresentano, in definitiva una sconfitta o uno scacco.
L'attesa, come in un campo tenuto a maggese che nell'apparente inattività si rigenera, ha creato dentro le Alan le premesse per un cambiamento interiore e lo ha rinforzato rispetto alle sue derive esistenziali.
Si aprono per lui una via di uscita e la speranza di un cambiamento.
Il romanzo di Dave Eggers si chiude così, con un finale indeterminato che, tuttavia, lascia supporre nuovi eventi e sviluppi prima impensabili.
Ma lui (l'autore) congeda così il suo protagonista, proprio quando è alle soglie di un possibile cambiamento. In fondo, la cosa più importante è - come sempre - il percorso, mai la meta: un percorso che è fatto di eventi e di incontri casuali (a volte in circostanze straoridnarie), ai quali ci si deve abbandonare, anche se inizialmente non si è condizione di coglierne un senso. E' come se le cose avvenissero per una sorta di effetto cumulativo...
Il film che ne è stato tratto e immesso sul mercato italiano con il titolo "Aspettando il Re" (A Hologram for the King, scritto e diretto nel 2016 da Tom Tykwe) che riesce bene a cogliere il senso della sofferenza esistenziale di Alan e, in definitiva, del suo stato depressivo, è nel finale più esplicito: forse per necessità di cose, poiché nella visione dei film maker hollywoodiani occorre fornire allo spettatore/fruitore un finale consolatorio e non è sufficiente avergli dato solo stimoli alla riflessione, in modo tale che egli poi per il protagonista (ma soprattutto per se stesso) possa costruire un più esplicito finale.
Ma, nel complesso, il fim - malgrado questa improvvisa accelerazione che, nelle ultime battute, viene impressa alla vita di Alan Clay, rendendo esplicito ciò che il lettore può soltanto immaginare - è nel complesso aderente al testo.
Tom Hanks nei panni di Alan Clay è perfetto (come sempre)...
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